Nel 2021 il Pentagono spenderà meno ma meglio

Da qualche giorno il Senato americano sta studiando la proposta di budget per la Difesa per il 2021.  Il piano di Trump prevede un costo di 705 miliardi di dollari, richiesta leggermente inferiore di quella autorizzata dal Senato per il 2020. Numericamente è una riduzione sintetizzabile nella concreta volontà di spendere meno ma meglio.

Per sgombrare il campo da ogni possibile fraintendimento: il budget di spesa militare degli Stati Uniti anche per il 2021, rimarrà di gran lunga il più alto del mondo. La classifica per il 2019 vede la Cina al secondo posto con una spesa pari al 25% di quella americana, poi l’India (circa 9%). Tra i paesi europei solo Germania (4° posto), UK (6° posto) e Francia (7° posto) rientrano nella lista dei top 10.

Fatta questa premessa, è opportuno approfondire il budget del DoD alla ricerca di spunti di riflessione.  Nelle prossime righe ci concentreremo commentando due aspetti: il budget destinato alla ricerca, test ed ingegnerizzazione, e le strategie cyber.

Se consideriamo il primo punto, a cui sono stati assegnati 107 miliardi, si tratta del più alto budget di sempre: le ragioni di questa scelta le spiega bene David Norquist, sottosegretario alla Difesa: “Abbiamo investito in tecnologie e molte sono ora in fase di prototipazione e test; non appena saranno pronte vogliamo essere in grado di metterle in produzione”.

Ma quali sono le tecnologie “cruciali ed emergenti” di cui parla Norquist e quali i motivi che portano gli USA a destinare in questa direzione 107 miliardi?

La tecnologia 5G è già stata valutata come abilitante e premiante anche per le esigenze militari, e meritoria di ulteriori investimenti, anche finalizzati a placare una storica preoccupazione americana: possiamo fidarci di microcomponenti prodotti all’estero inseriti nelle infrastrutture di comunicazione nazionale?

La risposta per chi sta seguendo la querelle Trump-Huawei è scontata: inverosimile accettare il rischio di utilizzare microcomponenti non “made in USA”, poiché il costruttore straniero potrebbe aver intenzionalmente inserito delle vulnerabilità, potenzialmente utilizzabili per un cyber attacco contro gli USA.

Una seconda priorità, con un incremento significativo dell’investimento anno su anno, è il dominio della Artificial Intelligence ed in particolare, il rafforzamento del Joint Artificial Intelligence Center (il centro di eccellenza per la AI del DoD) e lo sviluppo di software per la identificazione di oggetti in filmati catturati dai droni.

Le altre (due) priorità sono: lo sviluppo di piattaforme autonome per ottimizzare la interazione uomo/macchina in particolari scenari di guerra e le armi ipersoniche, cioè missili superveloci, invisibili e di lunga gittata.

Per quanto riguarda invece il fronte cyber, il budget destina 9,8 miliardi per attività cyber offensive e difensive. Per il Pentagono questo fiume di denaro è necessario per “contrastare le inaccettabili minacce cyber di lungo termine”, sostenendo le Cyber Mission Forces, che possano contare su ben 133 team specializzati. Curioso a questo proposito notare come la spesa per il cyber rimarrà di fatto inalterata (per il 2020 è di 9,6 miliardi).

Ultima annotazione. Particolare enfasi politica è stata data ai tagli di bilancio:” Tutte le cose che stavamo facendo erano importanti, ma ora è il momento di fare scelte prioritarie”.  Quindi un risparmio di 13 miliardi di dollari, che vale appena il 2% della spesa militare USA 2020 o, cambiando prospettiva, una somma che è pari a circa la metà dell’intera dotazione del  Ministero della Difesa per il 2021.

 

Eugenio Santagata, Andrea MelegariVedi tutti gli articoli

Eugenio Santagata: Laureato in giurisprudenza presso l'Università di Napoli e in Scienze Politiche all'Università di Torino, ha conseguito un MBA alla London Business School e una LL.M alla Hamline University Law School. Ha frequentato la Scuola Militare Nunziatella a Napoli e l'Accademia Militare di Modena. Da ufficiale ha ricoperto ruoli militari operativi per poi entrare nel settore privato dando vita a diverse iniziative nel campo dell'hi-tech. E' stato CEO di CY4Gate e Vice Direttore Generale di Elettronica. Dall’aprile 2021 è CEO di Telsy. --- Andrea Melegari: Laureato in Informatica, ha insegnato per oltre 10 anni all'Accademia Militare di Modena. Dal 2000 si è specializzato nello sviluppo e nell'impiego delle tecnologie di Intelligenza Artificiale in ambito civile e militare. Tra gli incarichi ricoperti SEVP Defense, Intelligence & Security di Expert AI, Chief Marketing & Innovation Officer di CY4Gate. E' stato anche membro del CdA delle società Expert AI, CY4Gate e Expert System USA (Washington DC area). Dal luglio 2021 lavora presso una azienda tecnologica di un importante Gruppo industriale italiano.

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