Il punto sul Sukhoi Su-30SME

 

 

In settembre abbiamo mostrato sul nostro canale Telegram una foto di un caccia multiruolo biposto Sukhoi Su-30SM Codice NATO “Flanker-H” dipinto nel classico primer giallo, una speciale vernice di fondo gialla anticorrosione al cromo di zinco di cui sono dotati i velivoli nuovi di fabbrica.

Il caccia in questione è stato immortalato con la coccarda russa (ovvero la classica stella rossa bordata di bianco e blu) e con un numero atipico identificativo “001 rosso”.

Questo Su-30SM era stato già ripreso in realtà lo scorso agosto durante un atterraggio intermedio a Omsk, proveniente da Irkutsk e diretto Zhukovsky, cosicché alcuni blogger lo avrebbero identificato come il prototipo della nuova variante Su-30SM2.

Del Su-30SM2 Analisi Difesa se n’è occupata più volte: la principale modifica riguarda l’adozione del propulsore del Sukhoi Su-35, ovvero l’AL-41F-1S noto in Russia come “Izdeliye 117S”, un motore turbofan modulare a due alberi con controllo vettoriale della spinta e controllo digitale integrato che offre una spinta di 14.000 kgf con postcombustione inserita oltre a requisiti di manutenzione inferiori, sistema di accensione al plasma che gli conferiscono una maggiore durata, una migliore economia con aumento dell’autonomia e il 16% in più di spinta rispetto allo standard AL-31 da cui deriva.

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Proprio per questo motivo, grazie soprattutto alla foto di alta qualità del velivolo immortalato lo scorso settembre, è possibile notare che i motori sono del tipo AL-31FP, ovvero quelli in dotazione al Su-30SM e non quelli di cui dovrebbe essere dotato l’Su-30SM2.

E’ più corretto affermare dunque che il Su-30SM fotografato sia piuttosto la variante da esportazione nota come Su-30SME parzialmente svelata nell’aprile 2019 sul nostro canale Telegram.

In quel caso si trattava di esemplari ordinati dal Myanmar nel gennaio 2018 e consegnati solo di recente; un ordine che contemplava allora 6 Su-30SME insieme all’aereo da addestramento Yak-130, anche se secondo gli analisti si ipotizza che il numero totale di caccia possa raggiungere le venti unità.

Non sono ben noti allo stato attuale le variazioni implementate dal Su-30SME rispetto al Su-30SM da cui deriva (e che finora è già stato esportato in alcuni paesi della CSTO quali Kazakistan, Armenia e Bielorussia), tuttavia secondo quanto appreso in occasione della presentazione ufficiale avvenuta nel febbraio 2016 al Singapore Air Show, il Su-30SME dovrebbe costituire una versione declassata del Su-30SM i cui componenti stranieri impiegati sui SU-30 alesi, kazaki e bielorussi (l’HUD di fabbricazione francese Thales 3022, i  display LCD multifunzionali a colori Thales SMD55S, il Totem INS/GPS o l’indicatore ILS di Thales), sono sostituiti da componenti di fabbricazione russa; inoltre le stesse specifiche dell’SME risulterebbero sensibilmente ridotte: velocità massima di Mach 1,75, un peso massimo al decollo di 34.000 kg e una quota massima di servizio di 16.100 m.

Sulla foto ad alta qualità di questo ipotetico Su-30SME al momento l’unica variazione apprezzabile risulta essere le luci di formazione installate in modo simile sul MiG-35 e sul Su-35.

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Un altro cliente del Su-30SME ricordiamo infine essere il Bangladesh la cui Direzione generale degli appalti della difesa locale (DGDP) ha approvato nel 2017 un contratto per otto caccia Su-30SME con un’opzione per ulteriori quattro velivoli. Secondo fonti bengalesi la locale Aeronautica Militare prevede di acquisire 12 Su-30SME e 32 MiG-35 entro il 2030 in sostituzione dell’attuale flotta di caccia di produzione cinese (Chengdu F-7MB) e russa (MiG-29); sembra in realtà che il paese non fosse originariamente interessato al nuovo Fulcrum ma la Russia avrebbe proposto la vendita dei Su-30SME esclusivamente in un pacchetto misto “hi-lo” con il MiG-35.

Ad ogni modo con quest’ordine il Bangladesh si inserisce di fatto nel “club asiatico” (assieme a Cina, India, Vietnam, Malesia, Indonesia e Myanmar) delle forze aeree in possesso del caccia multiruolo biposto Sukhoi Su-30.

 

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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