Le forze speciali USA scovano al-Qurayshi nella provincia siriana di Idlib

 

 

Il leader dell’Isis, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi (noto anche come Amir Muhammad Sa’id Abdal-Rahman al-Mawla) è stato ucciso in un raid in Siria condotto dalle forze speciali statunitensi nella notte tra il 2 e il 3 febbraio nella provincia di Idlib. Il blitz contro il successore di Abu Bakr al-Baghdadi, è stato effettuato con elicotteri e forze elitrasportate e secondo quanto rivelato è durato circa due ore, concentrato intorno a una casa di due piani nel villaggio di Atmeh, in una zona vicina al confine con la Turchia disseminata di campi di sfollati.

Il Presidente statunitense Joe Biden ha precisato che tutti i militari statunitensi coinvolti nell’operazione sono rientrati in sicurezza. “Grazie al coraggio delle nostre truppe questo orribile leader terrorista non c’è più”, ha detto Biden definendo Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi responsabile del genocidio degli Yazidi nel 2014 in Iraq e anche del recente assalto alla prigione di Ghwayran ad Hasaka dove sono detenuti 3mila prigionieri dello Stato Islamico sotto il controllo delle milizie curdo-arabe delle Forze Democratiche Siriane sostenute dagli Stati Uniti.

Nell’attacco jihadista del 20 gennaio e nelle operazioni successive protrattesi fino al 26 gennaio sono morti almeno 120 combattenti e guardie carcerarie curde e forse qualche centinaio di jihadisti.

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Fonti siriane a Idlib riferiscono che le vittime del raid sarebbero 13, fra cui 6 bambini e 4 donne anche se Biden ha assicurato che è stata presa “ogni precauzione disponibile per ridurre al minimo le vittime civili” ed è per questo che è stato scelto di non condurre un raid aereo contro la casa. Ma – ha aggiunto – mentre le forze Usa si avvicinavano, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi ha scelto di farsi saltare in aria anziché affrontare la giustizia, uccidendo anche moglie e figli, proprio come aveva fatto il suo predecessore Abu Bakr al-Baghdadi.

Uno degli elicotteri MH-60M usato nel raid è stato fatto esplodere in seguito ad un’avaria dalle stesse forze speciali statunitensi, come hanno riferito alcuni funzionari al Washington Post. I militari che vi dovevano salire sono stati imbarcati su altri elicotteri. Una curiosa coincidenza con il raid ad Abbottabad in Pakistan, in cui nel maggio 2011 fu ucciso il leader di al Qaeda Osama Bin Laden. Anche allora un elicottero delle forze speciali Usa fu fatto esplodere perché non in grado di volare in seguito a un incidente in fase di atterraggio.

Al-Qurayshi aveva assunto la guida dello Stato Islamico il 31 ottobre del 2019, pochi giorni dopo la morte di Al-Baghdadi in un raid Usa effettuato sempre nella stessa zona, nella provincia siriana di Idlib a pochi chilometri dal confine turco.

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Nelle ultime settimane e negli ultimi mesi, l’Isis era tornato a colpire in modo incisivo in Iraq e Siria. Il portavoce dell’esercito iracheno Yahya Rasool ha riferito che l’intelligence di Baghdad ha fornito informazioni dettagliate alla coalizione militare guidata dagli Stati Uniti per poter individuare il luogo dove si nascondeva il leader dell’IS che secondo il generale Kenneth McKenzie, alla testa del Central Command (CENTCOM), avrebbe dovuto essere catturato in base agli ordini impartiti alle forze speciali.

“Le forze speciali statunitensi sotto il comando operativo del Centcom hanno condotto un raid in elicottero nei pressi di Idlib per catturare il leader dell’IS, e dico catturare. Questo era l’intento della missione”, ha detto McKenzie. Parole che sembrano replicare alle dichiarazioni del vice portavoce delle Nazioni Unite (Onu), Farhan Haq, che si era definito “preoccupato dal numero di vittime civili riportate nell’operazione di Washington” ritenendo “necessaria un’indagine”.

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Nel lanciare l’assalto dal cielo all’edificio che ospitava il leader dell’IS e presumibilmente anche la sua famiglia, gli americani avrebbero diffuso dagli elicotteri messaggi in arabo in cui si avvertivano i miliziani: ”Chi si arrende sarà salvo, gli altri moriranno”,  riporta il New York Times citando testimoni oculari.

Fonti del Pentagono hanno invece rivelato alla CNN che gli Stati Uniti si sono coordinati con la Russia per liberare lo spazio aereo nell’area interessata dall’incursione solitamente frequentata dai velivoli russi che sostengono le truppe di Damasco.

Restano aperti diversi interrogativi circa la morte dell’ultimo (per ora) leader del Califfato. Come al-Baghdadi, anche al-Qurayashi viveva in apparente tranquillità nella provincia settentrionale siriana di Idlib, presidiata da milizie jihadiste e da truppe turche che hanno finora impedito alle forze di Damasco e ai loro alleati russi di riconquistare totalmente quel territorio.

I due ultimi leader dell’IS sono stati uccisi quindi in un territorio sotto stretto controllo turco e a due passi dai confini con la Turchia.

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Difficile immaginare che il governo di Ankara non ne fosse al corrente a conferma delle mille ambiguità che in questi anni hanno visto intrecciarsi gli interessi del Califfato e della Turchia accomunati dalla volontà di colpire il governo siriano e i curdi.

Non a caso oggi le Forze Democratiche Siriane (FDS) hanno ringraziato gli USA per il raid accusando la Turchia di aver protetto il leader dell’IS, che aveva affittato una casa vicino al confine turco.

Difficile anche ritenere che gli Stati Uniti non fossero da tempo a conoscenza del rifugio di al-Qurayashi tenuto conto della copertura d’intelligence su quella regione e che gli statunitensi mantengono nel nord est della Siria un migliaio di militari il cui compito è soprattutto teso a impedire alle forze siriane di riprendere il controllo dei pozzi petroliferi della regione.

Nel tardo pomeriggio di oggi le forze aeree russe hanno effettuato diversi raid su presunte postazioni di insorti jihadisti nella Siria nel distretto centro-orientale di Rasafa, in un’area in cui si ritiene che l’IS mantenga cellule operative a ovest del fiume Eufrate.

Foto: US DoD, Twitter e  SDF

 

 

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