Il contrattacco ucraino nel Donbass

 

(aggiornato alle ore 12)

Non sarà forse la grande controffensiva da mesi preannunciata da Kiev ma non c’è ormai alcun dubbio che le forze ucraine abbiano ripreso negli ultimi giorni l’iniziativa militare che dal gennaio scorso era stata nelle mani dei russi su molti degli 800 chilometri di fronte che dalla regione di Lugansk/Kharkiv corre lungo gli oblast di Donestk, Zaporizhia e Kherson.

Il 9 maggio unità della Brigata Azov (3a Brigata Motorizzata Indipendente) ha conseguito un successo tattico nel settore di Bakhmut (Artemovsk per i russi) penetrando per 2,6 chilometri lungo un fronte di 3 chilometri nelle linee nemiche a spese di un paio di compagnie della 72a Brigata d’assalto che secondo le fonti ucraine avrebbe perso decine di soldati lasciando in mani nemiche 5 prigionieri.

Il successo ucraino è stato annunciato su Telegram dal comandante delle forze terrestri ucraine, generale Oleksandr Syrskyi, citato da Ukrainska Pravda. “Grazie alla nostra difesa ben ponderata sul fronte di Bakhmut, stiamo ottenendo risultati dalle azioni delle nostre unità. Stiamo conducendo efficaci contrattacchi. In alcune aree della linea di contatto tra gli eserciti, il nemico non è stato in grado di resistere alla pressione dei militari ucraini e si è ritirato di circa due chilometri”, ha scritto il comandante.

“Le nostre forze di difesa tengono saldamente il fronte e impediscono al nemico di avanzare. La battaglia per Bakhmut continua”. Secondo Syrskyi le operazioni difensive in quel settore hanno esaurito le forze dei contractors della compagnia militare privata (PMC) Wagner, costretti su alcuni fronti a cedere le loro posizioni alle unità meno addestrate dell’esercito regolare russo, sconfitte e obbligate a ritirarsi.

Andriy Biletsky, alla testa della Brigata Azov, ha fornito un bilancio ancora più pesante per i russi. La “6a e l’8a compagnia sono state completamente distrutte insieme a un buon numero di veicoli corazzati da combattimento ed è stato preso un numero significativo di prigionieri”. Il portavoce delle forze armate ucraine, Serhii Cherevatyi, ha aggiunto che la battaglia è “ancora in corso” ma che “il nemico sta subendo enormi perdite in quest’area” riferendo di 203 nemici uccisi e 216 feriti osservando che i russi “non hanno carenza di proiettili ma di personale”.

Impossibile come sempre verificare i numeri dei bilanci dei combattimenti resi noti dai due belligeranti ma il 10 maggio la PMC Wagner ha riconosciuto i progressi territoriali del nemico a nord e a sud di Balhmut, evidenziati in azzurro nelle mappe qui sopra (fonte PMC Wagner) e qui sotto (fonte Institute for the Study of the War).

Negli ultimi giorni i russi sembrano aver arretrato le loro linee di circa un chilometro anche sul fianco sud di Bakhmut.

Yevgeny Prigozhin ha affermato, con gli ormai consueti toni sopra le righe, che i suoi uomini rischiano di finire accerchiati a Bakhmut. “A causa della riduzione del personale, la Wagner è stata costretta a cedere i fianchi ai militari. C’è un rischio che la Wagner venga accerchiata a Bakhmut a causa del cedimento fallimento dei fianchi. Senza munizioni, il ‘tritacarne’ funzionerà nella direzione opposta: le forze ucraine distruggeranno la Wagner”.

Diversi osservatori militari russi hanno lanciato l’allarme. Il blogger Evgeny Poddubny sostiene che le forze di Kiev “hanno dato il via a una operazione per circondare” quelle russe vicino a Bakhmut e sono riuscite a rompere il fronte russo nella zona di Soledar. Alexander Kots, rende noto che carri armati sono stati avvistati sulla strada che da Kharkiv va verso il confine russo, a suo dire, per costringere a una estensione le risorse russe usate per “fermare la minaccia nella regione di Belgorod”. Anche Poddubny segnala attività militari ucraine vicino a Kharkiv. L’ex ministro della Difesa della Repubblica di Donetsk, Igor Strelkov, ha precisato che al momento si tratta di “contro attacchi solo locali, anche se di successo”.

Il 12 maggio il ministero della Difesa russo ha fatto sapere che “le dichiarazioni diffuse da canali Telegram sugli sfondamenti della linea difensiva non corrispondono alla realtà. La situazione generale nell’area dell’operazione militare speciale è sotto controllo.

L’obiettivo del contrattacco ucraino ai lati dello schieramento russo intorno a Bakhmut era principalmente costituito dalla strada per Chasyv Yar, principale arteria stradale utilizzata per alimentare la difesa della limitata porzione della città sotto controllo ucraino, che era caduta per un tratto sotto il controllo delle forze di Mosca.

Il ministero della Difesa russo ha ammesso ieri la ritirata delle sue truppe dalle posizioni a nord di Bakhmut, consentendo così alle truppe ucraine di controllare di nuovo la strada mentre in città le forze della PMC Wagner sembrano continuare a guadagnare terreno negli ultimi rioni occidentali ancora in mano alle truppe di Kiev composte per lo più da truppe territoriali della 127a Brigata.

Il 10 maggio il ministero della Difesa russo ha reso noto che più di 240 militari ucraini e “mercenari” stranieri sono stati eliminati nella regione di Donetsk insieme a tre veicoli da combattimento e un semovente d’artiglieria aggiungendo che “le truppe russe continuano l’offensiva sulla periferia nordoccidentale di Bakhmut con il supporto di unità delle forze aviotrasportate”.

L’11 maggio lo Stato maggiore ucraino ha riconosciuto che a Bakhmut si continua a combattere, con le truppe russe che hanno proseguito i loro attacchi dentro e intorno alla città precisando che le operazioni russe sono state supportate anche da aerei da combattimento.

Lo stesso giorno un altro contrattacco ucraino ha visto l’impiego di una brigata meccanizzata nel tentativo di sfiondare le linee russe nel settore di Soledar, la città a nord di Bakhmut espugnata dai russi nei mesi scorsi.

“Il nemico ieri ha effettuato operazioni offensive lungo l’intera linea di contatto tra le parti, lunga più’ di 95 chilometri. Le unità delle forze armate ucraine hanno lanciato 26 attacchi, in cui sono stati coinvolti più di mille militari, fino a 40 carri armati e altri mezzi” ha reso noto il ministero della Difesa russo precisando che tutti gli attacchi sono stati respinti dagli uomini della 4a e 200a brigate motorizzate mentre gli ucraini avrebbero lasciato sul terreno (secondo fonti russe) oltre 540 soldati, 8 tank e oltre 20 veicoli corazzati.

Nel settore di Berkhovka, tra Soledar e Bakhmut, gli ucraini sarebbero penetrati in direzione del Bacino di Berkhovsky acquisendo il controllo di alcune alture costringendo le unità della 200a Brigata russa a ripiegare.

L’entità delle forze ucraine messe in campo nei contrattacchi degli ultimi giorni nella regione di Donetsk (che fanno seguito ad altri di limitata entità falliti la scorsa settimana) non sembra al momento sufficiente a interpretare queste operazioni come l’avvio della grande controffensiva preannunciata da Kiev e che, secondo quanto dichiarato dal presidente Volodymyr Zelensky l’11 maggio, ha bisogno di altro tempo e ulteriori aiuti militari dall’Occidente per essere messa a punto.

Con le armi e i mezzi oggi a disposizione ”potremmo attaccare e avremmo successo” ma ”perderemmo molti uomini. Penso che questo sia inaccettabile. Per questo dobbiamo aspettare. Abbiamo bisogno ancora di un po’ di tempo” ha detto il presidente.

Pur considerando che ogni dichiarazione potrebbe avere l’obiettivo di ingannare il nemico, l’impressione è che gli ucraini puntino a impegnare le forze russe nella regione di Donetsk obbligandole a richiamare rinforzi in questo settore del fronte e impedirne ulteriori progressi.

Mosca continua a cercare di colpire i depositi logistici nemici nelle retrovie del fronte (ma anche in profondità come a Khmelnytsky, nell’Ucraina centro-occidentale, dove secondo fonti russe sarebbero stati distrutti nei pressi dello scalo ferroviario un deposito di munizioni e uno stabilimento industriale militare)  con l’obiettivo di indebolire le capacità de nemico di sostenere azioni offensive) e  sembra ritenere probabile che un attacco ucraino su vasta scala possa prendere il via nella regione di Zaporizhia, abbinato ai tentativi ucraini di sbarcare sulle isole del Dnepr nella regione di Kherson, dove però un attraversamento in forze del fiume non sembra al momento alla portata delle truppe di Kiev.

I russi infatti stanno continuando a evacuare i civili (oltre 12.000 già sgomberati) dalle aree di prima linea nella regione di Zaporizhia. Vladimir Rogov, un membro del consiglio principale dell’amministrazione militare-civile della regione ha riferito di “oltre 4.000 civili partiti con autobus e più di 8.000 con i propri mezzi nell’ambito del programma di trasferimento temporaneo”.

Il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, Oleksii Danilov, ha dichiarato ieri di confidare nell’espulsione delle truppe russe dal territorio ucraino prima della fine dell’anno grazie al successo della controffensiva che potrebbe incominciare “tra pochi giorni, settimane o mesi”, ma che inizierà “quando sarà il momento giusto. Vogliamo porre fine alla guerra prima dell’inverno”.

Fonti ucraine citate oggi dal Financial Times evidenziano come il prolungamento e rafforzamento del supporto militare occidentale a Kiev dipenda in ampia misura dal successo che una controffensiva potrà conseguire nel riconquistare una parte dei territori controllati dai russi.

Continuano intanto ad emergere valutazioni sulle perdite sofferte dai belligeranti dal 24 febbraio 2022 a oggi. Numeri spesso inverosimili ma che non è possibile verificare. Gli ucraini avrebbero perso meno di 15mila uomini dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022 stima un memorandum interno dell’Ue visionato e reso noto nei suoi contenuti dal sito d’informazione Euractiv.

Il documento interno del servizio diplomatico europeo, stima che 13mila soldati ucraini siano stati uccisi in combattimento e altri 35mila siano stati feriti. Si tratta però delle stesse perdite rese note da Kiev a fine novembre 2022, quando fonti ufficiali ucraine ammisero tra 10 mila e 13 mila caduti per rispondere alla “gaffe” del presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che in un video messaggio aveva dichiarato che l’Ucraina aveva subito perdite per “oltre 20 mila civili e più di 100 mila militari”.

Il documento interno dell’Unione Europea reso noto da Euractiv evidenzia che si tratta di stime inferiori a quelle americane, che parlano di 17.500 soldati ucraini uccisi in combattimento e fra i 124mila e i 131mila feriti, morti o dispersi. Le autorità ucraine non hanno mai diffuso dati sui soldati rimasti uccisi o feriti se si escludono i numeri forniti “in risposta” alle dichiarazioni di von der Leyen.

Per quanto riguarda le perdite di Mosca, il memorandum riferisce che gli ucraini stimano che siano stati uccisi 185mila soldati russi (in  realtà il report di oggi dello Stato maggiore delle forze armate ucraine diffuso su Facebook parla di “circa 198.260” soldati russi “eliminati” nei combattimenti dal 24 febbraio del 2022, 590 dei quali nelle ultime 24 ore) a cui si aggiungono 555mila feriti, riporta Euractiv.

I dati dell’intelligence statunitense citati dal New York Times riferiscono invece di perdite russe fra i 189.500 e i 223mila uomini, di cui 43mila uccisi in combattimento e gli altri feriti. Nel novembre scorso il vertice militare statunitense, generale Mark Milley, stimò che russi e ucraini avessero registrato ognuno perdite intorno ai 100 mila combattenti.

@GianandreaGaian

Foto: RvVoenkory, Telegram e Ministero Difesa Ucraino

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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