La battaglia del Donbass: ultimo atto a Bakhmut?

 

 

(aggiornato alle ore 21,45)

Ci sono due aspetti ben distinti nei più recenti sviluppi della battaglia di Bakhmut (Artemovsk per i russi) e in generale degli scontri lungo la seconda linea di difesa ucraina nella regione di Donetsk.

Il primo è rappresentato dalle dichiarazioni sempre colorite di Evgheny Prigozhin, fondatore e capo della compagnia militare privata PMC Wagner, ormai protagonista una “telenovela” che ottiene ampia grancassa in Occidente dove ogni elemento utile a rappresentare le difficoltà di Mosca o crepe nella gestione della guerra da parte del Cremlino vene ingigantito.

Ha infatti avuto vasta eco la minaccia di Prigozhin di abbandonare con i suoi uomini il fronte di Bakhmut il 10 maggio se non avesse ricevuto i rifornimenti di munizioni per artiglieria chiesti allo stato maggiore russo ma forniti da inizio maggio solo per il 10 per cento delle necessità e la cui carenza avrebbe determinato un numero maggiore vittime tra i suoi contractors.

Nonostante i duri toni utilizzati ancora una volta contro i vertici militari di Mosca (che restano impuniti nonostante chiunque critichi l’Operazione Militare Speciale o la sua gestione venga invece condannato al carcere dalla legge russa per aver “infangato le forze armate”), quella di Prigozhin era evidentemente l’ennesima “sceneggiata” tesa ad acquisire visibilità per sé stesso e per Wagner alla vigilia della fatidica data del 9 maggio in cui le celebrazioni dell’anniversario della vittoria sovietica nella Seconda Guerra Mondiale avranno inevitabili riflessi sul conflitto in corso.

La minaccia di Prigozhin di ritirarsi da Bakhmut in assenza di ampi rifornimenti di munizioni potrebbe basarsi su carenze reali o risultare solo un pretesto considerato che nell’ultima settimana le unità di Wagner hanno cacciato gli ucraini da diverse aree occidentali di Bakhmut lasciando alle forze di Kiev meno di 2,5 chilometri quadrati di area urbana. Successi poco compatibili con una marcata carenza di munizioni.

Sembrano pensarla in questo modo anche i militari ucraini a Bakhmut, sotto “costante” bombardamento russo che no  registrano indizi della mancanza di munizioni denunciata Prigozhin, come ha rivelato il tenente colonnello Ihor Shepetin, comandante di un battaglione ucraino impegnato nella difesa della città: “Il nemico sta cercando di portare a termine questi attacchi 24 ore su 24, 7 giorni su 7… Non abbiamo notato che hanno una carenza di munizioni, come sostengono. Penso che sia il contrario. L’intensità dei bombardamenti sta aumentando”.

Dello stesso parere anche il colonnello Serhii Cherevatyi, portavoce del raggruppamento orientale delle forze armate ucraine, che in una intervista ha dichiarato che “ai russi non mancano le munizione, queste non è assolutamente vero”. Secondo Cherevatyi, le posizioni ucraine sono state bombardate oltre 400 volte nelle ultime 24 ore e le truppe nemiche usano “oltre 25mila colpi al giorno” in media intorno a Bakhmut, Lyman e Kupyansk.

Di certo la polemica sollevata dal capo della PMC Wagner ha offerto spazi di visibilità anche a un altro protagonista della guerra russa in Ucraina, il leader ceceno Ramzan Kadyrov (nella foto sopra), che aveva garantito l’invio dei reparti combattenti del suo ministero dell’Interno (la “forza speciale Akhmat”, già protagonista di molte dure battaglie nel Donbass) per rimpiazzare i contractors di Wagner alla mezzanotte del 10 maggio.

Sono già in contatto con i rappresentanti del leader ceceno per iniziare a trasferire immediatamente le posizioni, in modo che alla mezzanotte del 10 maggio, esattamente nel momento in cui, secondo i nostri calcoli, esauriremo completamente il nostro potenziale di combattimento, i nostri compagni prenderanno il nostro posto e continueranno l’assalto a Bakhmut”, aveva dichiarato il 6 maggio Prigozhin specificando che le forze ali Akhmat “cattureranno sicuramente” Bakhmut.

Il giorno successivo, 7 maggio, Prigozhin ha annunciato che resterà a Bakhmut a combattere insieme ai suoi uomini dopo aver ricevuto garanzie sulla fornitura delle munizioni richieste. “Stanotte abbiamo ricevuto un ordine di combattimento: promettono di fornirci “tutte le munizioni e le armi di cui abbiamo bisogno per far sì che il nemico non avanzi”.

Inoltre ”ci è stato detto che possiamo agire ad Artemovsk nel modo in cui riteniamo più idoneo”, prosegue Prigozhin, segnalando che ”il generale Sergey Surovikin gestirà i rapporti tra Wagner e il ministero della Difesa”.

La “sceneggiata” ha permesso di ottenere molta visibilità ai due leader nazionalisti che fin dall’inizio delle operazioni in Ucraina si erano distinti per gli attacchi ai vertici della Difesa di Mosca ma, come era accaduto anche nei mesi scorsi, né Prigozhin né tantomeno il più “moderato” Kadyrov, hanno forzato la mano confermandosi entrambi critici con l’establishment militare ma non al punto da mettere in dubbio la lealtà nei confronti di Vladimir Putin.

Del resto Prigozhin, al di là delle polemiche sui rifornimenti di munizioni, ha annunciato la conclusione dell’operazione ad Artemovsk dichiarando all’agenzia Ria Novosti che il 95% del territorio della città è ora sotto il controllo delle forze russe, e il restante 5%, “non ha alcun ruolo”.

Gli ultimi dati forniti da Wagner (nella mappa sopra) evidenziano solo due aree urbane ancora in mano agli ucraini pari a meno del 3 per cento dell’area urbana di cui quasi lì’8 per cento resterebbe conteso. Difficile quindi ritenere che Prigozhin volesse rinunciare ad accreditarsi la vittoriosa conquista del caposaldo ucraino proprio alla vigilia della sua probabile caduta e della ricorrenza del 9 maggio.

E qui entra in gioco il secondo aspetto e cioè la crisi della difesa ucraina a Marynka, Bakhmut, Avdiivka e in diverse altre  aree del fronte di Donetsk dove potrebbe scatenarsi un contrattacco di Kiev finora ostacolato da pioggia e fango ma anche dalla carenza di truppe addestrate e munizioni, specie dopo i devastanti attacchi condotti dai russi con missili e bombe guidate sui grandi depositi di munizioni delle retrovie di Donetsk, a Kramatorsk e nelle due stazioni ferroviarie di Pavlovgrad.

Nei depositi di una di queste stazioni secondo fonti russe citate dal canale Telegram Slavyangrad, sembra siano stati distrutti un centinaio di razzi campali da 300 mm per i lanciarazzi Vilkha (nella foto sopra), derivati dal russo BM-30 Smerch) oltre a munizioni, mine, lanciatori per missili da difesa aerea S-300 oltre a centinaia di tonnellate di carburante solido per missili.

Secondo i canali Telegram di informazione militare russa la gigantesca esplosione ha provocato un cratere profondo 30 metri e largo 80 metri, distruggendo tutto nel raggio di 300 metri (nella foto sotto). Inclusa una caserma che ospitava un battaglione di circa 500 militari ucraini della 46esima Brigata Aeromobile.

Dettagli anche in questo caso difficili da appurare da fonti ucraine o neutrali ma i depositi di Pavlovgrad, fondamentali per alimentare la controffensiva ucraina, sono strati colpiti anche nella notte tra il 7 e l’8 maggio (insieme ad altri obiettivi nelle regioni di Kiev, Odessa e in tutto il centro dell’Ucraina), secondo le informazioni fornite dagli ucraini, da una prima ondata di munizioni circuitanti droni suicidi Geran-2 cui ha fatto seguito una seconda ondata di missili da crociera Kalibr lanciati  da unità navali della Flotta russa del Mar Nero e Kh-22 lanciati da 22 bombardieri Tupolev Tu-95.

Con ogni probabilità i Geran-2 (35 impiegati, tutti abbattuti secondo quanto afferma lo stato maggiore delle forze armate ucraine) avevano il compito di attivare le difese aeree per renderle attaccabili da altri droni kamikaze o dai missili inclusi quelli anti-radar Kh-31PD. Da quanto riferiscono sempre fonti ucraine, a Pavlovgrad gli attacchi missilistici hanno innescato nuove potenti esplosioni secondarie, che inducono a ritenere che altri magazzini e depositi di munizioni e missili siano stati distrutti.

In quello che secondo Kiev è stato il più massiccio attacco con droni e missili dall’inizio del conflitto con la Russia, sono stati colpiti obiettivi in 10 regioni.  L’impressione è che i russi stiano colpendo depositi di armi e munizioni (nella foto sopra un deposito distrutto la notte scorsa nei pressi di Odessa) in tutte le retrovie ucraine per indebolire le capacità del nemico di contrattaccare ma anche di difendersi con efficacia da offensive russe.

A Bakhmut le forze di Kiev  difendono gli ultimi  due rioni della città ancora sotto il loro controllo (nella due mappe qui sotto), circa due chilometri quadrati nei sobborghi sud occidentali dove Kiev denuncia l’impiego da parte russa di munizioni d’artiglieria al fosforo bianco, arma illuminante ma anche ustionante già più volte impiegata (a Fallujah dagli statunitensi, ad Aleppo da russi e siriani) in ampie concentrazioni per indurre i difensori barricati in aree urbane semi distrutte ad abbandonare le proprie postazioni.

Il 4 maggio il ministero della Difesa russo aveva annunciato la conquista di altri due quartieri occidentali di Bakhmut obbligando gli ucraini ad arretrare anche a Krasnoe, nella periferia sud-occidentale di Bakhmut e a Grigorovka.

Negli ultimi due giorni la situazione militare per gli ucraini a Bakhmut è rapidamente peggiorata confrontando le informazioni emerse dai canali Telegram militare russi e ucraini con questi ultimi che hanno ammesso l’avanzata dei contractors della PMC Wagner vicino a Khromovoye per tagliare ogni via di fuga e rifornimento alle ultime truppe di Kiev che ormai riescono a utilizzare solo strade sterrate attraverso i campi bersagliate dall’artiglieria nemica.

Dalle postazioni del Collegio Industriale i contractors di Wagner attaccano per sfondare le difese a sud ovest della città mentre a ovest del centro abitato i russi hanno intensificato anche gli attacchi aerei che avrebbero avuto un ruolo chiave insieme all’artiglieria nel fermare il contrattacco lanciato dagli ucraini il 5 maggio.

Lo stesso Prtigozhin ha riferito che ogni giorno gli ucraini rafforzano la guarnigione che difende gli ultimi brandelli di Bakhmut con 400/600 uomini (un battaglione) necessari a rimpiazzare le perdite subite quotidianamente tra morti e feriti.

Forse anche alla luce di queste difficoltà, il già citato portavoce militare ucraino colonnello Cherevaty ha annunciato oggi che le perdite russe nella battaglia di Bakhmut hanno raggiunto circa 100mila soldati, precisando che si tratta di “calcoli approssimativi” addirittura per difetto.

Un numero inverosimile anche per gli standard della propaganda ucraina: basti pensare che lo stato maggiore di Kiev ha reso noto oggi che dal 24 febbraio 2022 le perdite russe sarebbero pari 194.970 militari uccisi. Un numero non credibile ma ancora più irragionevole è attribuirne oltre la metà alla sola battaglia di Bakhmut.

Eccessi propagandistici che potrebbero avere l’obiettivo di rendere meno amara la sconfitta nella regione di Donetsk che appare ormai imminente.

La situazione per gli ucraini è del resto molto difficile anche poco più a sud, ad Avdiivka, dove il vice capo dell’amministrazione militare, Sergei Legenkyi ha dichiarato che le forze russe distruggono la città con l’artiglieria e “stanno cercando di condurre assalti in piccoli gruppi e di sfondare nella parte vecchia della città, ma non ci stanno riuscendo”.

Ad Avdiivka, proprio come a Bakhmut, i russi tengono sotto tiro  le poche strade che consentono agli ucraini di rifornire la guarnigione ed evacuare i feriti.

In attesa di misurare la portata dell’annunciata controffensiva, sembra emergere un rapido calo di efficienza dell’artiglieria ucraina non solo per la perdita di molti obici e lanciarazzi multipli (che al pari delle batterie antiaeree sono preda delle munizioni circuitanti Lancet russe) ma anche per la diminuita efficacia dei razzi guidati statunitensi lanciati dai sistemi M142 HIMARS, che i russi sono riusciti ad abbattere in misura crescente, a distruggere nei depositi nelle retrovie del fronte e a disturbare con nuovi jammer per la guerra elettronica.

In assenza di sorprese o dell’avvio dell’attesa controffensiva ucraina, la prospettiva è quindi che Bakhmut, Avdiivka e Marynka (i baluardi della seconda linea difensiva ucraina nella regione di Donetsk) vengano completamente conquistate nei prossimi giorni dai russi anche se il successo di Mosca in questo settore di così alto valore simbolico oltre che strategico potrebbe indurre Kiev a concentrare qui parte della dozzina di brigate riequipaggiate con i mezzi arrivati recentemente dall’Occidente.

Fonti russe hanno infatti segnalato concentramenti di forze nemiche nell’area di Siversk, a nord di Bakhmut mentre altre forze si preparerebbero ad attaccare il fronte russo nella regione di Zaporizhia con l’obiettivo di raggiungere Melitopol, Mariupol e il Mare d’Azov spezzando in due il territorio ucraino in mano ai russi e minacciando la Crimea. Un obiettivo più volte preannunciato da Kiev che ha visto nei giorni scorsi forse un primo attacco o più probabilmente una ricognizione in forze ucraina (nella mappa qui sotto) a sud di Orekhov.

Benché l’attacco ucraino sia stato respinto dopo aspri combattimenti, i russi sembrano convinti stia per scatenarsi una pesante offensiva nemica in questo settore dove da settimane costruiscono fortificazioni e linee difensive e da dove hanno iniziato a evacuare i civili dalle cittadine più vicine alla prima linea.

Oltre 1.700 persone sono state evacuate secondo il governatore filorusso dell’oblast Yevgeni Balitsky che ha riferito oggi su Telegram che circa 1.700 persone, di cui 660 minori, 145 pazienti del centro psico-neurologico oltre a disabili, persone con mobilità ridotta, anziani, degenti negli ospedali sono già state trasferite in maniera organizzata dal territorio di cinque distretti e due città di prima linea aggiungendo che “altre persone lasciano le aree pericolose da sole con veicoli privati secondo quanto programmato”.

Altre valutazioni riprese anche da un recente articolo del Washington Post (che non nasconde dubbi e perplessità circa la controffensiva ucraina) ipotizzano un attacco duplice da Zaporizhia e da Kherson, con attraversamento ucraino in forze del Dnepr, per puntare da due direzioni sulla Crimea o un attacco a nord, nel settore di Kupyansk, teso a riconquistare la regione di Lugansk.

Immagini: Washington Post, RVVoenkory, Rybar, Telegram, Slavyangrad, RIA-FAN e Ministero Difesa Ucraino

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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