L’equilibrismo dell’Indonesia nelle tensioni dell’Indo-Pacifico

 

Il 19 settembre scorso, i paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico) hanno partecipato alle prime esercitazioni militari congiunte in Indonesia. I paesi dell’ASEAN avevano già preso parte ad esercitazioni di difesa multinazionali ma queste sono le prime a coinvolgere solo gli aderenti all’organizzazione (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia, Vietnam) in attività in cui non vengono simulate azioni di combattimento ma bensì di assistenza umanitaria, di soccorso in caso di calamità, di operazioni di salvataggio e di pattugliamento marittimo congiunto. Secondo quanto riportato dal Jakarta Times, l’Indonesia ha escluso che le esercitazioni mirino a contrastare la crescente assertività della Cina nel Mar Cinese Meridionale, che Pechino rivendica quasi nella sua interezza.

Inizialmente, gli organizzatori avevano pianificato di svolgere le esercitazioni nel Mare a nord di Natuna, (a nord dell’Indonesia, a nord-ovest del Borneo, vicino alla zona economica esclusiva del Vietnam) che secondo l’Indonesia si trova all’interno della sua zona economica esclusiva, ma dopo colloqui tra i capi militari dell’ASEAN, nel mese di giugno, è stata spostata nel Mar Natuna meridionale, evitando le acque contese.

Giakarta si è già scontrata con la Cina per i diritti di pesca intorno alle Isole Natuna e ha ampliato la sua presenza militare nell’area, rinominando anche le zone settentrionali della sua zona economica esclusiva (Mar Natuna Settentrionale), ribadendone così la rivendicazione. Le tensioni si sono concentrate sulle acque circostanti le isole che si sovrappongono leggermente con la punta meridionale della linea cinese a nove tratti (nine-dash line) nel Mar Cinese Meridionale.

Nel 2016 Indonesia e Cina hanno avuto tre scontri marittimi all’interno della zona economica esclusiva indonesiana di 200 miglia nautiche al largo delle isole Natuna. Dopo il terzo scontro, il Ministero degli Affari Esteri cinese aveva rilasciato una dichiarazione in cui affermava per la prima volta che la controversa nine-dash line includeva “zone di pesca tradizionali” all’interno della zona economica esclusiva dell’Indonesia. Il mare è molto pescoso e sotto i suoi fondali marini, sarebbero custodite considerevoli riserve di idrocarburi.

Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 Giakarta era arrivata quasi allo scontro con Pechino a causa della presenza di navi della Guardia Costiera cinese e dei suoi pescherecci nella zona economica esclusiva indonesiana.

Negli ultimi anni, le due parti avrebbero ricucito i legami bilaterali principalmente attraverso l’impegno economico, ma si ha la sensazione che le persistenti preoccupazioni sulla sicurezza stiano spingendo Giakarta verso Washington, anche se lo spostamento dell’esercitazione in un’area fuori da quella contesa con la Cina è un gesto emblematico sull’equilibrio che Giakarta vorrebbe mantenere nel corso dei prossimi anni tra le maggiori potenze.

Nel mese di giugno, l’aeronautica americana ha ottenuto, per la prima volta, l’autorizzazione a far atterrare due bombardieri strategici B-52 sul suolo indonesiano.

Il mese scorso, Giakarta ha aperto la seconda edizione dell’esercitazione militare multinazionale Super Garuda Shield, evoluzione della Garuda Shield tenutasi per la prima volta nel 2009. È il secondo anno consecutivo che questa esercitazione si trasforma in un evento combinato e congiunto riunendo 7 paesi partecipanti (Indonesia, Stati Uniti, Australia, Giappone, Singapore, Francia e Regno Unito) e 12 osservatori (Brasile, Brunei, Canada, Germania, India, Malesia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Filippine, Repubblica di Corea e Timor Est).

Gli Stati Uniti continuano a essere un partner strategico per la sicurezza dell’Indonesia, come risulta evidente dalla recente firma di un Memorandum of Understanding con Boeing per l’acquisizione di 24 aerei da combattimento F-15EX (nel febbraio 2022 la US Defense Security Cooperation Agency approvò la vendita all’Indonesia di 36 F-15EX per un contratto comprensivo di armi, equipaggiamenti e ricambi da 13,9 miliardi di dollari), parte di una spinta alla modernizzazione a lungo termine.

L’accordo (nella foto sotto la firma) segue quello firmato per gli aerei da combattimento Dassault Rafale (42 in programma) e per 12 Dassault Mirage 2000 precedentemente utilizzati dall’aeronautica militare del Qatar. Jakarta avrebbe era interessata anche agli F-35 ma, al di là delle difficoltà finanziarie, le autorità statunitensi avrebbero ritenuto che l’aeronautica indonesiana non fosse ancora pronta a far volare un caccia di quinta generazione.

Giakarta, oltre agli Stati Uniti ha ottimi rapporti anche con il Giappone, suo terzo partner commerciale. I due paesi intrattengono relazioni bilaterali da oltre 60 anni. Nel 2021 hanno firmato un accordo di cooperazione nel settore della difesa.

Il Giappone occupò l’Indonesia durante la seconda guerra mondiale dal 1942 fino al 1945. Inizialmente, la maggior parte degli indonesiani accolse i giapponesi come liberatori dagli occupatori olandesi ma il sentimento cambiò dopo che moltissimi indonesiani furono reclutati nei lavori forzati. L’ONU sostiene che 4 milioni di persone morirono in Indonesia a causa della carestia e del lavoro forzato durante l’occupazione del Giappone il cui esercito reclutava donne locali come prostitute, pratica utilizzata anche in Corea e Indocina.

Anche le relazioni bilaterali con l’Australia sono tra le più importanti per l’Indonesia. I due paesi condividono il confine marittimo più lungo del mondo e sono naturalmente partner marittimi stretti. Alcuni giorni fa, appena un mese dopo dell’invio di carri armati M1A1 Abrams in Indonesia per esercitazioni militari nel primo dispiegamento di mezzi corazzati pesanti dalla guerra del Vietnam da parte dell’Australian Defence Force (ADF), alcuni F-35A Lightning della Royal Australian Air Force (nella foto sotto) sono stati schierati nel Nord Sulawesi per un addestramento di combattimento bilaterale (Esercitazione “Elang Ausindo”). Mentre l’Australia attualmente utilizza l’F-35A come aereo di punta della sua flotta da combattimento aereo, l’Indonesia ha 33 caccia F-16 statunitensi supportati da 16 Sukhoi Su-27 e Su-30.

Nella regione, i paesi dell’ASEAN hanno avviato un processo di modernizzazione inteso a rafforzare le difese e a sostituire le loro attrezzature. Vi è una maggiore percezione della minaccia e di conseguenza una maggiore spesa per la difesa. Le acquisizioni militari stanno aumentando man mano che la sicurezza marittima diventa centrale.

Secondo il database SIPRI Military Expenditure 2023, la spesa militare dei paesi dell’ASEAN è passata da 20,3 miliardi di dollari nel 2000 a 43,2 miliardi di dollari nel 2021. L’Indonesia ha speso nel solo 2022 nove miliardi di dollari, lo 0,7 del suo PIL, + 1.3% rispetto all’anno precedente.

Gli altri paesi litoranei che hanno dispute con la Cina nel Mar Cinese Meridionale hanno impegnato gran parte del budget per le spese militari per migliorare la loro capacità navale, incluso l’aviazione marittima, i sistemi mobili missilistici anti-nave e la sorveglianza marittima.

Per quanto riguarda la linea dei nove trattini nel Mar Cinese Meridionale, Giakarta è intenzionata a mantenere un atteggiamento di inflessibilità con la Cina, ma al contempo manterrà la cooperazione economica con Pechino e cercherà di attrarre investimenti cinesi sul suo territorio. Si pensa che il presidente indonesiano, Joko Widodo, conosciuto anche come Jokowo, abbia ottenuto impegni di investimento per un importo di 13 miliardi di dollari da parte di società cinesi.

L’Indonesia, crocevia fra l’Oceano Indiano e quello Pacifico, con circa 278 milioni di abitanti, è un paese a maggioranza musulmana ed è il quarto più popoloso del mondo. Oltre alle riserve di idrocarburi, le risorse minerarie dell’Indonesia contribuiscono in modo significativo all’economia con argento, carbone, oro, bauxite, stagno, rame e nichel.

Il paese è uno dei principali esportatori mondiali di stagno e carbone termico. La Cina è il suo principale partner commerciale. La partecipazione di Giakarta alla Belt and Road Initiative (BRI) avrebbe dato un maggiore impulso alle relazioni bilaterali con Pechino.

Nel paese si parla da diverso tempo di spostare la capitale da Giakarta, entro il 2024, sull’isola di Giava, a Nusantara, nello stato orientale del Kalimantan.

Sarebbero stati stipulati accordi con la Cina su diversi progetti, incluso lo sviluppo di Nusantara. I due paesi collaborerebbero nei settori dei veicoli elettrici e della costruzione della prima linea ferroviaria ad alta velocità che collega Giakarta a Bandung. Il presidente indonesiano è diventato il primo leader straniero a visitare la Cina dopo le Olimpiadi invernali di febbraio, mentre la rigorosa politica zero-COVID-19 di Pechino era ancora in vigore.

Lo stesso presidente, Joko Widodo, a Giakarta, nei primi giorni del mese di settembre scorso, in occasione dell’apertura dell’East Asia Summit, ha lanciato un forte appello ai leader affinché allentino le tensioni ed evitino conflitti nella regione, sottolineando la necessità di stabilità affinché la regione possa continuare il suo percorso di pace e prosperità decennale.

Giakarta ha palesato la sua posizione di neutralità e non allineamento tradizionale anche nei confronti della guerra Russia-Ucraina. Prima della guerra, l’Indonesia era il secondo importatore mondiale di grano ucraino, oltre ad avere un’elevata dipendenza dalla Russia per quanto riguarda fertilizzanti e altri prodotti agricoli. Nel 2022, l’Indonesia aveva votato a favore di una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che condannava l’invasione russa dell’Ucraina e chiedeva il ritiro delle forze russe, ma ha rifiutato di imporre sanzioni a Mosca.

Foto: Anadolu, Guardia Costiera Indonesiana, RAAF e Indian Military Review

 

Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.

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