La nomina del generale Syrsky non è una buona notizia per i soldati ucraini

 

La nomina del generale Oleksandr Syrsky (nella foto sotto) quale comandante in capo delle forze armate ucraine al posto del generale Valery Zaluzhny non sembra essere stata accolta bene dai soldati di Kiev. A seguito dell’annuncio ufficiale di Zelensky si è scatenata una ridda di commenti a dir poco negativi da parte di testate importanti quali il Bild, il Telegraph il Times, il Guardian, il Washington Post, Politico ma, soprattutto, degli influencer ucraini e dei blogger pro-Kiev. Tutti sostengono che Syrsky non sia l’uomo adatto a guidare il confronto con Mosca sul campo di battaglia in questa fase del conflitto.

L’Economist lo descrive come troppo pronto a sacrificare truppe e mezzi e troppo docile alle richieste del mondo politico (obbedisce semplicemente alle istruzioni senza discutere con Zelensky). Il Guardian e il Times evidenziano la sua indifferenza alla vita dei soldati durante le operazioni di combattimento e le sue responsabilità nella perdita dei migliori ufficiali ucraini e il fallimento della controffensiva estiva. Dunque, il quadro è chiaro: Syrsky è odiato dalle truppe ucraine, in particolare da quelle in prima linea.

Ma Syrsky è odiato anche dai russi. È nato in Russia, ha completato i suoi studi militari di alto livello in Russia, i genitori e il fratello vivono ancora in Russia, e suo padre è un colonnello in pensione delle forze armate di Mosca. A seguito della sua nomina la TASS ha intervistato il fratello (Oleg) il quale ha preso le dovute distanze affermando che, pur vivendo nella stessa città dei genitori (Vladimir), non li vede da anni, per non parlare del fratello Oleksandr. Il presidente della Federazione Russa, Dmtrij Medvedev lo ha definito senza mezzi termini un “traditore”.

Zelensky elogia Syrsky per i suoi “grandi successi”: la “difesa di Kiev” e l’offensiva di Kharkiv, ma in realtà, i suoi precedenti di comandante “sul campo” non sono affatto lusinghieri. Pesa soprattutto l’accerchiamento di Debaltsevo avvenuto dal 16 al 18 febbraio del 2015 nel corso della guerra del Donbass, dove gli ucraini persero più di 3000 tra soldati e ufficiali e un ingente quantitativo di mezzi e di materiali. Molti ufficiali ucraini hanno incolpato Syrsky per le enormi perdite. Se il generale avesse dato l’ordine di ritirarsi in tempo, si sarebbero risparmiate risorse umane preziose. L’episodio gli fece guadagnare la nomea di generale crudele e senza cuore (Kotlovoy).

Scenari simili si sono ripetuti anche nella battaglia di Soledar e di Bakhmut nel 2022, occasioni dove l’intransigenza di Syrsky (a fronte della saggezza di Zaluzhny che premeva per un ritiro quanto mai opportuno) ha causato migliaia di altre vittime inutili.

Grazie a questi precedenti, il generale gode oggi anche della nomea di “macellaio” e di “boiler master” vista la sua tendenza, secondo quanto riportato dagli osservatori critici del suo operato, a far logorare (bollire) le sue truppe in “calderoni” (in inglese le sacche di accerchiamento vengono definite, appunto, cauldrons) vere e proprie killing zones da cui ci si è ritirati all’ultimo momento quando la capacità operativa delle unità si era oramai completamente esaurita. D’altronde, proprio Syrsky aveva definito le truppe russe a Bakhmut “semi-circondate”, per giustificare il sacrificio di vite umane imposto a ogni costo.

Impossibile non pensare ai tanti episodi della Seconda guerra mondiale dove i generali tedeschi, soprattutto sul fronte orientale, supplicavano Hitler di consentire il ripiegamento delle proprie unità in difficoltà per riorganizzare le difese e creare le premesse per eventuali contrattacchi. Il ripiegamento (non la fuga) non è codardia o vigliaccheria. È un’esigenza funzionale operativa.

Una eventualità contemplata dalle dottrine d’impiego dello strumento militare di tutto il mondo (russi compresi) che, oltretutto, deve essere accuratamente pianificata proprio per la delicatezza della situazione. Il ripiegamento è l’unica forma di manovra prevista nell’ambito del combattimento difensivo e viene attuato proprio con l’intento di guadagnare posizioni più favorevoli. Quando i tedeschi riuscirono a ripiegare, in Normandia per esempio, gli alleati impiegarono sei settimane piene per respingere i difensori (con forze nettamente inferiori) di soli 19 chilometri oltre le spiagge dello sbarco fino alla città di Saint-LȎ.

Ora, secondo fonti ucraine, Syrsky starebbe preparando un contrattacco nel settore di Avdiivka, per rompere l’accerchiamento oramai quasi completo della città, replicando l’errore di Bakhmut. Per assolvere il compito, dovrà far affluire in questo settore del fronte una quantità significativa di forze (delle quali Kiev non abbonda) a scapito di altri settori, dove i russi non aspettano altro.

Anche in questo caso Zaluzhny ha tentato di ottenere il ritiro totale da Avdiivka ma la sua insistenza e resistenza, a lungo andare, gli è costato il posto. Zaluzhny paga anche il fatto di aver giustamente ritirato, riorganizzato e reimpiegato con parsimonia le unità del preziosissimo Decimo Corpo d’Armata ucraino (equipaggiato con i carri tedeschi Leopard e i veicoli corazzati da combattimento Bradley americani) a seguito delle pesanti perdite subite nella killing zone di Robotino nel settore meridionale del fronte di Zaporizhia. Iniziativa, questa, non particolarmente gradita agli alleati d’oltre oceano.

A Bakhmut si è continuato a combattere, nonostante i consiglieri occidentali e lo stato maggiore delle forze di Kiev avessero cercato di convincere Zelensky che la battaglia era persa, perché il presidente ucraino aveva bisogno di risultati “tangibili” da portare al vertice NATO di Vilnius dello scorso anno dove era in gioco la candidatura dell’Ucraina alla full membership dell’alleanza. Nel caso di Avdiivka (un altro disastro annunciato) c’è in ballo il sostegno scricchiolante di Stati Uniti ed Europa al conflitto. Forse un’ultima possibilità di riscatto che però affronta una difficilissima situazione sul campo in un ennesimo confronto frontale anziché prendere tempo e valutare altre possibili linee d’azione. Il tutto sulla pelle dei soldati.

Zelensky ha bisogno di un comandante in capo che non sia un competitor politico (Zaluzhny probabilmente lo era) e che dia ragione a lui piuttosto che ai suoi uomini, alle ragioni della dottrina militare e del buonsenso. Da soldato, la nomina di Syrsky al vertice delle forze armate non è proprio una bella notizia per i militari ucraini.

Foto: Ministero della Difesa ucraino

Mappa: Institute for the study of the War (ISW)

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Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.

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