Le forze di Assad verso l’offensiva finale ad Abu Kamal

Lo Stato Islamico ad Abu Kamal (al-Bukamal) si prepara all’ultima battaglia in territorio siriano e a fronteggiare l’imminente offensiva dell’esercito governativo e delle forze alleate appoggiate dai russi.

Le truppe di Damasco avevano liberato la città l’8 novembre senza quasi incontrare resistenza ma il giorno dopo, con un violento contrattacco, lo Stato Islamico ha ripreso prima il controllo dei quartieri settentrionali, pari 40% del centro urbano, poi della metà e infine dell’intera città da cui le truppe siriane hanno dovuto ritirarsi il 10 novembre ritirarsi per evitare l’accerchiamento.

Le truppe siriane si sono attestate su posizioni difensive a “uno o due chilometri dalla periferia della città” riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), ong con sede a Londra vicina ai ribelli “moderati” e che dispone di un’ampia rete di attivisti che monitorano la situazione militare in tutto il Paese.

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Per sostenerle Mosca ha intensificato i raid aerei impiegando anche 6 bombardieri Tu-22M3 decollati dalla Russia che il 15 novembre hanno colpito obiettivi dell’Isis in una zona vicino ad Abu Kamal. Nelle ultime ore le truppe di Damasco avrebbero completato l’accerchiamento della città in attesa di sferrare l’offensiva.

Il comando siriano sembra attendere l’arrivo dei veterani della Tiger Forces che hanno strappato Mayadin al Califfato e starebbe pianificando un attacco su vasta scala contro le residue forze dell’IS che controllano ancora il 30% della provincia di Deir Ezzor liberata per il 38% dai governativi e per il 32% dalle milizie curdo-arabe delle Syrian Democratic Forces (SDF) sostenute e affiancate dagli Stati Uniti e che sono in competizione con le forze di Damasco nel tentativo di strappare più territorio possibile ai jihadisti.

Ad Abu Kamal l’IS ha incrementato le difese di quella che sarà con ogni probabilità la sua ultima roccaforte al cui interno potrebbe nascondersi lo stesso Califfo Abu Bakr al Baghdadi, secondo i russi ucciso in un raid aereo il 28 maggio scorso, secondo altre fonti fuggito recentemente dalla città di confine irachena di al-Qaim liberata dalle truppe di Baghdad a bordo di un taxi giallo.

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Anche le SDF puntano a Abu Kamal e dopo aver cacciato l’Isis da Al-Hawayij hanno raggiunto Dibhan e Abu Hammam. L’obiettivo, caro più agli Stati Uniti che alle milizie curde, è approfittare del tracollo dello Stato Islamico per assumere il controllo di una porzione rilevante del confine tra Iraq e Siria per interrompere la continuità territoriale del cosiddetto “Asse scita” che unirebbe l’Iran, l’Iraq e la Siria fino al Libano meridionale in mano a Hezbollah.

L’inviato Usa per la coalizione internazionale contro lo Stato islamico, Brett McGurk, ha dichiarato che “l’IS ha perso il 95% dei territori di Siria e Iraq che aveva conquistato nel 2014 e più di 7,5 milioni di persone sono state liberate” aggiungendo che “il flusso di combattenti stranieri in Siria si è quasi fermato e un numeri crescente di miliziani vengono fermati alle frontiere”. Il portavoce della Coalizione Ray Dillon ha reso noto che sono stati uccisi in raid aerei di aver uccio nelle ultime tre settimane quattro comandanti del Califfato

Yusuf Demmer e il fratello Omar, che lavoravano per la propaganda in Medio Oriente e in Europa, sono stati uccisi vicino ad al-Qaim, nell’ovest dell’Iraq, il 26 ottobre. Uccisi invece in Siria Abu Yazen, colpito il 3 novembre a Mayadin, e Abdullah Hajwai, eliminato due giorni dopo vicino a Albu Kamal.  Secondo il portavoce i comandanti dell’Isis uccisi dall’inizio dell’anno dalla Coalizione sono 117.

(con fonte Difesa&Sicurezza, Ondus e AFP)

Foto: SANA e Forze Armate Siriane

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