La corsa gli armamenti navali dell’Asia

E’ in corso in Asia un fenomeno strategico del quale nel mondo si era persa traccia almeno dagli anni 30, una classica corsa agli armamenti navali che sta interessando una decina dei suoi paesi. Nella Guerra Fredda a correre era stata solo l’Unione Sovietica, che aveva sviluppato una marina oceanica originale e innovativa praticamente dal nulla. La US Navy aveva mantenuto le dimensioni ipertrofiche assunte nelle ultime fasi della Seconda Guerra mondiale, riducendole solo un po’, mentre le altre marine occidentali avevano gestito, chi più chi meno, un onorevole declino, almeno nei numeri (quella giapponese, dal canto suo, non c’era proprio più). Paragrafando l’ultimo celebre libro dell’ammiraglio Iachino, comandante della flotta da battaglia italiana nella seconda guerra mondiale, quasi tutte le “grandi marine” erano andate incontro, più o meno speditamente e consapevolmente, al loro specifico “tramonto”. Né la caduta del Muro né gli eventi successivi all’Undici Settembre hanno sostanzialmente invertito questo trend, almeno per quanto riguarda il teatro nordatlantico che aveva fatto da incubatrice alle grandi flotte storiche. Nell’altrove più inaspettato, molto ad est di Suez, il fenomeno si è invece riproposto da pochi anni attraverso una classica competizione simil-mahaniana fra gli strumenti navali delle principali potenze, con il repechage di tutti i neologismi tradizionali che hanno riempito gli almanacchi navali (e che sembravano ormai riservati solo ad essi o a qualche saggio per addetti ai lavori): Potere Marittimo, sea control/denial, difesa del traffico, proiezione dal mare, componente sottomarina, anfibità, blue-green-brown water- persino “pirateria”, incredibile ma vero! – e contrasto alla medesima. Manca solo la “battaglia decisiva” stile Trafalgar, Tsushima e Jutland (che decisiva non fu, peraltro), scomparsa più per motivi tecnologici e gestionali che dottrinali, e potremmo essere ancora nel secolo XIX o XX, o persino nel XVIII.

La bomba atomica non ha quindi estinto le flotte, come i più prevedevano, dato che non c’è altro posto come in Asia dove la proliferazione delle armi di distruzione di massa abbia avuto successo, con sette potenze nucleari stabili (USA, Russia, Cina, India, Israele, Pakistan, Corea del Nord), due discontinue (deterrenti strategici di Francia e Regno Unito occasionalmente dislocati out of area), e un aspirante molto determinato (Iran).

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Ufficiale di Marina in spirito ma in congedo, ha fatto il funzionario Nato e il dirigente presso aziende attive nel settore difesa. Scrive da quasi un quarantennio su argomenti navali, militari, strategici e geopolitici per pubblicazioni specializzate e non. Vive a Roma.

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