F-35: per il Pentagono è inutile addestrare oggi i piloti

Oltre a quella fra sviluppo e produzione in serie, che ne ha complicato oltremodo lo svolgimento, il programma F-35 comincia a soffrire anche di una “concurrency” tra sviluppo e addestramento. Si tratta della sovrapposizione temporale fra la fase di sperimentazione e verifica del nuovo velivolo da combattimento e delle sue reali capacità, irta di ostacoli e comunque ancora lontana dalla conclusione, e quella della formazione di piloti e specialisti, partita a gennaio dopo un laborioso “rodaggio” di oltre due anni sulla Eglin Air Force Base, dove l’Integrated Training Center (ITC) prevede di brevettarne rispettivamente 72 e 711 entro dicembre. A confermare il problema è un nuovo rapporto inviato il 15 febbraio al Congresso e alle forze armate da Michael Gilmore, responsabile dell’Operational Test and Evaluation del Pentagono, lo stesso che all’inizio dell’anno aveva denunciato una serie di preoccupanti malfunzionamenti del nuovo aereo d’attacco di Lockheed Martin. Esaminata la valutazione del “sistema” velivolo/apparato logistico fatta in autunno dall’Air Force in preparazione all’addestramento, l’OTE è giunto alla conclusione che a causa della generale immaturità di quel sistema, “le restrizioni nelle operazioni di volo a questo stadio dello sviluppo, limitano in maniera sostanziale l’utilità dell’addestramento”. Tra le altre cose, le release di software attualmente disponibili non consentono alcuna capacità di combattimento. L’Air Force e il Joint Program Office hanno prontamente ribattuto che l’addestramento, ancorché forzatamente ancora basico, può invece tranquillamente aver luogo, procedendo step by step. Ma se da un lato le forze armate e l’ufficio di programma premono per bruciare le tappe (arrivando al paradosso dei Marines, che hanno già costituito un primo reparto operativo con un aereo ancora per nulla operativo), dall’altro il Pentagono (il cui OTE ha un notevole seguito al Congresso), già alle prese con i tagli della sequestration, cerca di non perdere altri soldi in un programma che, sfondati tutti i tetti di spesa, non si vede come ora possa avviare procedure di training senza doverle poi necessariamente “ristrutturare”, con ulteriori perdite di tempo e soprattutto di denaro. Dal canto suo il direttore dell’OTE nel rapporto ha dettagliato tutte le limitazioni cui gli allievi piloti di F-35 (per ora tutti provenienti dalle linee operative, prima che nel 2014 l’ITC possa iniziare l’addestramento di piloti “inexperienced”) dovranno sottostare nell’effettuare il passaggio sul nuovo caccia. L’elenco, abbastanza impressionante, dà una prima conferma del fatto che a causa di questa “doppia concurrency”, anche la fase di training del programma Joint Strike Fighter sarà particolarmente travagliata, quantomeno nei tempi e nelle modalità.

Ma ecco tutte le “proibizioni” alle quali sono sottoposte le operazioni di volo a Eglin:

1)      Effettuare sotto i  20.000 piedi (6.000 metri) discese a ratei maggiori di 6.000 piedi al minuto (30,48 metri a secondo), in attesa che venga riprogettato il sistema di gestione dei gas residui nei serbatoi.

2)      Volare a più di Mach 0.9 (l’F-35 può arrivare a 1.6).

3)      Assumere angoli d’attacco non superiori a -5/+18 gradi (il limite massimo è +50, valore al quale peraltro la perdita di energia dell’F-35 è recuperabile solo in tempi lunghi).

4)      Manovrare a non più di -1/+5 g (il limite di progetto è 9 g).

5)      Decollare e atterrare in formazione.

6)      Volare di notte o con cattivo tempo.

7)      Impiegare armamento reale o simulato.

8)      Imprimere impulsi rapidi alla cloche e alla pedaliera;

9)      Manovrare per l’ingaggio di bersagli sia nell’aria-aria che nell’aria-suolo.

10) Rifornirsi in volo.

11) Volare entro 25 miglia nautiche di distanza dai fulmini.

12) Usare le contromisure elettroniche.

13) Aprire i portelloni dei vani bombe in volo.

14) Usare sistemi di anti-jamming, secure communications o data-link.

15) Usare l’apparato di puntamento elettro-ottico.

16) Usare il sistema di scoperta dei bersagli EO-DAS

17) Usare il sistema IFF (identificazione amico-nemico).

18) Usare l’Helmet Mounted Display come sistema primario di condotta del velivolo.

19) Usare i “mode” aria-aria e aria-suolo del radar per l’attacco elettronico, la ricerca di bersagli in mare, di bersagli mobili sul terreno e il combattimento aria-aria ravvicinato.

A proposito di questa ultima limitazione, il nuovo rapporto del Pentagono riferisce il malcontento dei test pilot dell’Air Force impegnati nella valutazione preventiva circa l’impossibilità – aborrita da ogni “cacciatore” – di guadarsi alle spalle, dettata dalla particolare conformazione del tettuccio dell’F-35, che è diversa da quelli “a bolla” con visibilità su quasi tutti i 360 gradi dei vari F-16, F-15 e F-18. Una conformazione che il costruttore ha giustificato spiegando che il pilota di F-35 durante il combattimento non ha bisogno di voltarsi indietro, perché a dargli la visibilità e una completa “situational awareness” anche nei settori posteriori provvede il sistema di sensori di cui l’aereo è dotato. Ma soprattutto il report riferisce come nella sua valutazione l’USAF non abbia potuto effettuare tutte le manovre normalmente previste in una Typical Fighter Transition, quelle cioè che servono a familiarizzare il pilota col nuovo velivolo, saggiandone le qualità in un utile confronto con quelle dell’aereo impiegato precedentemente. Fra poco più di un anno sulla base americana cominceranno ad affluire i primi piloti dell’Aeronautica e della Marina Militare italiane. Vedremo quali e quante, delle odierne limitazioni, il prosieguo del programma di sviluppo del JSF avrà permesso di levare.

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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