Le unità anfibie della Classe America

Nell’attuale panorama delle unità anfibie cosiddette “big deck”, le LHA (Landing Helicopter Assault) della classe America in fase di costruzione per la US Navy rappresentano, senza ombra di dubbio e sotto molti punti di vista, un qualcosa di unico.
Mentre infatti la tendenza pressoché universale in atto ci restituisce una situazione nella quale questo tipo di piattaforme (caratterizzate per l’appunto da ponti di volo continui e di grandi dimensioni per agevolare le operazioni con gli aeromobili) conservano comunque un bacino allagabile (o “well deck” secondo la terminologia in uso nella Marina americana) dal quale far operare mezzi da sbarco e/o veicoli anfibi, per le America è stata scelta una strada diversa che ha portato alla sua eliminazione.
Una scelta discutibile e, soprattutto, discussa; al punto da essere già stata abbandonata. Come vedremo più nel dettaglio in seguito, questa nuova classe di unità sarà infatti suddivisa in 2 “Flight” (o versioni) differenti; alle prime 2 navi, note come “Flight 0” e per l’appunto prive del bacino allagabile, se ne affiancheranno in futuro altre 6. Queste ultime, indicate come “Flight 1”, vedranno invece il ritorno di questo importante particolare, peraltro assieme ad altre novità.

 Il programma
Le origini del programma che porterà alla unità della classe America possono essere fatte risalire alla fine degli anni 90; all’epoca, US Navy e US Marine Corps incominciano a riflettere sulle possibile scelte da effettuare in merito alla sostituzione delle 5 piattaforme della classe Tarawa. Consegnate tra il 1976 e il 1980, queste ultime avrebbero ben presto raggiunto la fine della loro vita operativa al termine dei 35 anni di servizio previsti in origine; ciò significa che nel giro di un lustro (2011 – 2015), qualora non si fosse provveduto per tempo, avrebbe potuto venirsi a creare un vistoso “buco” in termini di capacità anfibie. Occorreva dunque agire per tempo, anche in considerazione del fatto che le fasi di definizione, progettazione e costruzione di piattaforme con tali caratteristiche (e dimensioni) finiscono con il richiedere molti anni; e non è tutto visto che c’era da tenere presente anche un altro aspetto interessante. Le nuove unità avrebbero infatti dovuto riflettere i cambiamenti previsti per l’Aviation Combat Element (ACE) dei Marines stessi, cioè la componente aerea (composta da velivoli ad ala fissa e rotante) imbarcata su queste piattaforme; 2 le novità principali previste e cioè la futura adozione dell’F-35B Lightning II al posto dell’AV-8B Harrier II nonché la prossima introduzione del convertiplano MV-22 Osprey al posto degli elicotteri CH-46 Sea Knight. A contraddistinguere entrambi i velivoli, oltre a prestazioni/capacità ben diverse da quelli che andranno a sostituire, anche un’accresciuta “impronta” complessiva; in altri termini, maggiori dimensioni tali da richiedere ben più spazio rispetto a prima e, al tempo stesso, maggiori esigenze di manutenzione.

E’ su queste basi che nel 1999 viene completato un LHA Development of Option Study (DOS) che individua e analizza 3 possibili alternative; la prima era incentrata sull’allungamento della vita operativa delle Tarawa attraverso il varo di un importante Service Life Extension Program (SLEP), la seconda prevedeva la riproposizione di una LHD (Landing Helicopter Dock) della classe Wasp ma con un impianto propulsivo basato su turbine a gas (al posto di quelle a vapore) e, infine, la terza prevedeva un progetto completamente nuovo.
L’aspetto saliente di questo documento, pur in assenza di una risposta definitiva, è rappresentato dal fatto che l’ipotesi di uno SLEP è subito scartata perché ritenuta complessivamente poco costo-efficace. Al tempo stesso, deve essere sottolineato come questo stesso documento rappresenti comunque una sorta di passaggio definitivo verso una decisione a suo modo importante: la costruzione di un’ottava unità della classe Wasp che, per l’appunto, sarà dotata di un impianto propulsivo diverso dalle precedenti 7 (nella fattispecie, di tipo elettrico alimentato da turbine a gas e diesel). La LHD-8 Makin Island diventerà dunque al contempo la sostituta della Tarawa stessa, riducendo a 4 il requisito iniziale per le nuove LHA, e una possibile base di partenza per queste ultime.
È dunque in questo quadro, sotto molti punti di vista ancora piuttosto “fluido”, che maturano i passaggi successivi; nel marzo del 2001 il Chief of Naval Operations (CNO) approva il Mission Need Statement (MNS) che torna ad appuntare la propria attenzione sulle esigenze relative alla componente aerea (e sulle sue esigenze logistiche), su quelle in termini di C4I e, infine, sulla possibilità di garantire un adeguato margine di crescita per il futuro. Il programma, che ha ora assunto la denominazione di LHA (R), dove la R sta per Replacement, continua però a mantenere anche una certa attenzione verso le capacità di trasporto dei veicoli e dunque anche per quelle caratteristiche più tipiche di una unità anfibia.
Passano ancora pochi mesi e, questa volta nel luglio dello stesso anno, ecco giungere un’altra importante approvazione; con il Milestone A, Acquisition Decision Memorandum si aprono infatti le porte alla fase di esplorazione del concetto e, di conseguenza, alla fondamentale Analysis of Alternatives (AoA). Quest’ultima punta ad analizzare le 3 nuove alternative ora proposte: la prima prevede una ripetizione della LHD-8 (con gli opportuni adattamenti), la seconda una versione modificata di quest’ultima e la terza (ancora una volta) un progetto del tutto nuovo. Al termine di una valutazione lunga e laboriosa, tanto da richiedere oltre un anno di tempo, l’AoA si conclude con la scelta da parte del Department of Navy della prima delle opzioni proposte; scelta motivata dalla considerazione che la costruzione di nuove piattaforme sostanzialmente uguali alla Makin Island sarebbe stata comunque in grado di soddisfare delle esigenze operative dei Marines (sempre rispetto alla questione dei velivoli da imbarcare) mentre, al tempo stesso, la versione modificata o lo sviluppo di un progetto nuovo presentavano dei rischi (e, soprattutto, dei costi) troppo elevati.

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Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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