Turcomanni in fuga: le forze siriane avanzano nel Nord

Non si arresta il flusso dei rifugiati turcomanni, da 48 ore in marcia verso il confine turco in seguito all’avanzata delle truppe fedeli al regime del presidente siriano Bashar Assad, che con l’aiuto dell’aeronautica russa, stanno gradualmente assumendo il controllo della provincia di Bayirbucak.

In base a quanto dichiarato dall’Autorità turca per la gestione di emergenze e disastri naturali (AFAD), circa 2000 rifugiati, in gran parte donne, bambini e anziani avrebbero già abbandonato il campo di Yamadi, costruito dalla Turchia in territorio siriano, dopo che i bombardamenti russi hanno nei giorni scorsi lambito il perimetro del campo.

I rifugiati sarebbero passati nel distretto di Yayladagi, nella provincia turca dell’Hatay. La decisione di abbandonare Yamadi è stata presa da Abdurrahman Mustafa, presidente dell’assemblea dei turcomanni siriani, dopo il bombardamento che ha colpito lo scorso 30 gennaio il campo di Obi, ameno di 3 chilometri dal campo di Yamadi.

“Le forze del regime hanno preso Rabia e marciano verso Yamadi che si trova a meno di 8 chilometri, faremo in modo che i 20 mila che vivono nel campo attualmente arrivino in Turchia a gruppi di 500-600 persone” ha

dichiarato Mustafa.  Il presidente turcomanno ha denunciato le azioni compiute dai russi che avrebbero lanciato bombe a grappolo “esattamente come fa Israele a Gaza”, creando una disparità di forze a cui la resistenza turcomanna non ha i mezzi per resistere e “non lasciando altra scelta che l’evacuazione ai civili”.

Vale la pena ricordare che la Russia (come gli Stati Uniti, la Cina e moltissimi Paesi inclusi quasi tutti quelli arabi) non ha mai aderito alla convenzione per la messa al bando delle bombe a grappolo.

Alcune immagini satellitari rese pubbliche dall’agenzia turca Anadolu, mostrano la distruzione perpetrata nei confronti dei villaggi della regione da parte dei bombardamenti russi.

La AFAD si è mobilitata attraverso una task force di 202 persone 6 ambulanze, mense da campo e un centro di coordinamento, che si sta occupando di prendere le impronte digitali ai rifugiati che passano in Turchia, sia turcomanni che arabi-siriani, che saranno poi smistati nei campi di Yayladagi, Sanliurfa e Gaziantep.

Lo stesso protocollo seguito un anno fa in seguito all’assedio della città curda di Kobane da parte dell’Isis, fanno sapere da Ankara, tradizionalmente vicina ai turcomanni, una minoranza turcofona presente in Siria e Iraq settentrionale.

Sia il premier Ahmet Davutoglu che il presidente RecepTayyip Erdogan, avevano negli ultimi 2 mesi, più volte messo in guardia del rischio che l’interferenza della Russia nella regione avrebbe portato a un aumento del numero di rifugiati in fuga dalla guerra in Siria.

I miliziani turcomanni combattono il regime di Damasco insieme agli altri movimenti dell’insurrezione armata ma la controffensiva siriana appoggiata da jet russi ha permesso ai lealisti di riconquistare ampie porzioni di territorio lungo il confine turco.

Secondo un’organizzazione vicina ai ribelli con sede a Londra, l’Osservatorio siriano per i diritti umani, in gennaio sono state uccise in Siria 1.382 persone di cui circa la metà (679) sarebbero morti in seguito a bombardamenti russi.

Lo riferisce la Rete siriana per i diritti umani, che documenta periodicamente i bilanci delle vittime del conflitto. Non è chiaro quanti di questi caduti siano combattenti o civili.

La Russia continua a rafforzare il suo dispositivo aereo in Siria con l’arrivo, confermato ieri, di 4 nuovi cacciabombardieri Su-35S che si aggiungono ai 34 Sukhoi Su-25, Su-25, Su-30 e Su-34 dislocati nella base di Latakya con una ventina di elicotteri MI-8/17 e Mi-24 da attacco.

(con fonte AGI)

Foto: AP, Anadolu, RT, Aeronautica Russa

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