Lo “scudo” Nato in Europa che fa infuriare Mosca

Da Il Sole 24.com ore del 16 maggio

Nella “guerra ibrida” in corso ormai da due anni tra la Russia e una parte dell’Alleanza Atlantica, l’inaugurazione della base rumena di Desevelu che ospita una parte dello “scudo antimissile” statunitense in Europa ha costituito un buon pretesto per rispolverare i toni da guerra fredda.

Attribuire il confronto con Mosca a una sola parte della Nato potrebbe far sorridere ma è ormai sempre più evidente la spaccatura in atto in un’Alleanza Atlantica che sembra ormai ridotta ad appendice del Pentagono, che definisce la Russia come la principale minaccia per gli Stati Uniti e i suoi alleati.

Valutazione non condivisa da importanti membri dell’alleanza quali soprattutto Italia, Germania e Francia che vorrebbero una decisa distensione con Mosca e considerano il jihadismo islamico la principale minaccia per la nostra sicurezza.

Questi partner della Nato sembrano però oggi ridotti al ruolo di comparse, in un’alleanza che ormai esprime solo il punto di vista degli anglo-americani e di alcuni partner dell’Est europeo, la cui tradizionale paura dei russi viene nutrita con la promessa di rafforzamenti militari statunitensi lungo la nuova “Cortina di ferro”.

Uno squilibrio quello imposto da Washington, aspramente criticato nei giorni scorsi anche dal generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’aeronautica italiana per il quale «sarebbe ora che la Nato pensasse seriamente a irrobustire le sue capacità per battere il terrorismo anziché far credere al mondo che il nemico sia la Russia».

Concepito negli anni 90 per difendere l’Europa dalla minaccia dei missili balistici iraniani sviluppati insieme al programma nucleare con il supporto della Corea del Nord, lo “scudo antimissile” è da sempre considerato a Mosca una minaccia diretta.

Strutturato su un radar di scoperta precoce in Turchia, due basi guida-missili in Polonia e Romania più le batterie di intercettori basati sulle navi nel Mediterraneo «il sistema anti missile della Nato non può abbattere missili intercontinentali russi», come ha ribadito il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

Mosca in realtà non teme che i 48 intercettori Standard SM-3 dislocati a Desevelu e presto anche nella base polacca di Redzikowo (a due passi dall’énclave russa di Kaliningrad) possano fermare i suoi arsenali di missili intercontinentali.

Il Cremlino è invece consapevole che i radar e i missili statunitensi con gittata di 700 chilometri possono esplorare in profondità lo spazio aereo russo e potenzialmente colpirvi obiettivi. e che i lanciatori vertuvcali Mk-41 (gli stessi imbarcati sulle unità Aegis della Us Navy) possano impiegare anche missili da crociera Tomahawk con testate nucleari in violazione vdel Trattato INF del 1987 che ha vietato il dispiegamento in Europa di missili balistici a medio raggio  e da crociera basati a terra.

Timori non poi così difficili da comprendere se teniamo conto quali dure reazioni abbia provocato a Washington, nella Nato e in Turchia l’impiego dei missili da crociera Kalybr lanciati sulla Siria dalle corvette russe della Flottuglia del Mar Caspio o lo schieramento in Siria del sistema di difesa aerea russo S-400, che non ha certo le prestazioni dello “scudo” Nato ma da Latakya è in grado di monitorare e intercettare ogni bersaglio volante in tutto il Sud della Turchia e nel Mediterraneo Orientale.

Addurre oggi il pretesto che occorre spendere 1,5 miliardi di euro nelle basi rumena e polacca per difendere l’Europa dai missili di Teheran suona poi quasi ridicolo, specie dopo che gli Usa per primi hanno voluto l’accordo con l’Iran sul programma atomico e in un contesto in cui la crescente presenza di intercettori contro i missili balistici a bordo delle navi statunitensi e Nato offre già una buona deterrenza.

All’inaugurazione della base di Desevelu, il presidente romeno Klaus Iohannis ha auspicato una «presenza navale permanente della Nato nel Mar Nero» ma non certo per contenere la minaccia iraniana.

Del resto proprio in questi giorni Londra e Washington non hanno esitato a punzecchiare Mosca anche al di fuori del contesto della NATO inviando 800 militari ad addestrarsi in Georgia, a ridosso dei confini meridionali russi.

La Nato ha congelato la richiesta di adesione di Tbilisi che, come quella di Kiev, farebbe infuriare Mosca, ma il presidente georgiano Giorgi Margvelashvili, salutando l’arrivo delle truppe anglo-americane, non ha perso l’occasione per ribadire che «la Georgia diventerà sicuramente un membro della Nato perché è necessario per un mondo più stabile e pacifico».

Foto: Cremlino, AP, RFE/RL e US Navy

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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