Un “cane pazzo” al Pentagono, se il Congresso vorrà

Il neopresidente Donald Trump ha confermato ufficialmente il 7 dicembre la decisione di nominare il generale dei marines James Mattis alla guida del Pentagono durante una manifestazione a Fayetteville, North Carolina, a due passi dalla “casa” delle forze speciali dell’US Army di Fort Bragg. “Dobbiamo trovare una persona giusta per guidare il nostro Dipartimento della Difesa” ha detto ai suoi sostenitori.

“Questo è il motivo per cui sono orgoglioso di annunciare ufficialmente oggi la mia intenzione di nominare il generale James “Mad Dog” Mattis come prossimo segretario alla Difesa”. Trump ha descritto il generale, andato anticipatamente in pensione dopo aver indossato per 44 anni l’uniforme dei marines, come “uno dei generali più efficienti che abbiamo avuto in molti, molti decenni e il popolo americano è fortunato ad avere questo personaggio”. Mattis ha ringraziato Trump per la fiducia in lui e per la possibilità di tornare a occuparsi delle truppe americane.

“Se James ‘cane pazzo’ Mattis non otterrà la deroga” del Congresso per diventare il capo del Pentagono “ci sarà un sacco di gente arrabbiata: è una scelta talmente popolare” h detto Trump praticamente minacciando i parlamentari che potrebbero fare ostruzionismo sulla nomina di Mattis come ministro della Difesa. L’ex generale, veterano dei conflitti afghano e iracheno, ha lasciato il servizio nel 2013 (Obama lo rimosse dal vertice del Central Command per le sue posizioni incompatibili con quelle della Casa Bianca circa la guerra in Afghanistan e l’ostilità nei confronti dell’Iran) e avrà bisogno di una dispensa ad hoc da parte del Congresso per servire nell’amministrazione di Trump perché una legge federale vieta ai militari andati in pensione da meno di 7 anni di guidare il Pentagono.

Come accadde nel 1947, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, per il generale George C. Marshall, nominato segretario di Stato di Harry Truman e poi, dal 1950 al 1953 Segretario alla Difesa durante la Guerra di Corea.
I democratici hanno reclamato un ampio dibattito sul via libera a Mattis ma la nomina dovrebbe essere scontata, salvo ostruzionismi da parte degli stessi parlamentari del Partito Repubblicano che detiene la maggioranza al Congresso.

La “macchia” afghana

Più delle rivalità politiche potrebbe essere una macchia nella carriera di Mattis a creare qualche titubanza anche tra i congressmen repubblicani, tradizionalmente molto vicini alle forze armate.

legendary-general-james-mattis-just-gave-one-of-the-best-talks-on-middle-east-policy-weve-ever-seenNel 2001, durante l’avvio dell’operazione Enduring Freedom, non inviò i suoi elicotteri in soccorso di un unità delle forze speciali dopo che questi erano stati colpiti da fuoco amico in Afghanistan. La storia, già’ raccontata nel 2011 dal New York Times, è stata rilanciata il 2 dicembre dalla rete Nbc, grazie al libro “The Only Thing To Die For” (La sola cosa per cui valga la pena morire) scritto da Eric Blehm in cui veniva denunciata l’indifferenza di Mattis. Il 5 dicembre 2001 – la guerra contro i talebani era iniziata ad ottobre – un plotone di Berretti Verdi stava scortando il futuro presidente afghano Hamid Karzai, quando venne colpita per errore da una “bomba intelligente” sparata dai loro stessi commilitoni. Due soldati morirono sul colpo ed un terzo, un ufficiale, rimase gravemente ferito e morì in seguito.

Mattis, all’epoca generale di brigata che comandava un’unità dei Marine nelle vicinanze rifiutò ripetutamente di inviare elicotteri per trarre in salvo i Berretti Verdi colpiti dal fuoco amico. Elicotteri che si trovavano a soli 45 minuti di volo dal luogo della tragedia. L’allora capitano Jason Amerine, membro delle Forze Speciali, oggi tenente-colonnello, che era a capo dei Berretti Verdi che scortavano Karzai, accusò’ all’epoca Mattis di “aver tradito il suo dovere, abbandonando i suoi uomini a morire durante le ore decisive (per l’intervento) quando avremmo potuto salvarli”.

Alla fine fu il comando aereo delle forze speciali in Pakistan, a ben 3 ore di distanza dal luogo dell’episodio di fuoco amico, ad inviare elicotteri per recuperare i Berretti Verdi, Amerine e tre afghani feriti. All’epoca l’accusa non fu oggetto di inchiesta ma ora che la ratifica della nomina di Mattis sarà esaminata dal Senato, tornerà fuori. No comment sull’argomento dal Transition Team” di Trump ne’ dallo stesso Mattis

Le “frasi celebri”

“Grazie presidente eletto per la fiducia dimostrata…grazie per l’opportunità di tornare con le truppe, ha detto Mattis, sul palco con Trump. “Sono ansioso di diventare un leader civile – ha aggiunto – se il Congresso mi concederà la deroga”.

james-mattis-reutersSoprannominato “cane pazzo” ma anche “monaco guerriero” per la sua visione da “templare”, quasi sacra della guerra, Mattis è noto (e criticato in molti ambienti vicini all’Amministrazione Obama e al Partito Democratico) per le frasi disinvolte, politicamente scorrette e apertamente provocatorie che hanno costellato i suoi recenti incarichi di comando. Eccone alcune che hanno fatto scalpore.
In un panel tenuto a San Diego (California) nel 2005, Mattis fu così esplicito che il suo allora comandante fece capire che avrebbe dovuto scegliere le sue parole con maggiore attenzione.

“Si va in Afghanistan, dove ci sono uomini che menano donne per cinque anni solo perché non hanno indossato un velo. A uomini come quelli non è rimasto nulla di umano. Quindi combatterli e sparargli addosso è divertente, una vera goduria”.

Per motivare i marines nella base aerea a Ayn al-Asad (Iraq), il generale disse: “La prima volta che fai saltare in aria qualcuno non è un evento insignificante. Detto questo, ci sono degli stronzi in giro per il mondo che hanno bisogno di beccarsi una pallottola”.

Ai leader tribali in Iraq pare abbia detto: “Vengo in pace. Non ho portato artiglieria ma vi imploro con le lacrime agli occhi: se mi prendete per i fondelli, vi ucciderò tutti”.

“Bisogna essere educati con tutti, professionali, ma con sempre in mente un piano per uccidere chiunque incontri”.

“C’è qualcuno che pensa sia necessario odiare per sparare a qualcun altro. Non credo che esista questa necessità”.

Modesto da ammettere che “mi danno il merito di un sacco di cose che non ho fatto”, Mattis si è espresso circa lo standard dei briefing militari dicendosi convinto che “Powerpoint ci rincoglionisce tutti”. Frase condivisa da un altro generale “silurato” da Barack Obama, Stanley McChrystal dell’US Army, che definì le due ore di briefing mattutini in Powerpoint l’aspetto più pesante del comando.

Sul campo di battaglia consiglia: “Togli la sicura al cervello prima di toglierla al fucile” ma ammette che “non c’è nulla di meglio che essere mancati da un colpo di arma da fuoco. E’ davvero bello”.

Circa la minaccia terroristica ha evidenziato pacatamente che “in un paese in cui ci sono milioni di persone e macchine che vanno da tutte le parti, il nemico ogni tanto sale su un’autobomba”.

Foto: Reuters, AP e Business Insider

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