Siria: raid simbolici per salvare la faccia (aggiornato)

Solo poche ore fa Analisi Difesa aveva titolato che l’ipotesi di una “cauta escalation” in Siria era la più probabile dopo le dichiarazioni roboanti di Trump e Macron dei giorni scorsi contro il regime di Assad e i suoi alleati Russia e Iran . L’attacco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia contro la Siria per punire l’uso di armi chimiche contro i civili da parte di Assad (ancora tutto da provare) è infatti scattato questa notte intorno alle 4 e, come previsto, ha avuto un valore soprattutto simbolico.

Donald Trump in diretta tv ha annunciato l’attacco sottolineando la necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad in contemporanea con il lancio dei missili Tomahawk .

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“La linea rossa fissata dalla Francia nel maggio del 2017 è stata superata. Quindi ho ordinato alle forze armate francesi di intervenire questa notte, nell’ambito di un’operazione internazionale congiunta con gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito e diretta contro arsenali chimici clandestini del regime siriano” ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron, twittando la foto del momento in cui ha ordinato l’attacco.

“Non c”erano alternative praticabili all’uso della forza per degradare e dissuadere dal ricorso alle armi chimiche il regime siriano” ha detto il premier britannico Theresa May aggiungendo che “non stiamo intervenendo nella guerra civile, non si tratta del cambio di regime”, ha precisato la May, che ha descritto i raid come “un attacco limitato e mirato”.

 

Le operazioni (aggiornato alle ore 17,00 del 18 aprile)

Subito dopo il blitz fonti del Pentagono hanno riferito del lancio di 120 missili, Mosca parlava di “oltre 100 missili lanciati contro obiettivi militari e civili in Siria da navi e velivoli statunitensi, britanniche e francesi”. Il ministero della Difesa russo aveva già precisato che nessuno missile è entrato all’interno delle “bolle” protette dalle difese aeree russe che sono situate intorno alle basi di Hmeymin e Tartus. Sempre secondo Mosca la difesa aerea siriana ha intercettato tutti i 12 missili cruise che erano stati lanciati contro l’aeroporto militare di Dumayr.

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I russi sostengono inoltre di non aver attivato i loro sistemi di difesa aerea dislocati in Siria precisando che i raid di Usa, Gran Bretagna e Francia “sono stati contrastati unicamente dai sistemi antimissilistici siriani recentemente ammodernati da Mosca) S-125, S-200, Buk e Kvadrat” cbhe avrebbero distrutto 71 dei 103 missili lanciati dagli alleati come ha riferito il responsabile del dipartimento delle operazioni dello Stato maggiore russo, Sergei Rudskoi, citato dalla Tass.

L’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus, ong con sede a Londra vicina ai ribelli) ha riferito di “più di 65 missili intercettati” dalle difese aeree siriane Secondo lo Stato maggiore siriano la difesa aerea è riuscita ad abbattere la maggior parte dei 110 missili lanciati anche se in precedenza fonti del regime di Damasco avevano riferito alla Reuters che contro la Siria “sono stati lanciati circa 30 missili, un terzo dei quali sono stati abbattuti”.

Il Pentagono ha successivamente reso noto che nessuno dei 105 missili da crociera impiegati dagli alleati (due in più di quelli registrati dai russi e quasi il doppio dei 58 impiegati esattamente un anno or sono dagli statunitensi contro la base aerea siriana di Sharyat) è stato abbattuto dai 45 missili lanciati dalla difesa aerea siriana mentre le immagini dei bersagli mostrano la loro totale distruzione.

Gli statunitensi hanno lanciato dal mare 66 missili da crociera Tomahawk: 37 partiti da un incrociatore classe Ticonderoga (USS Monterey) e un cacciatorpediniere classe Arleigh Burke (USS Laboon) dislocati nel Mar Rosso e 23 da un altro cacciatorpediniere classe Burke (USS Higghins) in navigazione nel Golfo Persico. Altri 6 Tomahawk li ha lanciati dal Mediterraneo orientale il sottomarino USS Warner, della classe Virginia

Altri 19 missili da crociera del tipo Jassm ER (al primo impiego bellico) sono stati lanciati da due bombardieri B-1,  decollati dalla base di al-Udeid in Qatar (scortati fa caccia F-15c ed F-16C)  portando a 85 il numero di ordigni lanciati sulla Siria dalle forze statunitensi.

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Dodici i missili impiegati dai francesi, 3 dei quali lanciati da una fregata tipo FREMM (la Languedoc) che ha impiegato gli Scalp Naval (anch’essi al loro battesimo del fuoco) mentre 5 cacciabombardieri Rafale decollati dal suolo francese con la scorta di 4 Mirage 2000 hanno lanciato 9 missili da crociera Scalp/Storm Shadow, gli stessi impiegati dai 4 cacciabombardieri britannici decollati dalla base cipriota di Akrotiry, scortati da altrettanti Typhoon FGR4, che hanno lanciato 8 ordigni.

Gli anglo-francesi, che hanno quindi contribuito con oltre il 20 per cento delle armi impiegate, hanno colpito solo gli obiettivi intorno ad Homs.

Tre gli obiettivi specifici ai quali ha mirato l’attacco sferrato dagli Usa alle 21 ora di Washington, tutti associati con il potenziale chimiche siriano. Bersagliati a Damasco il centro per gli studi scientifici, due siti di stoccaggio per armi chimiche nell’area di Homs, un vicino posto di comando e, secondo Mosca, anche la base aerea di Dumayr.

Secondo l’Ondus le installazioni prese di mira sarebbero in totale almeno cinque e includerebbero depositi logistici della Quarta divisione della Guardia Repubblica siriana nella base aerea di Mezzeh e nell’area di Kiswah, a sud della capitale.

Soprattutto il secondo obiettivo suscita perplessità. Possibile che il deposito di armi chimiche fisse vuoto e del resto gli stessi americani annunciarono nel 2014 che il regime di Assad aveva consegnato tutte le armi chimiche a sua disposizione. In caso contrario risulta incredibile che sia stato attaccato un deposito di armi del genere col rischio di disperderle nell’ambiente provocando un numero imprevedibile di vittime.

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Un attacco dal valore simbolico quindi, come quello dell’aprile dello scorso anno scontro la base aerea di Shayrat. Anche oggi la Russia è stata avvertita in anticipo dell’attacco imminente, come ha reso noto il ministro della difesa francese, Florence Parly.

Dettaglio che sembra confermare le notizie diffuse ieri di fitti scambi di comunicazioni tra il la Coalizione a guida Usa e il comando russo in Siria ma non confermato dopo il blitz dal capo di Stato maggiore delle forze armate americane, generale Joseph Dunford, il quale sostiene che Washington non ha avvertito in anticipo il governo russo degli attacchi, né ha comunicato gli obiettivi nel mirino.

Rispondendo a una domanda specifica, nel corso di una conferenza stampa a Downing Street, anche  il premier britannico  Theresa May ha negato che vi siano stati contatti preventivi con Mosca sull’attacco di stanotte, almeno da parte del suo Paese:

Le prime notizie sulle vittime siriane, a quanto sembra per ora limitate a una decina di feriti, inducono a ritenere che si sua trattato di una “ammuina” con cui i leader anglo-franco-americani hanno tentato di salvare la faccia dopo essersi esposti promettendo rappresaglie contro il regime di Damasco per un impiego di armi chimiche ancora tutto da provare.

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Fonti russe a Douma riferiscono si sia trattato di una montatura organizzata con un vero set cinematografico dietro cui si nasconderebbe l’iniziativa dei servizi segreti di Londra. Parigi sostiene invece di avere prove delle responsabilità di Damasco ma non le ha mostrate mentre lo stesso segretario alla Difesa aveva ammesso ieri di non disporre di prove concrete per accusare Assad e che gli elementi disponibili erano stati raccolti sui social media.

Gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) sono in arrivo a Douma e inizieranno a effettuare rilievi, il fatto che il blitz degli alleati sia scattato poche ore prima dell’arrivo dei tecnici e, non dopo il rapporto dell’Opac, sembra confermare l’assenza di “pistole fumanti” concrete nelle mani degli occidentali.

Nella serata di sabato un altro attacco (forse israeliano) ha provocato  almeno 20 morti a sud di Aleppo in una base di miliziani iraniani, Hezbollah libanesi e milizie scite afghane alleati di Assad. Secondo la Cnn Turca e i media israeliani, è stata colpita una base militare iraniana. Alcune fonti, hanno identificato i caccia che hanno sorvolato l’area, nella regione di Jabal Azzan, come aerei da combattimento israeliani. Da Israele non è arrivato alcun commento. Fonti dei media di Hezbollah hanno smentito le notizie e hanno affermato che le esplosioni sul sito sono state causate dallo scoppio di esplosivi all’interno del magazzino.

Le reazioni

“Ci può essere solo una valutazione politica: questa è una flagrante violazione del diritto internazionale e un attacco contro uno stato sovrano senza alcuna ragione adeguata” ha detto Konstantin Kosachev, presidente della commissione Affari Internazionali del Senato russo. “Con un alto grado di probabilità, questo è un tentativo di creare difficoltà per la missione Opac, che sta iniziando il suo lavoro a Duma, o di farla saltare del tutto” ha aggiunto alla Tass.

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“Per ora è un attacco una tantum che ritengo abbia inviato un messaggio molto forte” al presidente siriano Bashar al Assad, tale da dissuaderlo rispetto all’utilizzo di armi chimiche”, ha detto il Segretario alla Difesa James Mattis. Il generale Usa ha avvertito tuttavia che se Assad decidesse di utilizzare ancora una volta il gas, le nazioni che hanno firmato la Convenzione contro la armi chimiche avranno tutto il diritto di intervenire.

L’attacco contro la Siria di Usa, Francia e Gran Bretagna è stata “operazione legittima, proporzionata e mirata” ha sostenuto il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, poiché l’uso delle armi chimiche “viola il diritto internazionale ed è inaccettabile”

Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dato il suo sostegno al bombardamento dei Stati Uniti, Francia e Regno Unito contro la Siria in risposta ai presunti attacchi chimici da parte del regime di Bashar al Assad. “Sostengo le azioni intraprese dagli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia: questo consentirà di ridurre la capacità del regime di riattaccare il popolo della Siria con armi chimiche”, ha detto Stoltenberg in una dichiarazione. Ankara ha definito i raid alleati “adeguati”, mentre per il governo israeliano sono “giustificati”.

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La prima risposta di Mosca, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l’annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti: “Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze”, ha detto l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov.

La prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell’operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati.

L’Iran avverte che ci saranno “conseguenze regionali” dopo i raid condotti da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro obiettivi del regime di Damasco, raid che condanna “fortemente”. Secondo quanto si legge sul canale Telegram del portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, “gli Stati Uniti ed i loro alleati, senza alcuna prova e prima anche di una presa di posizione dell”Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), hanno condotto questa operazione militare contro la Siria e sono responsabili delle conseguenze regionali di questa azione avventurista”.

@GianandreaGaian

Foto: SANA, US.Dod, UK MoD e Jweb

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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