Ad affondare la UE più del sovranismo provvederà la grandeur franco-tedesca

A dare il colpo di grazie a un’Unione Europea moribonda non sarà il tanto vituperato sovranismo espresso dai partiti cosiddetti populisti ma “l’egemonia” franco tedesca ricostituita solennememte sul Trattato di Acquisgrana, capitale 1200 anni or sono del Sacro Romano Impero di Carlo Magno. Un luogo simbolico per ricordare la base storica che vide i due popoli uniti prima di secoli di dure e bellicose rivalità. Una città che nel 1945 gli anglo-americani vollero liberare subito dopo aver attraversato il Reno ed essere entrati in Germania e che, proprio per il suo valore simbolico, i tedeschi difesero metro per metro con ostinata fierezza.

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I contenuti del trattato firmato da Angela Merkel ed Emmanuel Marcon indicano chiaramente che l’accordo rappresenta la cerimonia funebre per l’Europa, o almeno per quell’Unione di popoli e nazioni libere e uguali che finora gli europeisti, anche in Italia, si sono ostinati a propagandare come valore assoluto da difendere davanti all’avanzare dei nazionalismi e dei sovranismi

Al di là delle frasi di circostanza del preambolo, i punti salienti dell’intesa franco-tedesca sono però inequivocabili.

Parigi e Berlino “promuovono una politica estera e di sicurezza comune efficace e forte e rafforzano e approfondiscono l’unione economica e monetaria. Essi si sforzano di completare il mercato unico e si adoperano per costruire un’Unione competitiva, basata su una solida base industriale, che funge da base per la prosperità, promuovendo la convergenza economica, fiscale e sociale e la sostenibilità in tutte le sue dimensioni”.

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Di fatto si impegnano ad assorbire economie e capacità produttive dei partner Ue grazie a una massa critica composta da oltre 140 milioni di abitanti (quanto la Russia) con un PIL più che triplo di quello dell’Italia.

Francia e Germania potenzieranno la “difesa europea”, cioè la loro: hanno già integrato le rispettive industrie militari aeree e terrestri e presto forse anche quelle navali (a spese dell’Italia e di Fincantieri?), hanno già varato programmi congiunti per nuovi cacciabombardieri, carri armati, veicoli corazzati e artiglierie. Progetti a cui i partner Ue potranno accodarsi come semplici clienti a conferma che anni di chiacchiere sulla difesa europea sono serviti solo a cementare gli apparati industriali franco tedeschi permettendo loro di esprimere oggi una leadership indiscussa e imposta con arroganza a un’Europa che oggi più che mai appare come il retrobottega dell’asse “imperiale” Parigi Berlino.

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Che Francia e Germania vogliano unirsi per raddoppiare la loro potenza lo dimostra l’impegno ad attribuire a Berlino un seggio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

A Bruxelles qualcuno ci è rimasto male, incluso il premier italiano Giuseppe Conte: il seggio con potere di veto lo vorrebbe avere la Ue, che però in termini geopolitici non esiste, se non come propaggine dell’asse franco-tedesco.

“I due Stati, convinti che i loro interessi in materia di sicurezza non possono essere separati…..agiscono congiuntamente ogniqualvolta possibile, conformemente alle rispettive norme nazionali, per mantenere la pace e la sicurezza. Essi continuano a sviluppare l’efficacia, la coerenza e la credibilità dell’Europa in campo militare” si legge nel trattato in cui di fatto Merkel e Macron affermano che “l’Europa siamo noi”.

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In termini militari inoltre, le idee espresse sono molte precise laddove i due Stati si dichiarano “a favore di una cooperazione quanto più stretta possibile tra le loro industrie della difesa, basata sulla fiducia reciproca” affermando che “svilupperanno un approccio comune alle esportazioni di armi per quanto riguarda i progetti comuni” e “creano un’unità comune per le operazioni di stabilizzazione nei paesi terzi”.

Un passaggio che spiega meglio l’istituzione, nei mesi scorsi, di ma forza militare congiunta non legata alla Ue, promossa da Parigi per la gestione delle crisi.

Per togliere ogni dubbio circa il “convinto europeismo” di Macron e Merkel vale la pena notare che il trattato istituisce il “Consiglio franco-tedesco per la difesa e la sicurezza quale organo politico per orientare questi impegni reciproci che si riunirà al più alto livello a intervalli regolari”. Non un organismo Ue quindi ma uno bilaterale deciderà della difesa e sicurezza dell’Europa.

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Piena condivisione e convergenza anche della politica estera e della diplomazia dei due Stati mentre si farà più intensa anche la cooperazione poliziesco-giudiziaria sul fronte della sicurezza interna.

Tema quanto mai delicato e inquietante in questo periodo, tenuto conto della durissima repressione attuata in Francia contro il movimento dei “gilet gialli” (quasi del tutto ignorata dai media europei) mentre in Germania i servizi di sicurezza interna sembrano più preoccupati dal successo elettorale di Alternative fur Deutscheland (che in diversi a Berlino vorrebbero mettere fuorilegge) che dal terrorismo islamico e dal dilagare dei crimini compiuti da immigrati islamici.

Difficile quindi non notare che il Trattato di Aquisgrana viene firmato da due governi che cercano in ogni modo di reprimere le sempre più vaste contestazioni interne mentre non a caso i “gilet gialli” sono apparsi anche in alcune città tedesche.

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In conclusione il nuovo trattato tra Parigi e Berlino rappresenta una svolta nella lunga agonia dell’Unione ma lo stupore per i suoi contenuti è ammissibile solo per gli ingenui o per chi, in malafede, operando anche in Italia per gli interessi franco-tedeschi (un tempo si diceva “Franza o Spagna purchè se magna”), poteva sostenere la teoria che in Europa fossimo tutti uguali come gli inquilini di un condominio.

Bastava notare le disparità di trattamento ricevuta dai singoli Stati in tema di rispetto delle regole sui bilanci finanziari (il debito italiano al 2,4% del PIL è un problema a differenza di quello francese da anni oltre il 3%, solo per fare un esempio) per capire che la Ue assomiglia in realtà alla fattoria degli animali orwelliana, dove “tutti sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”.

Eppure il trattamento riservato alla Grecia in questi anni o all’Italia nel 2011 e in questi ultimi mesi avrebbero dovuto aprire gli occhi circa il fatto che l’Unione Europea è solo una palestra in cui le potenze europee mostrano i muscoli ed esprimono la loro leadership e la capacità di influenzare, condizionare e assimilare gli altri Stati.

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Del resto di “Europa unita” basata sull’imperialismo francese o tedesco ne abbiamo già vista più di una. L’impresa riuscì per qualche anno a Napoleone e più tardi ad Hitler mentre meno fortuna ebbe il kaiser Gugliemo.

Resta da chiedersi se e quanto possa reggere un progetto di integrazione tra due popoli così tradizionalmente rivali come tedeschi e francesi anche se per ora la forza finanziaria ed economica tedesca combinata con la capacità militare e nucleare di Parigi (con potere di veto all’ONU) contribuiscono a diffondere l’impressione che ad Aquisgrana sia nata una grande potenza.

Difficile però dire quanto questa impressione possa consolidarsi e sia condivisa anche dai due popoli oltre che dalle traballanti (in termini di credibilità e di consensi) élite governative di Parigi e Berlino. Del resto anche questo trattato, come quelli della Ue che impongono cessioni di sovranità, non sono passati al vaglio di ratifiche popolari.

@GianandreaGaian

Foto: Eliseo, Governo Tedesco, Ansa

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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