I soccorsi nella SaR libica dopo il caso “Cigala Fulgosi”

Strano Paese l’Italia, dove nulla, sul piano giuridico, è mai prevedibile e lineare. L’ultimo esempio lo abbiamo avuto col caso della Nave della Marina Militare “Cigala Fulgosi”

che lo scorso 9 maggio è intervenuta a salvare, trovandosi nelle vicinanze, un gruppo di migranti trasportati da un’imbarcazione in procinto d’affondare.

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Il “Cigala Fulgosi” era sul posto, a circa 40 miglia dalla costa libica e, quindi, nella porzione di acque internazionali della zona Sar di Tripoli, mentre svolgeva la sua missione di protezione degli interessi nazionali nell’ambito dell’Operazione Mare Sicuro.

La nostra Unità avrebbe potuto con difficoltà allontanarsi dal teatro d’operazioni stante l’esigenza di assicurarne una sorveglianza continua. Proprio per questo ci saremmo aspettati una richiesta di intervento alla Guardia costiera libica, competente nella propria Sar, da noi assistita nell’ambito dei progetti finanziati dall’Ue e della cooperazione bilaterale, ed addestrata anche da Eunavformed Sophia (che, pur avendo interrotto le attività navali, ha conservato questa funzione).

Ma l’evento Sar ha avuto un esito imprevisto: il “Cigala Fulgosi” ha trasbordato i migranti su Nave “Stromboli” ed il nostro rifornitore li ha trasportati ad Augusta dove sono stati fatti sbarcare, previa una generica disponibilità di alcuni Paesi Ue ad accoglierli.

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Come mai la Difesa ha scelto una simile soluzione disattendendo le direttive dell’Interno che, per evitare l’operato di Ong accusate di favoreggiamento dell’immigrazione con il trasporto in Italia delle persone salvate, riaffermano invece la competenza esclusiva della Libia a svolgere attività di soccorso nella sua zona Sar?

Alla base c’è questione della Libia non considerata “luogo sicuro” in cui non sarebbe possibile sbarcare i migranti salvati violando il noto principio di “non respingimento” stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 1951.

L’Italia è difatti stata già condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) nel 2012 per i “respingimenti” operati nel 2009, in applicazione degli accordi stipulati con la Libia di Gheddafi.

Libya Coast Guard

Il caso giudicato dalla CEDU riguardava il trasporto in Libia, da parte di nostre Unità della Guardia di Finanza e della Guardia costiera, di migranti salvati nella Sar maltese a 35 miglia. a sud di Lampedusa.

Al nostro Paese fu addebitata la violazione della Convenzione EDU e dei principi di tutela dei rifugiati disciplinati dalla Convenzione di Ginevra del 1951 per aver esercitato giurisdizione extraterritoriale, tramite i proprio personale militare, sui migranti imbarcati sulle Unità di soccorso.

Presupposto della giurisdizione extraterritoriale che giustifica la competenza della CEDU è che a commettere violazioni della CEDU siano rappresentanti ufficiali di uno Stato.

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Ecco spiegato dunque il perché della decisione della Difesa di far sbarcare in Italia le persone salvate dal “Cigala Fulgosi”, proprio per non incappare in un Caso Hirsi bis, stante l’orientamento della CEDU a considerare la Libia luogo non sicuro ai fini della tutela delle persone aventi titolo a protezione internazionale.

In aggiunta, bisogna mettere in conto che la nostra magistratura avrebbe potuto aprire indagini sulla catena militare coinvolta in ipotetici reati connessi al trasporto in Libia di persone non consenzienti.

Se così è, si configura tuttavia una dicotomia tra il soccorso prestato nella Sar libica da soggetti privati (ma non dimentichiamo il caso del rimorchiatore “Asso 28”) e quello delle Unità militari che andrebbe superata nell’emanando decreto sicurezza bis.

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In questo testo si obbligano tutte le “navi” (siano essere mercantili che militari, quindi) a rispettare la competenza Sar del Paese costiero in cui sia avvenuto il soccorso di imbarcazioni adibite al trasporto irregolare di migranti. La nuova normativa ha carattere generale per impedire la commissione di reati di favoreggiamento, ma in realtà è volta a confermare la competenza libica, sanzionando le condotte che la violino.

Per evitare un doppio regime che finirebbe per penalizzare proprio le unità militari la cui attività risulterebbe paradossalmente contrastare con le attività di assistenza prestata alla Guardia costiera libica, sarebbe necessario chiarire il punto nel testo del decreto Sicurezza-bis.

 

E' Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo. Membro del CeSMar, è autore di vari scritti in materia, tra cui "Glossario del Diritto del Mare" (Rivista Marittima, V ed., 2020) disponibile in http://www.marina.difesa.it/media-cultura/.

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