Mar Cinese Meridionale: portaerei che va, portaerei che viene

 

 

La Cina rivendica quasi tutto il Mar Cinese Meridionale, circa 1,3 milioni di miglia quadrate, attraverso il quale ogni anno transitano circa 5 trilioni di dollari di merci e si oppone regolarmente a qualsiasi azione di presenza militare degli Stati Uniti nella regione, denunciando la presenza di navi da guerra straniere come fonte delle tensioni nella regione.

La Cina afferma che la sua pretesa sul mare è giustificata sia dalla Convenzione sul diritto del mare che dalla cosiddetta linea dei “nove trattini”. Questa linea si estende per 2.000 chilometri dalla terraferma cinese, abbracciando oltre la metà del mare. Pechino ha costruito basi militari sugli atolli corallini allo scopo di sostenere queste rivendicazioni.

Gli Stati Uniti non hanno pretese sulle acque, ma hanno schierato navi da guerra e aerei per decenni per pattugliare e promuovere la libertà di navigazione e sorvolo nel Mar Cinese Meridionale.

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I paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Australia conducono regolarmente operazioni sulla libertà di navigazione (o FONOP).

La Cina è molto irritata da questo tipo di attività da parte di navi militari straniere nel Mar Cinese Meridionale per affermare i diritti alla libertà di navigazione. Il portavoce della difesa cinese Tan Kefei, citato nel South China Morning Post nel mese di gennaio scorso aveva dichiarato:

“La Cina crede che il Mar Cinese Meridionale non dovrebbe diventare un mare di grande rivalità di potere dominato da armi e navi da guerra. La vera fonte della militarizzazione nel Mar Cinese Meridionale proviene da paesi al di fuori di questa regione che inviano le loro navi da guerra a migliaia di chilometri da casa per mostrare i muscoli. I militari cinesi adotteranno le misure necessarie per salvaguardare la propria sovranità, sicurezza e interesse allo sviluppo, nonché pace e stabilità nel Mar Cinese Meridionale”.

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In un articolo The Associated Press riporta che l’amministrazione Biden ha confermato la linea della precedente amministrazione contro quasi tutte le rivendicazioni marittime della Cina nel Mar Cinese Meridionale. L’amministrazione degli Stati Uniti ha anche avvertito Pechino che qualsiasi attacco alle Filippine produrrebbe una risposta degli Stati Uniti, prevista dal trattato di mutua difesa.

La dichiarazione del Segretario di Stato americano, Antony Blinken, è arrivata in concomitanza del quinto anniversario della sentenza del tribunale internazionale dell’Aia a favore delle Filippine contro le rivendicazioni cinesi intorno alle isole Spratly e alle vicine barriere coralline. Sentenza respinta da Pechino.

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Blinken ha accusato la Repubblica popolare cinese di continuare a “costringere e intimidire gli stati costieri del sud-est asiatico, minacciando la libertà di navigazione in questo cruciale passaggio globale”. Blinken, riferendosi a una dichiarazione del suo predecessore, Mike Pompeo ha detto: “Riaffermiamo inoltre che un attacco armato alle forze armate filippine, alle navi o agli aerei nel Mar Cinese Meridionale invocherebbe gli impegni di difesa reciproca degli Stati Uniti“.

L’articolo IV del Trattato di mutua difesa USA-Filippine del 1951 obbliga i paesi ad aiutarsi a vicenda in caso di attacco. Sebbene gli Stati Uniti rimangano neutrali nelle controversie territoriali, si sono effettivamente schierati con Brunei, Indonesia, Malesia, Filippine e Vietnam, i quali si oppongono alle affermazioni cinesi di sovranità sulle aree marittime che circondano le isole, le barriere coralline e le secche del Mar Cinese Meridionale.

Some of the highlights from the UK's Carrier Strike Group deployment so far

Nei giorni scorsi la portaerei britannica, HMS Queen Elizabeth, e il suo gruppo di attacco sono entrati nel Mar Cinese Meridionale. La portaerei e la sua scorta erano di recente a Singapore, dove hanno partecipato ad un’esercitazione con la Marina locale prima di entrare nel Mar Cinese Meridionale.

In precedenza, il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab aveva dichiarato che “è assolutamente giusto esercitare e difendere i diritti (di navigazione), dalle acque territoriali ucraine al Mar Cinese Meridionale” dopo le polemiche sulla nave da guerra britannica che ha navigato attraverso le acque territoriali ucraine rivendicate dalla Russia.

Il 13 luglio scorso, il sito del ministero della Difesa britannuico ha riportato che il segretario alla Difesa Ben Wallace e il suo omologo statunitense Lloyd Austin si sono incontrati a Washington DC per una giornata di colloqui ad alto livello su una serie di sfide alla sicurezza condivise, discutendo il partenariato per la difesa tra Regno Unito e Stati Uniti, la NATO, l’Afghanistan e il Carrier Strike Group.

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La cooperazione per la difesa tra Regno Unito e Stati Uniti è la più ampia, profonda e avanzata del mondo, che combina il più grande budget per la difesa del mondo con quello più grande in Europa.

I due ministri hanno discusso delle opportunità per approfondire ulteriormente tale partnership.

Ben Wallace e Lloyd Austin hanno anche esteso di un altro anno l’accordo esistente relativo alla cooperazione rafforzata sulle operazioni dei vettori e sulla proiezione della potenza marittima, in scadenza nel gennaio 2022.

Le forze navali britanniche del Carrier Strike Group (CSG21) navigheranno per 26.000 miglia nautiche in tutto il mondo proiettando capacità e influenza e rassicurando gli alleati con una serie di oltre 70 attività esercitazioni ed operazioni congiunte. Nel programma del gruppo di attacco è prevista la visita di 40 nazioni tra cui India, Giappone, Repubblica di Corea e Singapore.

La HMS Queen Elizabeth è la nave ammiraglia per il Carrier Strike Group 21 (CSG21), che comprende una fregata olandese e un cacciatorpediniere statunitense, imbarca F-35B del Corpo dei Marines USA, del 617 Sqadron della RAF e degli squadroni 820, 815 e 845 dell’Aviazione di Marina.

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Nel frattempo la portaerei USS Ronald Reagan si trova nel Mar Arabico (area della 5^ Flotta) per attività addestrative e di supporto al ritiro delle forze alleate dall’Afghanistan.

La USS Ronald Reagan di stanza in Giappone (7^ Flotta) e la sua forza d’attacco hanno condotto esercitazioni di guerra antisommergibile nel Mar Arabico il 15 e il 16 luglio. Secondo Stephen Bryen, editorialista dell’Asia Times e Senior Fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”, la portaerei sarebbe stata ritirata dal Pacifico apparentemente per coprire la ritirata americana dall’Afghanistan lasciando il Pacifico privo di copertura da parte di portaerei, il che sembra contravvenire alla politica degli Stati Uniti di proteggere i suoi alleati e partner regionali nella regione.

Il gruppo CSG Reagan è partito dal Giappone nel mese di maggio scorso per condurre esercitazioni con la Forza di autodifesa marittima giapponese nel Mar Cinese Meridionale prima di salpare per il Medio Oriente.

Prima di arrivare nel Mar Arabico, il convoglio si è unito alla portaerei britannica HMS Queen Elizabeth e ai suoi gruppi di attacco per un’esercitazione su larga scala nel Golfo di Aden.

Nel 2018 un’altra nave da guerra della Royal Navy, la nave per operazioni abfubie HMS Albion, aveva deliberatamente navigato vicino alle Isole contese delle Paracel, provocando una risposta rabbiosa di Pechino.

Naturalmente a Londra non sono mancate critiche alla decisione di inviare la portaerei nel Mar Cinese Meridionale. Due ex capi di stato maggiore della difesa hanno messo in dubbio la decisione di inviare il gruppo d’attacco ad oriente.

Secondo Lord Nicholas Houghton “non era necessariamente il modo migliore per cercare un accomodamento” con Pechino, mentre Lord David Richards ha affermato che la Gran Bretagna dovrebbe concentrare la sua attenzione più vicino a casa “sulla Nato e sull’area Euro-Atlantica”.

Foto Royal Navy

 

 

Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.

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