Come i profughi ucraini potrebbero cancellare inavvertitamente l’Occidente

 

 

di Daniel Pipes

da American Spectator dell’8 luglio 2022

Traduzione di Angelita La Spada

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Dopo l’invasione russa del 24 febbraio, al loro arrivo in Polonia i rifugiati ucraini si sono detti soddisfatti e hanno espresso persino stupore per la calorosa accoglienza ricevuta. “Abbiamo tutto, proprio tutto, anche troppa roba. Le persone qui sono fantastiche, davvero generose, non ci aspettavamo così tanta solidarietà.” “È incredibile quanto aiutino. Ci danno tutto quello che hanno”.

Anche i polacchi sono rimasti piacevolmente impressionati da se stessi: “Non avrei mai pensato che saremmo mai stati capaci di farlo. Nessuno sapeva che avremmo potuto mobilitarci in questo modo”. “In questa situazione critica, ci siamo raccolti e non c’è nessuno che non offra il proprio aiuto”.

I polacchi non sono stati i soli a offrire una generosa risposta ai profughi ucraini: lo hanno fatto anche bulgaridanesigreci, ungheresi, italiani, moldavi, rumenisvizzeri e altri. Un reportage pubblicato ai primi di marzo ha rilevato che “il numero di berlinesi che si sono offerti di aiutare è stato così grande che non occorre l’intervento dei volontari”.  Cipro “ha accolto calorosamente 6 mila rifugiati ucraini e ha fornito un clima freddo in modo che potessero sentirsi a casa”.

Gli americani hanno sostenuto l’immigrazione dall’Ucraina poiché non avevano accolto altri gruppi dal 1939 e i contribuenti  hanno inviato quasi un miliardo di dollari per aiutare i profughi fornendo loro alloggi, insegnamento della lingua inglese e servizi di sostegno per i traumi subiti. I giapponesi hanno aperto le loro porte agli stranieri come non hanno mai fatto prima.

Per quanto commoventi possano essere queste reazioni provenienti da tutti i lati dello spettro politico, nascondono però un sottile pericolo. I sostenitori del multiculturalismo e dei confini aperti hanno ampiamente strumentalizzato l’esempio ucraino per obiettare che qualsiasi risposta meno generosa ai migranti provenienti dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia meridionale costituisce razzismo, xenofobia o “islamofobia”. Sebbene in questo momento di particolare attenzione prestata agli ucraini ciò passi in sordina, dopo che l’attuale crisi sarà finita e gli immigrati non occidentali torneranno sotto i riflettori, quella linea di ragionamento emergerà sicuramente in maniera evidente e diventerà una forza. Ora è il momento di prepararsi per l’imminente attacco ai confini e alle leggi riconoscendo il pericolo che rappresenta e preparando una contro-argomentazione.

 

“Gli ucraini hanno sempre la precedenza”

Nell’ultimo anno, la Polonia ha reagito in modo diverso alla presenza di due grandi gruppi di immigrati sui suoi confini orientali.

Alla fine del 2021, circa 15 mila migranti, provenienti soprattutto dal Medio Oriente, sono arrivati legalmente in aereo in Bielorussia, per poi essere portati in autobus dalle autorità locali al confine polacco, incoraggiandoli o talvolta addirittura obbligandoli ad attraversarlo in modo da esercitare pressioni sull’Unione Europea. I polacchi hanno reagito ricorrendo all’uso della forza, pattugliando la zona con 13 mila addetti alla sicurezza, dispiegando cannoni ad acqua e gas lacrimogeni, droni, telecamere a infrarossi ed elicotteri. Il primo ministro polacco  Mateusz Morawiecki ha detto d’istinto che “questo confine è sacro.

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Il confine della Polonia non è solo una linea su una mappa. Generazioni di polacchi hanno versato il loro sangue per questo confine”. Il suo governo ha anche approvato una legge che gli consente non solo di ignorare le richieste di asilo dei migranti irregolari, ma anche di buttarli fuori dal Paese con la forza, più volte se necessario.

Il governo polacco  continua a respingere i presunti immigrati illegali e sta costruendo al confine con la Bielorussia un muro d’acciaio da 350 milioni di euro lungo quasi 200 chilometri e alto 5 metri e mezzo.

Solo pochi mesi dopo, Varsavia ha risposto all’invasione di Putin esattamente in modo opposto. Il giorno stesso dell’invasione, il ministro dell’Interno polacco  Mariusz Kamiński ha annunciato che “chiunque fugga dalle bombe, dai fucili russi, può contare sul sostegno dello Stato polacco”. Sebbene il numero di rifugiati ucraini coinvolti, oltre 3,5 milioni, sia oltre 200 volte superiore a quello dei migranti in Bielorussia, il governo e il popolo polacco hanno accolto con favore questa popolazione traumatizzata e si sono schierati risolutamente dalla loro parte contro Putin.

Anzi, il  governo ha consentito l’ingresso ai rifugiati privi di documenti e ha rapidamente approvato una legislazione che concede agli ucraini l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e ai viaggi gratuiti sui treni delle ferrovie statali, nonché un’indennità giornaliera ai polacchi che ospitano gli ucraini nelle loro case. Nel giro di poche settimane, la popolazione di Varsavia è aumentata di quasi il 20 per cento, ma la città ha continuato a funzionare e il tono dell’umore è rimasto alto. Un mese dopo l’inizio della guerra, la Polonia non aveva campi profughi, a causa di un’erogazione di aiuti da parte di enti di beneficenza, imprese, individui e governi locali.

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“Tutti coloro che fuggono dalle bombe di Putin sono i benvenuti in Europa” ha annunciato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Con una mossa senza precedenti, l’Unione Europea ha attivato il “meccanismo di protezione temporanea” che dà ai rifugiati ucraini il diritto di vivere e lavorare per almeno un anno e fino a tre, in tutti i 27 Paesi membri, insieme a garanzie di alloggio, assistenza sanitaria e istruzione.

L’UE ha anche escogitato un nuovo modo per gli ucraini di spendere  300 euro della loro valuta, la grivnia. Le compagnie aree, di autobus e treni hanno trasportato gratuitamente gli ucraini in Paesi più lontani per alleggerire i Paesi confinanti con l’Ucraina del carico dei profughi.

Gli immigrati non occidentali, tuttavia, raccontano una storia diversa. Affermando di essere stato cacciato dai rifugi per far posto agli ucraini, in Germania, un afgano ha rilevato che “gli ucraini sono rifugiati di prima classe e noi siamo solo di seconda classe”.

Najeeb, un interprete che in precedenza lavorava per il governo degli Stati Uniti in Afghanistan, ha chiesto: “Il popolo ucraino può andare liberamente nei Paesi europei, ma noi dove fuggiamo?” Le stesse autorità polacche che accolgono gli ucraini non “ci offrono nemmeno un bicchiere d’acqua”, ha protestato un  siriano. Gli  africani si sono lamentati del fatto che “gli ucraini hanno sempre avuto la precedenza, anche se noi africani stavamo lì per giorni, a volte tre giorni senza cibo. Tutti erano davvero esausti. Ogni volta che arrivavano gli ucraini, ci dicevano di tornare [a casa]. Ci urlavano: ‘tornatevene indietro’”.

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Le esperienze degli immigrati a Calais, in Francia, sulla Manica, hanno fornito un contrasto particolarmente vivido. Un articolo ha rilevato che “alcune ore dopo l’arrivo a Calais, [una giovane madre ucraina] e suo figlio sono stati accolti dai funzionari britannici dell’immigrazione e messi su un autobus diretto nel Regno Unito.

Anni dopo l’arrivo a Calais, [Ahmed, 41enne del Sud Sudan] è rimasto bloccato lì. “Sono europei”, ha detto Ahmed dei rifugiati ucraini, arrotolandosi le maniche della felpa con cappuccio e indicando la sua pelle. “‘L’Africa, è una cosa diversa’”.

L’articolo constata che i non europei riempiono le tendopoli mentre le autorità ospitano gli ucraini in un ostello sulla spiaggia. Un altro reportage da Calais parla di ucraini accolti dal sindaco della città e provvisti di alloggio gratuito e di un pasto a base di pollo arrosto e mousse al cioccolato, prelibatezze inimmaginabili per gli immigrati non occidentali.

 

 “Occhi azzurri e capelli biondi

Di fronte a questo divario, politici e giornalisti hanno offerto spiegazioni goffe e imbarazzanti.

L’ex vice procuratore generale dell’Ucraina David Sakvarelidze è stato il primo con il suo commento a osservare che la situazione in Ucraina è “molto emozionante per me perché vedo persone europee con occhi azzurri e capelli biondi che vengono uccise (…) ogni giorno”.

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Il premier bulgaro Kiril Petkov ha osservato che gli ucraini “sono europei”, aggiungendo che “queste persone sono intelligenti, sono persone istruite. (…) Questa non è l’ondata di profughi a cui siamo stati abituati, persone di cui non eravamo sicuri della loro identità, persone con un passato poco chiaro, che avrebbero potuto essere anche dei terroristi. In altre parole, ora non c’è un solo Paese europeo che non abbia paura dell’attuale ondata di profughi”.

Anche il ministro greco per le Migrazioni Notis Mitarachi ha rilevato una “grande differenza” tra gli ucraini che arrivano in Grecia e i migranti che provengono da più lontano: “I profughi ucraini stanno vivendo la guerra in un Paese che confina con l’Unione Europea”, mentre molti altri migranti entrano nel blocco “illegalmente” e “7 su 10 [di questi ultimi] non sono considerati rifugiati” dal governo greco.

Un portavoce di  Éric Zemmour, allora candidato alle presidenziali francesi, focalizzando  l’attenzione sull’esclusione dei migranti musulmani, ha spiegato che Zemmour “fa differenza tra i profughi europei e cristiani come gli ucraini e i migranti economici provenienti dal mondo arabo-musulmano”.

I giornalisti si sono lanciati su questo tema implicito della superiorità europea:

  • Secondo Charlie D’Agata, corrispondente estero senior di CBS News, Kiev “non è un luogo, con tutto il rispetto, come l’Iraq o l’Afghanistan, che hanno visto infuriare conflitti per decenni. Questo è un luogo relativamente civile, relativamente europeo, devo scegliere attentamente anche queste parole, è una città, in cui non te lo aspetteresti o speri che accada”.
  • Daniel Hannan, un importante giornalista britannico, ha affermato: “Sembrano così simili a noi. Questo è ciò che lo rende così sconcertante. L’Ucraina è un Paese europeo. La sua popolazione guarda Netflix e ha account Instagram, vota alle libere elezioni e legge giornali senza censure. La guerra non è più qualcosa che riguarda popolazioni povere e lontane. Può succedere a chiunque”.
  • Lucy Watson, reporter di ITV, ha asserito: “Ora è successo loro l’impensabile. E questa non è una nazione in via di sviluppo, del Terzo Mondo; questa è l’Europa!”
  • Peter Dobbie, un conduttore inglese di Al Jazeera: “Convincono al primo sguardo, convince il modo in cui sono vestiti. Queste sono persone benestanti (…) della classe media, questi non sono ovviamente rifugiati che cercano di allontanarsi dalle aree del Medio Oriente che è ancora in un grande stato di guerra. Queste non sono persone che cercano di allontanarsi dalle zone del Nord Africa. Sembrano una qualsiasi famiglia europea, che vive alla porta accanto”.
  • Secondo Phillipe Corbé, un giornalista francese, “non stiamo parlando di siriani che fuggono dai bombardamenti del regime siriano appoggiato da Putin, stiamo parlando di europei che partono su auto come le nostre, per salvarsi la vita”.
  • Ulysse Gosset, un giornalista francese ha rilevato: “Siamo nel XXI secolo, in una città europea, e i missili da crociera vengono lanciati come se fossimo in Iraq o in Afghanistan, immaginatelo!”

Occorre notare che tali commenti costituiscono una percentuale infinitesimale dei commenti espressi sui rifugiati ucraini. Tuttavia, si distinguono per la loro franchezza: quanti altri osservatori la pensano come loro, ma sono discreti?

 

“Implicazioni orientaliste e razziste”

Questa combinazione di accoglienza contrastante e di spiegazioni inette ha incoraggiato accuse di pregiudizio, fanatismo, discriminazione e “orientalismo”. Ad esempio, il Washington Post ha martellato incessantemente su questo punto, articolo dopo articolo.

  • Secondo Abigail Hauslohner: “L’energica pressione esercitata da parte del presidente Biden per accogliere fino a 100 mila profughi ucraini ha generato risentimento tra coloro che chiedono a gran voce che la sua amministrazione aiuti a trarre in salvo le decine di migliaia di cittadini afgani che cercano disperatamente di sfuggire al governo talebano”.
  • Chico Harlan e Piotr Zakowiecki citano una donna polacca che chiede: “Gli ucraini sono considerati rifugiati di guerra e gli yemeniti sono considerati migranti. Perché? Qual è la differenza?”
  • Dan Rosenzweig-Ziffe altri: “Sebbene l’Europa sia relativamente unita nel suo desiderio di aiutare gli ucraini, alcuni si sono chiesti perché una simile protezione temporanea non sia stata offerta agli afgani in fuga, ad esempio, o per aiutare altri richiedenti asilo a raggiungere le coste europee”.
  • Isaac Stanley-Beckere altri: “Quando la portata della crisi è diventata chiara, i leader europei hanno forgiato [un] consenso politico mancante nei precedenti disastri umanitari, mettendo da parte le procedure ancora utilizzate per bloccare altri richiedenti asilo in una discrepanza modellata dalla razza, dalla geografia e dalla geopolitica”.
  • Marc Stern: “I Paesi [europei] che solo pochi anni fa si sono sollevati per protestare contro l’arrivo di migranti in fuga da guerre e dall’estremismo in Medio Oriente e in Nord Africa stanno improvvisamente accogliendo centinaia di migliaia di rifugiati”.
  • Rick Noack ha scritto: “Mentre le precedenti ondate di rifugiati e immgrati hanno dovuto affrontare procedure di asilo lunghe e spesso infruttuose, i governi europei si sono affrettati ad aggirare e sospendere le leggi esistenti per ospitare gli ucraini. Mentre altri hanno pagato i trafficanti per attraversare il Mediterraneo, le compagnie ferroviarie europee hanno offerto biglietti gratuiti ai profughi ucraini”.
  • Sarah Dadouch: “La gente che abita in Paesi in crisi come la Siria, l’Afghanistan e l’Iraq è rimasta indignata da alcune coperture dei media che dipingono il conflitto ucraino come completamente diverso dallo spargimento di sangue perpetrato nei loro stessi Paesi”.
  • Sarah Ellison e Travis M. Andrews citano coloro che deplorano “i concetti orientalisti di ‘civiltà’” e “il razzismo casuale”.

In un’ottica simile, il  New York Times ha riportato che la solidarietà per gli ucraini “era venata di amarezza” da parte di quei mediorientali che hanno visto i polacchi e altri occidentali “assumere una posizione più compassionevole nei confronti degli ucraini di quella avuta negli ultimi anni nei confronti degli immigrati arabi e musulmani che cercavano disperatamente di raggiungere la salvezza sulle coste europee”. L’Economist ha rilevato che molti europei si sentono più a loro agio nell’accogliere un gran numero di ucraini rispetto ai siriani o agli afgani” e hanno ritenuto che il razzismo sia “sicuramente un fattore” che spiega questa differenza.

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E così è stato. L’Arab and Middle Eastern Journalists Association, un’organizzazione americana, ha respinto le “implicazioni orientaliste e razziste” secondo cui qualsiasi popolazione o Paese è “incivile”, affermando che queste implicazioni “disumanizzano” gli immigrati non occidentali. . Moustafa Bayoumi, un accademico americano, si è lamentato del fatto che fornire rifugio “in base a fattori come la vicinanza fisica o il colore della pelle” o mostrare solidarietà solo per coloro “che ci assomigliano o pregano come noi” riflette “un nazionalismo limitato e ignorante”.

In Israele, il ministro dell’Immigrazione e dell’Assorbimento, Pnina Tamano-Shata, che è di origine etiope, ha denunciato i colleghi per “l’ipocrisia dei bianchi” riguardo al trattamento riservato dal governo ai rifugiati ucraini rispetto a quelli etiopi.

Ad Atene, un nigeriano ha aggiunto: “Sento la gente dire: ‘Tutte le vite contano’, ma no, non contano tutte allo stesso modo. Le vite dei neri contano meno”. Ayo Sogunro, uno scrittore nigeriano, ha twittato: “Non riesco a togliermi dalla testa che l’Europa ha protestato per la ‘crisi migratoria’ del 2015 alzando la voce contro 1,4 milioni di rifugiati in fuga dalla guerra in Siria, ma in pochi giorni ha rapidamente assorbito circa 2 milioni di ucraini, con tanto di bandiere e musica per pianoforte. L’Europa non ha mai avuto una crisi migratoria. C’è una crisi del razzismo”.

 

“Tutti hanno bisogno”

Tali critiche hanno uno scopo chiaro: far sentire colpevoli gli occidentali, e trasformare in tal modo l’esperienza ucraina nel modello per il mondo intero. Tutti gli immigrati, senza eccezioni, devono essere accolti come quelli provenienti dall’Ucraina.

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Così il ministro degli Esteri del Qatar Mohammed bin Abdulrahman al-Thani ha tuonato sul fatto che gli ucraini se la passino meglio di siriani, palestinesi, libici, iracheni e afgani, quindi ha chiesto che la crisi ucraina fungesse da “campanello d’allarme” per la gestione delle questioni mediorientali “con lo stesso livello di impegno”.

Il presidente francese  Emmanuel Macron ha detto la stessa cosa in modo più indiretto, sottolineando come “questa crisi rammenta ad alcuni seduti attorno al tavolo e che hanno mostrato meno solidarietà quando la pressione migratoria è arrivata da altri confini d’Europa che è un bene che l’Europa sia totalmente solidale e responsabile insieme”.

Accademici come Lamis Abdelaaty della Syracuse University, uno specialista in risposte politiche ai rifugiati, concordano. “È meraviglioso osservare la risposta molto accogliente all’arrivo degli ucraini. La mia speranza è che questo tipo di risposta venga applicata ad altri gruppi di rifugiati che fuggono da situazioni molto simili e che sono ugualmente degni della nostra compassione e della nostra assistenza. Si spera che questo momento porterà davvero le persone a riflettere criticamente sul perché pensano che alcune persone siano degne di protezione e altre no”.

ReliefWeb, un servizio fornito dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, ha immediatamente accolto con favore il trattamento riservato ai rifugiati ucraini come “il modo in cui dovrebbe funzionare il regime internazionale di protezione dei rifugiati”. A suo avviso, i Paesi dovrebbero:

  • mantenere i loro confini aperti a coloro che fuggono da guerre e conflitti;
  • evitare inutili controlli di identità e sicurezza;
  • non penalizzare chi fugge dalla guerra e arriva senza documenti di identità e di viaggio validi;
  • non utilizzare misure di detenzione;
  • fare in modo che i rifugiati possano raggiungere liberamente i familiari in altri Paesi;
  • [far sì che] le comunità e i loro leader accolgano i rifugiati con generosità e solidarietà.

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Questo sembra abbastanza ragionevole finché non si rammenta che nel linguaggio delle Nazioni Unite, il termine rifugiato include praticamente tutti i migranti, quindi l’appello di ReliefWeb si riferisce a quasi tutti coloro che si trovano al di fuori dei confini del proprio Paese.

Prevedibilmente, i gruppi di difesa degli immigrati sono saliti su questo carro. Come riportato empaticamente dal Washington Post  essi “plaudono al trattamento più accogliente riservato agli ucraini, ma vogliono che agli altri immigrati venga concesso lo stesso grado di umanità”.

Le loro dichiarazioni hanno ribadito questo stesso punto utilizzando parole diverse:

  • Andy Hewett del Refugee Council britannico: “Non c’è differenza tra i rischi che corrono i rifugiati ucraini e i rischi che corrono i profughi provenienti da altre zone di conflitto in tutto il mondo. E la risposta del governo del Regno Unito deve essere coerente. Non si può aprire la porta a un gruppo e, allo stesso tempo, chiudere la porta a un altro gruppo”.
  • François Guennoc de L’Auberge des Migrants: “È bello vedere tutto questo messo in atto [per gli ucraini]. Ma vorremmo che tutti coloro che fuggono dalla guerra fossero trattati in questo modo. (…) Un rifugiato è un rifugiato. Non dovrebbe esserci nessuna discriminazione”.
  • Jenny Yang di World Relief: “Senza dubbio, abbiamo bisogno di reinsediare un gran numero di ucraini con vari mezzi, ma spero che il nostro impegno nei confronti degli ucraini rafforzi anche il nostro impegno nei confronti di altri gruppi di rifugiati che hanno bisogno di protezione”.
  • Nikolai Posner di Utopia 56: la differenza nell’accoglienza è “buona volontà contro maltrattamento”.
  • Judith Sunderland di Human Rights Watch: “l’enorme empatia e solidarietà [per gli ucraini] dovrebbero estendersi a chiunque abbia bisogno”.

Si noti l’espressione: “Chiunque abbia bisogno”. Questo definisce un gruppo di persone potenzialmente illimitato. Semanticamente, il termine rifugiato = richiedente asilo = immigrato = chiunque abbia bisogno.

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Tali affermazioni indicano cosa hanno in mente politici, istituzioni internazionali, organizzazioni non governative, intellettuali e attivisti che sostengono gli immigrati.

Un esempio: se queste nuove regole fossero applicate a Melilla e Ceuta, due enclave spagnole in Marocco, chiunque raggiungesse il Marocco potrebbe entrare nell’una o nell’altra di esse, essere inviato senza fare domande e gratuitamente sulla terraferma spagnola, ricevere denaro, alloggio, istruzione e prestazioni mediche e rimanere per anni o per sempre.

Se esistesse un modo più rapido ed efficiente per far crollare l’Europa e la civiltà occidentale, beh, non riuscirei a immaginarlo.

 

Spiegare la differenza

Tuttavia, concentrarsi esclusivamente sul pregiudizio ignora una moltitudine di ragioni che spiegano la differente accoglienza riservata agli immigrati ucraini e a quelli non occidentali:

Rifugiati contro migranti economici: gli ucraini stanno chiaramente fuggendo dalla guerra mentre gli immigrati non occidentali cercano per lo più una vita migliore. Gli ucraini in fuga sono principalmente donne e uomini di età inferiore ai 16 anni o superiore ai 60 anni (il governo ucraino  vieta agli uomini tra i 16 e i 60 anni di lasciare il Paese). Gli immigrati non occidentali sono in gran parte l’opposto, sono costituiti da maschi in età militare, e da un esiguo numero di donne, bambini e anziani.

Nell’esodo del 2015, ad esempio,  il 73 per cento dei migranti erano maschi e il 42 per cento aveva tra i 18 e i 34 anni. (Questi numeri includono il 17 per cento di immigrati dall’Europa, pertanto, la percentuale non occidentale è sensibilmente più alta). Non si tratta soltanto di dati demografici, il fatto che gli immigrati non occidentali si fermino raramente nel primo Paese dell’UE in cui arrivano, come previsto dal Regolamento di Dublino, ma continuano a viaggiare verso destinazioni preferite come la Germania e la Svezia, conferma le loro motivazioni economiche.

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Riluttanza contro impazienza: gli ucraini lasciano il loro Paese sotto costrizione e considerano il loro esilio un’emergenza e un insediamento temporaneo, non come un insediamento permanente. In effetti, così tanti di loro tornano a casa che la Polonia in alcune giornate vede più ucraini partire che arrivare, il che porta a lunghi tempi di attesa al confine. Una  madre con cinque figli al seguito ha affermato: “Ogni Paese europeo ci ha dato cibo gratuito, riparo gratuito.

Gli dobbiamo così tanto e siamo così grati. Ma noi vogliamo tornare a casa”. Una  giovane donna ha lasciato la nonna in Italia spiegando che “mia nonna ogni giorno ha cercato di convincerci a restare, ma è difficile vivere in un Paese straniero senza i nostri soldi, senza lavoro. Le persone non vogliono essere profughe.

Noi non vogliamo iniziare una nuova vita all’estero. Voglio essere al mio posto, nel mio Paese. Tutto ciò che abbiamo nelle nostre vite è lì”. Oppure, nelle parole di uno straziato settantenne ucraino, “noi vogliamo tornare a casa. Una terra straniera sarà sempre straniera. Ringraziamo tutti nei diversi Paesi, ma vorremo sempre tornare a casa. Non appena i bombardamenti si fermeranno, torneremo”. Al contrario, gli immigrati non occidentali lasciano volontariamente le loro terre d’origine, a volte con saluti festosi, e sperano di stabilirsi permanentemente in Occidente.

Vicinanza contro distanza: gli ucraini sono vicini di casa geografici o vicini prossimi. I loro ospiti potrebbero aver visitato l’Ucraina, conoscere persone lì, parlare una lingua simile o avere altri collegamenti. Questo conferisce loro un interesse personale per l’Ucraina di un tipo che di solito manca in luoghi remoti. Come fece notare nel 1817 l’economista scozzese  Adam Smith, se un europeo dotato di umanità non avesse legami personali con la Cina, sarebbe “disposto a sacrificare la vita di cento milioni di suoi fratelli” in Cina piuttosto che perdere un dito. Venendo generalmente da più lontano, gli immigrati non occidentali ricevono meno solidarietà.

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Solidarietà contro discordia: gli occidentali condividono con gli ucraini un denominatore politico comune, una connessione istantanea ed emotiva con la sofferenza di un popolo innocente. Curdi e somali possono avere storie simili, ma queste vicende rimangono in gran parte oscure per gli occidentali. L’estrema ambiguità morale di un Paese come la Siria esacerba questa indifferenza.

Invasione contro questioni interne: la manifestazione d’affetto nei confronti degli ucraini richiama alla mente una risposta simile alla difficile situazione dei kuwaitiani nel 1990-1991: in entrambi i casi, una potenza più grande e bellicosa ha invaso e ha cercato di ingoiare il suo vicino. Questi casi – e possibili casi futuri riguardanti Taiwan, il Bahrein o Israele – suscitano una comprensione di gran lunga maggiore rispetto ai problemi più diffusi di disordini civili e tirannia.

Egoismo contro indifferenza: in Putin, l’Occidente condivide un nemico con l’Ucraina e vuole urgentemente che venga sconfitto prima che possa causare un’ulteriore tragedia. Una specialista  di politica estera polacca osserva “come sia chiaro a tutti che gli ucraini stanno combattendo non solo per se stessi, ma per i nostri obiettivi. Le aspirazioni di Putin non si esauriscono in Ucraina. (…) Se Putin avrà successo in Ucraina, andrà oltre”. Mentre i governi occidentali difenderanno gli interessi di sicurezza in un luogo come la Somalia o l’Iraq, pochi cittadini sono profondamente preoccupati quando i Paesi non sono democrazie.

Valide competenze contro disoccupazione: gli ucraini hanno maggiori capacità economiche rispetto alla maggior parte dei migranti non occidentali, il che li rende più propensi a diventare membri produttivi della società e non beneficiari del welfare. Questo, ovviamente, rafforza la loro accoglienza.

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Lavoro contro welfare: gli ucraini hanno manifestato una forte etica del lavoro insieme a un senso di dignità del lavoro. Nella semplice eloquenza di un  pittore disabile di 42 anni, “non voglio essere un peso.

Voglio continuare a guadagnarmi da vivere, così posso contribuire con il denaro allo sforzo bellico e alla fine ricostruire la mia vita in Ucraina.” Molti immigrati non occidentali, al contrario, preferiscono vivere a carico dello Stato, in alcuni casi noti con più mogli e un gran numero di figli.

Buon senso civico contro criminalità: al momento della stesura di questo articolo, 5,8 milioni di ucraini hanno lasciato il loro Paese; una ricerca diligente attraverso i media in diverse lingue non rileva una sola notizia di un’ondata di criminalità. Al contrario, gli immigrati non occidentali non solo hanno aumentato notevolmente i tassi di criminalità ovunque vadano, ma hanno anche escogitato nuove forme di criminalità che richiedono nuovi nomi, come bande di adescamento, taharrush (aggressione sessuale di massa) e förnedringsrån (rapine finalizzate  umiliare).

Moderazione contro islamismo: l’Ucraina non ospita gruppi locali di jihadisti o altri islamisti. La sua piccola popolazione musulmana non ha commesso violenze o altre forme di supremazia in nome dell’Islam, contrariamente a tanti immigrati musulmani. (Qualora in Ucraina si possa parlare di jihad, esso è caratterizzato principalmente da stranieri che giungono lì per combattere concontro le forze russe.)

Somiglianza culturale contro differenza culturale: le persone cercano quelle simili a loro, facendo delle inclinazioni culturali una forza potente. Gli ucraini condividono una civiltà con altri occidentali, dall’antica Roma e dal Cristianesimo alle somiglianze linguistiche e all’Illuminismo. Al contrario, molti immigrati non occidentali mantengono atteggiamenti ostili nei confronti della civiltà occidentale.

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Assimilazione contro separatismo: gli ucraini si considerano simili ai loro vicini, a differenza di molti immigrati non occidentali, in particolare musulmani, che creano le proprie comunità.  Macron definisce questo fenomeno “separatismo islamista”. I Paesi ospitanti occidentali possono essere certi che gli ucraini e la loro prole non bruceranno le auto della polizia, non trasmetteranno le loro preghiere ortodosse tramite altoparlanti, non marceranno per Hamas né  decapiteranno un insegnante che ha mostrato una vignetta satirica in classe.

Numeri limitati contro numeri illimitati: prima dell’invasione l’Ucraina aveva una popolazione di 44 milioni di abitanti; se anche ogni ucraino lasciasse il proprio Paese e si trasferisse in Europa (non russa) e in Nord America, questa cifra potrebbe essere prontamente assorbita da una popolazione di circa 900 milioni. Poiché la popolazione dell’Africa aumenterà passando da 1,4 miliardi a circa  4 miliardi nel 2100, essa potrà sopraffare e persino sostituire gli occidentali.

In breve, il contrasto è netto. Da un lato ci sono gli ucraini, un popolo vicino di dimensioni limitate e con cultura, lingua, religione e abilità simili in fuga da un assalto esterno e genocida. Dall’altro, ci sono popolazioni di culture straniere, lingue aliene, spesso di una religione storicamente rivale, che covano varie forme di ostilità, arrivando in gran numero senza permesso per migliorare se stessi a livello economico nonostante un livello generalmente basso di competenze.

 

Uno sguardo al futuro

Quest’analisi porta a tre conclusioni. In primo luogo, non sorprende che le reazioni occidentali all’arrivo degli immigrati migranti ucraini e non occidentali varino tanto quanto i due gruppi stessi e non dovrebbero suscitare imbarazzo. La razza e la religione giocano innegabilmente un ruolo nelle diverse reazioni dell’Occidente, ma molteplici altri fattori di maggiore importanza spiegano la facilità con cui vengono accolti gli immigrati ucraini. Piuttosto che flagellarsi per aver accolto gli ucraini, europei e americani dovrebbero essere orgogliosi di questa generosa accoglienza.

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In secondo luogo, l’accoglienza riservata ai profughi ucraini non può diventare il modello per tutti gli immigrati provenienti da ogni luogo, in ogni circostanza e in ogni momento.

Occorre rammentare che è davvero eccezionale il fatto che gli ucraini possono recarsi all’estero senza documenti e, grazie al “meccanismo di protezione temporanea” dell’UE, non finiscono nei campi profughi, ma possono accedere automaticamente ad alloggi, usufruire di assistenza sanitaria e ricevere istruzione. Possono viaggiare gratuitamente su autobus, treni e aerei. Possono spendere l’equivalente di 300 euro nella loro valuta locale.

Tali privilegi non devono diventare una norma per tutti gli stranieri, sulla base della falsa idea che un immigrato è un immigrato e che tutti dovrebbero essere trattati allo stesso modo, indipendentemente dalla cultura, lingua, religione e competenze, indipendentemente dallo status giuridico, dai numeri, dalle motivazioni e dall’ideologia. Occorre continuare a fare distinzioni. Soccombere alle pressioni che riportano l’Europa alla sua immigrazione illegale del 2015-2016, quando chiunque da qualsiasi luogo poteva entrare, significa portare il caos e indurre il crollo della civiltà occidentale.

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In terzo luogo, la crisi ucraina evidenzia la necessità di pensare in termini di aree culturali, ognuna delle quali accetta la propria gente. I mediorientali e gli africani in genere dovrebbero rimanere nelle loro regioni, gli europei nelle proprie.

Cosa potrebbe esserci di più naturale? I mediorientali che cercano una vita migliore  possono guardare ai loro fratelli arabi e musulmani, non all’Occidente, e lo stesso vale per gli africani.  È assurdo per i curdi cercare rifugio in Germania e per i somali in Svezia quanto lo è per gli ucraini cercare rifugio negli Emirati Arabi Uniti (che giorni dopo l’inizio della guerra  hanno sospeso l’esenzione del visto per gli ucraini.)

La Turchia è l’eccezione. A causa del desiderio della leadership che ha preceduto Erdoğan di essere considerata europea, il governo di Erdogan limita lo status di rifugiato agli europei e comunque consente loro l’ingresso.

Piuttosto, i mediorientali possono cercare rifugio in Arabia Saudita e in altri Paesi ricchi e stabili. Gli africani possono farlo in Gabon o in Sud Africa. Ed è così che dovrebbe andare in giro per il mondo. L’ondata di profughi ucraini ha rivelato come nessun altro evento dalla Seconda guerra mondiale che l’Occidente è il rifugio naturale per le sue stesse popolazioni, e non per quelle del mondo intero.

Foto: Frontex, Marina Militare Italiana, EPA, UNICEF, UNHCR e Eurobserver

 

 

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