Gli ultimi sviluppi nella guerra israelo-palestinese

 

(aggiornato alle ore 23,55)

È dal termine della tregua e dalla conseguente ripresa del conflitto che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) stanno aumentando la pressione militare nel sud della Striscia di Gaza. L’obiettivo è colpire i “centri di gravità” di Hamas, prendere il controllo totale di Khan Younis, seconda città dell’enclave, e catturare i leader e gli alti dirigenti del Movimento di Liberazione e della Jihad Islamica Palestinese (PIJ) ricercati del calibro di Mohammed Deif e Yahya Sinwar, rispettivamente capo militare e leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza. A guidare l’attacco su Khan Younis è la 98a Divisione Paracadutisti “Ha-Esh” che in meno di una settimana ha assediato la città, sgominato la resistenza delle milizie palestinesi e iniziato una serie di raid che hanno portato a circondare la casa dello stesso Sinwar, sfuggito per ora alla cattura perché probabilmente tornato a nascondersi all’interno della vasta rete di tunnel sotterranei costruiti da Hamas.

Oggi le IDF hanno annunciato di aver attaccato nelle ultime 24 ore “oltre 250 obiettivi” nella Striscia. Tra gli obiettivi colpiti la notte scorsa anche una struttura di Hamas a Khan Younis e diversi tunnel mentre un jet ha anche colpito un sito usato da Hamas per le comunicazioni nei pressi di una moschea nel sud di Gaza. Confermati attacchi contro tunnel nella zona di Khan Younis con l’impiego di munizioni guidate e l’eliminazione in un’operazione effettuata da un drone di una cellula di Hamas. Blitz anche in un centro di comando di Hamas a Shejaiya, nel nord.

L’intensità delle operazioni militari israeliane trova conferma anche nella decisione annunciata ieri da Washington di inviare “con urgenza”, quindi senza passare dall’autorizzazione del Congresso, la cessione a Israele di quasi 14.000 munizioni da 120 mm per carri armati Merkava, protagonisti della guerra a Gaza, per un valore di 106,5 milioni di dollari. Lo hanno reso noto il Dipartimento di Stato e il Pentagono, confermando le anticipazioni della stampa statunitense.

Fonti israeliane citate da Times of Israel (che cita l’emittente pubblica Kan) riferiscono che le operazioni a Gaza potrebbero andare avanti ancora per altri due mesi senza ulteriori tregue: nei giorni scorsi fonti statunitensi e israeliane avevano riferito di attendersi che la campagna militare israeliana si sarebbe estesa fino a tutto gennaio 2024. In termini operativi però simili previsioni hanno poco senso tenuto conto che l’obiettivo delle IDF è l’annientamento delle capacità militari delle milizie palestinesi per negoziarne poi l’espulsione dalla Striscia.

“Sono ottimista sull’esito della campagna nella Striscia di Gaza e anche per quanto riguarda il Nord di Israele. Gli Stati Uniti non hanno fissato una scadenza per i combattimenti nella Striscia di Gaza: capiscono che non sono in grado di dire all’IDF quanto tempo sarà necessario per raggiungere gli obiettivi ha affermato il 9 dicembre il consigliere della sicurezza nazionale israeliano, Tzachi Hanegbi intervistato da ‘Channel 12’.

“Il raggiungimento degli obiettivi non può essere misurato né in settimane né in mesi. L’esercito israeliano raggiungerà qualsiasi punto voglia a Gaza” ha aggiunto affermando che il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar resta uno degli obiettivi di Israele. “Se uccidiamo Sinwar, la leadership che lo sostituirà potrebbe capire che deve lasciare Gaza per salvarsi la vita”, spiega Hanegbi. Proprio per questo, aggiunge, “l’uccisione di Sinwar è il punto chiave per raggiungere gli obiettivi della guerra: rovesciare Hamas e liberare gli ostaggi”.

A Hanegbi è stato chiesto in merito alle informazioni che parlano della possibilità che Sinwar si trovi nelle vicinanze degli ostaggi. “È una situazione in cui possiamo trovarci ed è un dilemma straziante. Alla fine delle decisioni dovranno essere prese”.

Circa il bilancio del conflitto il ministero della Sanità gestito da Hamas ha fornito il 9 dicembre un bilancio aggiornato delle vittime palestinesi che sarebbero salite a 17.700 dal 7 ottobre. Israele valuta di aver eliminato circa 7.000 sono miliziani ma ammette 425 militari caduti dal 7 ottobre e 1.593 feriti. Dall’inizio dell’offensiva nella Striscia di Gaza, scattata il 27 ottobre, sono morti 97 militari e 559 sono rimasti feriti. Questo significa che oltre il 75 per cento dei caduti e i due terzi dei feriti tra le IDF sonon stati registrati tra il 7 e il 9 ottobre durante l’attacco palestinese al territorio israeliano.

Secondo le IDF sarebbero decine i miliziani di Hamas che si sono arresti alle forze Israeliane dopo aver perso ogni contatto con la leadership dell’organizzazione nella Striscia di Gaza che “ha smesso di esercitare funzioni di comando e controllo”. Lo ha reso noto la radio delle forze armate. Le forze israeliane hanno “identificato cambiamenti nel comportamento dei vertici di Hamas”, ora nascosti a Khan Yunis, città del sud assediata dai militari israeliani, che hanno scelto di concentrarsi sulla loro sicurezza personale piuttosto che continuare impartire istruzioni. L’Institute for the Study of War ha precisato che sette battaglioni di Hamas si sono già arresi e altri sei “sono prossimi al collasso”. Di fatto secondo questi report oltre la metà delle formazioni da combattimento di Hamas sarebbero state annientate o fortemente indebolite.

Sul piano diplomatico il primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato oggi con il presidente russo Vladimir Putin per quasi un’ora. L’ufficio del primo ministro israeliano afferma che durante la telefonata di oggi Netanyahu ha espresso la sua insoddisfazione per la posizione anti-israeliana sulla guerra contro Hamas presentata dai funzionari di Mosca alle Nazioni Unite e in altri forum. In una dichiarazione, l’ufficio del premier afferma di aver espresso “una critica risoluta alla cooperazione tra Russia e Iran”. Ha sottolineato che qualsiasi altro paese che abbia subito un attacco terroristico equivalente a quello di Hamas del 7 ottobre avrebbe reagito almeno con la stessa forza con cui ha reagito Israele.

Netanyahu ha anche espresso apprezzamento per gli sforzi russi che hanno spinto Hamas a liberare un uomo russo-israeliano tenuto in ostaggio a Gaza, si legge nella dichiarazione. Netanyahu avrebbe chiesto inoltre a Putin di fare pressione sulla Croce Rossa affinché garantisca visite ai restanti ostaggi e consegni loro farmaci. Molto probabile però che in quasi un’ora di colloqui i due leader abbiano discusso anche del futuro assetto della Striscia di Gaza.

Mosca e Pechino puntano a inserirsi come mediatori di spicco nella crisi soprattutto ora che è stato accolto da una pioggia di critiche il veto degli Usa al Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha bloccato una risoluzione a favore di un cessate il fuoco a Gaza. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha definito “immorale e aggressiva” la decisione americana, che rende gli Stati Uniti “responsabili dello spargimento di sangue di bambini, donne e anziani palestinesi”. Al contrario è stata una scelta “giusta”, invece, per il premier israeliano Benyamin Netanyahu, secondo il quale il mondo “deve capire che non si può voler eliminare Hamas e al tempo stesso chiedere lo stop alla guerra che ne impedirebbe la distruzione”. Per questo, “la guerra è giustificata” e “proseguirà”.

Israele ha quindi ringraziato Washington, con il ministro degli Esteri Eli Cohen che è tornato ad attaccare la posizione del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres definendola “una vergogna, un marchio di Caino sull’Onu”, mentre i Paesi arabi, a cominciare dagli Emirati, pensano a presentare in tempi brevi un nuovo progetto di risoluzione per il cessate il fuoco e l’accesso di aiuti umanitari alla Striscia.

Anche l’Iran ha tuonato contro il veto americano mettendo in guardia da una possibile “esplosione incontrollabile” della situazione nella regione, mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha attaccato il Consiglio di sicurezza, diventato dall’attacco di Hamas del 7 ottobre il “Consiglio di protezione israeliano”. Contro gli Usa si sono espresse poi anche le organizzazioni non governative a tutela dei diritti umani, a partire da Human Rights Watch secondo cui gli Stati Uniti rischiano l’accusa di “complicità in crimini di guerra”.

 

Le operazioni degli ultimi giorni

Lunedì 4 dicembre le IDF hanno centrato 200 obiettivi disseminati in tutta la Striscia di Gaza; a loro volta, le milizie palestinesi hanno condotto diciotto attacchi contro Israele, dieci dei quali firmati dalle Brigate al Qassem, braccio armato di Hamas. Rivendicate le azioni contro le prime linee israeliane, in particolare quelle a Jabalia e a Beit Hanoun, comunità situata sul lato nordest dell’enclave, ad appena sei chilometri dalla città israeliana di Sderot. Il portavoce delle IDF per i media arabi ha reso noti gli ordini di evacuazione che coprono l’area settentrionali della Striscia di Gaza e le località di al Mahatta, al Katiba, Hamad, al Satar, Bani Suheila e Maan.

Le IDF hanno “consigliato” i residenti del governatorato di Khan Younis di utilizzare la strada costiera, al fine di evitare le zone di operazione delle unità israeliane: è dal 2 dicembre che il tratto di strada che va da Deir al Balah a Khan Younis è stato dichiarato zona di combattimenti. Per motivi umanitari le IDF hanno temporaneamente sospeso l’attività militare nell’area di Rafah. A Jabalia, le Brigate al Qassem e le Brigate al Quds, braccio armato del Movimento per il Jihad Islamico in Palestina (PJI), hanno preso di mira i soldati e i veicoli militari israeliani in transito lungo la al Fallujah Road;  i miliziani delle Brigate al Nasser Salah al Din, ala militare dei Comitati di Resistenza Palestinese (RPC), hanno, invece, attaccato le IDF nei quartieri di Sheikh Radwan e Shujaiya, rispettivamente a nord ovest e sud ovest di  Jabalia, ed hanno sparato colpi di mortaio contro il kibbutz di Kissufim.

Lo stesso giorno le Brigate al Qassem hanno rivendicato quattro attacchi ad est di Beit Lahiya, confermando per la sesta volta dalla fine della tregua l’utilizzo di proiettili EFP che hanno la capacità di penetrale le corazze d’acciaio di 200 mm e per questo particolarmente efficaci contro i mezzi blindati e i mezzi corazzati israeliani. Combattimenti anche a Deir al Balah, dove le Brigate al Quds hanno sparato colpi di mortaio contro i soldati israeliani, e ad al Qarar, a nord-est di Khan Younis, teatro di scontri tra le Brigate della Resistenza Nazionale, ala militare del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (DFLP), e le unità israeliane. A Beit Hanoun vanno avanti le operazioni di sgombero, con i bulldozer Caterpillar D9R “Teddy Bear” del Corpo Israeliano del Genio da combattimento (Combat Engineer) impegnati nelle operazioni di distruzione delle infrastrutture utilizzate dalle milizia palestinese; trovati all’interno di una scuola due ingressi ai tunnel, trappole esplosive antiuomo, scorte di ordigni esplosivi improvvisati (IED), armi anticarro ed armi leggere.

Il 5 dicembre le forze israeliane si sono spostate verso est ed hanno messo in sicurezza la Salah al Din Road, a sud di Deir al Balah. Unità meccanizzate sono entrate nelle aree urbane di Bani Suheila e Khan Younis: da qui le milizie palestinesi hanno condotto nove attacchi di fuoco indiretto contro il sud di Israele ed hanno rivendicato almeno altri diciotto attacchi contro le unità delle IDF che operano a nord e ad est della città. Fonti palestinese hanno riferito che a Khan Younis i blindati israeliani hanno raggiunto al Muhatta e il Municipal Park; la stessa fonte ha aggiunto che le forze israeliane si sono spostate anche su Rabea Road, nella parte orientale di Bani Suheila.

Confermato l’uso di IED da parte delle Brigate al Qassem che ad est di Khan Younis hanno colpito un carro armato delle IDF ed hanno condotto un’imboscata contro una pattuglia israeliana, facendo crollare un edificio con l’uso di mine antiuomo del tipo Claymore.

A nord le IDF hanno continuato la loro avanzata su Jabalia e Shujaiya; le Brigate al Quds hanno riferito del lancio di razzi contro veicoli delle IDF vicino alla rotatoria di Sanafour e su Mushtaha Street, nel quartiere di Shujaiya. Prese di mira anche le forze israeliane che il 5 dicembre stavano attraversando l’area di al Fallujah, ad ovest di Jabalia. Combattimenti anche a Juhor ad Dik, Beit Hanoun, nel campo di Shati, a Beit Lahia, Tal al Hawa e Zaytoun. Secondo quanto pubblicato dal Wall Street Journal, Israele sta preparando un sistema di pompe per inondare con acqua di mare la rete di tunnel che Hamas ha costruito sotto la Striscia di Gaza. Il rapporto afferma che Israele ha già informato del piano gli Stati Uniti e che sta assemblato almeno cinque pompe a nord del campo di Shati.

Il 6 dicembre i caccia e gli elicotteri israeliani hanno attaccato 250 obiettivi, prendendo di mira postazioni di lancio, depositi di armi, tunnel, infrastrutture militari e centri di comando; raggiunta Bani Suheil, mentre continua l’appello a non utilizzare alcuni tratti della Salah al Din Road dove le unità delle forze israeliane stanno operando da qualche giorno. Diversi gli scontri registrati ad est di Khan Younis: le Brigate al Qassem rivendicano diversi attacchi di fuoco diretto e indiretto, con l’utilizzo di RPG, armi leggere, colpi di mortaio e  IED; nello stesso quadrante,  la Brigata dei Martiri di al Aqsa, ala militante affiliata a Fatah, sostiene  di aver preso di mira un carro armato israeliano con munizioni anticarro, e le Brigate al Quds, affermano di aver attaccato le IDF con granate a frammentazione ad alto potenziale esplosivo e colpi di mortaio, mentre i combattenti delle Brigate al Nasser Salah al Din sostengo di aver combattuto le forze israeliane che avanzavano su Khan Younis.

Continuano, inoltre, le operazioni di sgombero a Jabalia, dove le truppe israeliane della Brigata Nahal hanno trovato sacche di resistenza vicino all’ospedale Kamal Idwan, e nei quartieri di Shujaiya e Beit Hanoun. A Jabalia l’esercito israeliano ha recuperato una delle più grandi scorte di armi mai sequestrata nella Striscia di Gaza: centinaia di missili e lanciatori, razzi a lungo raggio, RPG, droni e cariche esplosive penetranti (EFP).

Sempre il 6 dicembre le Brigate al Qassem hanno attaccato i veicoli militari israeliani a Beit Lahia, appena a nord di Jabalia, e le Brigate al Nasser Salah al Din hanno affermato di aver coordinato con le stesse Brigate al Qassem e le Brigate al Quds un’operazione contro le IDF nei quartieri prospicienti il campo profughi di Jabalia: Tal al Zaatar, Kamal Adwan e al Fallujah.

Le Brigate al Quds hanno anche lanciato razzi anticarro contro le forze israeliane che avanzavano verso sud-est, da al Tuffah a Shujaiya. Le Brigate al Qassem hanno pubblicato un video nel quale vengono ripresi alcuni miliziani che nel quartiere di Shujaiya attaccano i veicoli militari israeliani con razzi anticarro. Il video mostra anche un carro armato Merkava in fiamme. Il 6 dicembre, le milizie palestinesi hanno condotto sette attacchi di fuoco indiretti contro Israele: sei sono stati firmati dalle Brigate al Qassem, uno è stato rivendicato dalle Brigate al Quds.

Il 7 dicembre, le IDF hanno riferito che le loro forze terrestri, aeree e navali stanno continuato l’offensiva su Khan Younis, considerata a tutt’oggi la principale roccaforte di Hamas nella Striscia.  Le forze israeliane stanno effettuando raid mirati contro la Brigata Khan Younis e stanno ingaggiando scontri con diversi gruppi jihadisti. Sequestrati vari sistemi d’arma e materiali di intelligence.

La 7a Brigata delle IDF è stata impegnata in un lungo e complesso attacco contro le milizie palestinesi, alcune delle quali si stavano preparando al lancio di razzi contro Israele. Sette gli attacchi rivendicati dalle Brigate al Qassem: il braccio armato di Hamas afferma di aver preso di mira le forze israeliane mentre si trovavano all’interno di una scuola ad est di Khan Younis; i miliziani hanno fatto uso di RPG, granate, armi leggere e hanno fatto esplodere un IED.

Le Brigate al Quds, le Brigate della Resistenza Nazionale e le Brigate Abu Ali Mustafa hanno colpito la prima linea israeliana con colpi di mortaio e con munizioni anticarro. Le forze israeliane stanno tentando di eliminare le milizie presenti a Deir al Balah, mentre le forze navali continuano a colpire i posti di osservazione palestinesi e i depositi di armi presenti nel centro della Striscia di Gaza. Un canale Telegram libanese di Hezbollah ha rilanciato la notizia del sito di notizie israeliano Yedioth Ahronoth, secondo cui i membri di Hamas non sono fuggiti e starebbero combattendo ferocemente nei quartieri di Shujaiya e Zaytoun. Nel quartiere Rimal, Gaza City, i riservisti del 749 ° battaglione del Genio hanno distrutto le infrastrutture militari di Hamas, individuato tunnel lunghi un chilometro e sequestrato EPF, parti di razzi e lanciatori nascosti all’interno dell’Università di al Azhar.

La 14a Brigata ha, invece, fatto irruzione in una sala di osservazione di Hamas situata nei pressi del centro medico di al Shati: all’interno sono state rinvenute centinaia di radio, dozzine di macchine fotografiche, documenti, lancia razzi, granate e altro equipaggiamento militare non specificato.

L’8 dicembre le milizie palestinesi hanno condotto dieci attacchi di fuoco indiretti contro Israele. Cinque quelli rivendicati dalle Brigate al Qassem, comprese le tre salve lanciate contro Tel Aviv; pubblicato anche un video che mostra i miliziani che utilizzano razzi M-90 a lungo raggio. Le Brigate al Quds hanno, invece, effettuato quattro attacchi missilistici, mentre uno non è stato rivendicato. Le IDF hanno confermato che il figlio del ministro del gabinetto di guerra israeliano, Gadi Eizenkot, è morto il 7 dicembre mentre combatteva nel nord della Striscia di Gaza. Le Brigate al Qassem sostengono che il soldato è stato ucciso da un IED sistemato dietro la porta di un tunnel scoperto durante l’avanzata verso Jabalia.

 

Il fronte della Cisgiordania

Nell’ultima settimana la Cisgiordania è stata teatro di decine di scontri: nove le città coinvolte, tra cui Hebron e Ramallah. Il 4 e il 5 dicembre, i combattenti palestinesi hanno ingaggiato le forze israeliane in diverse aree della West Bank, attaccandole con armi leggere e con l’uso IED. Scontri a fuoco a Jenin, dove le unità delle IDF effettuavano un raid su larga scala; due gli attacchi condotti dalle Brigate dei Martiri di al Aqsa con l’uso di IED.  Israele ha reso noti gli arresti di 21 persone ricercate in Cisgiordania. L’Autorità per gli affari dei prigionieri ed ex prigionieri palestinesi, che fa parte dell’Autorità Palestinese, parla, invece, di 40 palestinesi arrestati. Le Brigate dei Martiri di al Aqsa hanno anche annunciato la morte di uno dei suoi comandanti, rimasto ucciso negli scontri con le forze israeliane.

Il 4 dicembre, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina aveva dichiarato di voler intensificare gli attacchi contro Israele in risposta all’uccisione dei combattenti palestinesi a Qalqilya; numerose le manifestazioni organizzate contro le azioni militari israeliane in Cisgiordania. Secondo fonti di stampa, i media statali iraniani avrebbero riportato notizie circa un gruppo di combattenti palestinesi che già “controllerebbero” parte di una città della Cisgiordania; al Alam e IRIB News avrebbero affermato che un nuovo gruppo di milizie palestinesi, chiamato Brigate Biddya, avrebbe “preso il controllo” di Biddya, nel nord della Cisgiordania. Il canale arabo indipendente Al Mayadeen, ha riferito che le Brigate Biddya “hanno sfilato per le strade” della città e le pagine dei social media pro-Hamas hanno pubblicato il video di un presunto scontro a fuoco tra i militari israeliani e gli elementi della neocostituita brigata.  Le IDF non hanno commentato le notizie e, tantomeno, hanno confermato la presenza delle Brigate Biddya.

Il 7 dicembre le forze israeliane hanno affrontato i combattenti palestinesi quindici volte: le Brigate dei Martiri di al Aqsa hanno utilizzato IED in sei occasioni, a Tulkarm e Nablus. Combattenti palestinesi hanno condotto attacchi con armi leggere e IED contro le forze israeliane impegnate in raid a Ramallah, Jenin e nella vicina Arraba. Durante i raid notturni, le IDF hanno arrestato 21 ricercati, tra cui quattro affiliati ad Hamas, mentre i residenti della Cisgiordania hanno tenuto una manifestazione anti-israeliana a Nablus. L’8 dicembre le forze israeliane si sono scontrate con i combattenti palestinesi otto volte: ingaggiate le forze israeliane durante i raid nel campo profughi di Fara e vicino alle principali città della Cisgiordania, incluse Hebron e Ramallah.

Uccisi sei uomini di Hamas che ha invitato la popolazione a vendicare “con tutti i mezzi possibili” la morte dei miliziani uccisi in Cisgiordania. Nello stesso giorno i residenti arabi della West Bank hanno tenuto quattro manifestazioni anti-israeliane: le milizie palestinesi hanno chiesto alla popolazione un’escalation degli attacchi e delle proteste in Cisgiordania. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha affermato che le forze israeliane intendono aumentare le operazioni in Cisgiordania e che “la risposta sarà inevitabile”.

 

Il fronte libanese

Tra il 4 e l’8 dicembre, Hezbollah ha rivendicato più di 40 attacchi contro lo Stato ebraico: prese di mira le forze armate e i civili israeliani. Martedì 5 dicembre le IDF hanno intercettato ed abbattuto un velivolo a controllo remoto entrato nello spazio aereo in Alta Galilea all’altezza del moshav Margaliot. Lo stesso giorno un gruppo di miliziani non identificati hanno condotto due attacchi missilistici separati contro Zerait e Kiryat Shmona. Il 6 dicembre, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha affermato che Israele sta perseguendo la via della diplomazia per far rispettare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che vieta ad Hezbollah di posizionare forze militari a sud del fiume Litani. Nelle stesse ore, Hezbollah ha rivendicato 10 attacchi in territorio israeliano.

Il 7 dicembre, il Movimento sciita libanese e le milizie filo-iraniane che orbitano tra il sud del Libano e la Siria hanno condotto contro il nord d’Israele tredici attacchi. Dieci di questi sono stati rivendicati da Hezbollah, tutti sferrati contro posizioni militari israeliane lungo il confine. Le IDF hanno reso noto che un missile guidato anticarro caduto nei pressi di Mattat ha causato la morte di un civile israeliano. Dalla Siria, una milizia sciita filo-iraniana ha lanciato due razzi contro Buq’ata, città israeliana sulle alture del Golan. L’artiglieria delle IDF ha risposto prendendo di mira la postazione da cui sono partiti i razzi nei pressi di Hadar, in Siria.

L’8 dicembre le milizie sciite libanesi e i gruppi sostenuti dall’Iran hanno attaccato l’Alta Galilea tredici volte, tutte azioni volte a colpire le strutture militari israeliane presenti lungo il confine libanese. Il portavoce delle IDF, Daniel Hagari, ha riferito che il sistema di difesa aerea israeliano ha intercettato un “bersaglio aereo sospetto” che è entrato nello spazio aereo israeliano dal Libano. Miliziani non identificati hanno lanciato due distinti attacchi missilistici contro le forze israeliane a Shtula e Maalot Tarshiha, ferendo due soldati.

 

 

Il fronte siriano e iracheno

Come rappresaglia per i missili lanciati il 7 dicembre contro le alture di Golan, le IDF hanno condotto numerosi attacchi nel sud della Siria, contro al Baath e al Hamidiya, nella provincia di Quneitra, centrando obiettivi non specificati dove erano comunque presenti cellule sostenute dall’Iran.  Al Mayadeen sostiene che l’attacco israeliano ha ucciso quattro militanti affiliati alle Guardie rivoluzionarie iraniane. È dal 9 ottobre che per sostenere gli sforzi volti a minacciare Israele su più fronti, l’Iran e le milizie appoggiate da Teheran schierano cellule combattenti nella provincia di Quneitra.

Il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha riferito che il 3 dicembre, attori non specificati hanno lanciato 15 razzi da 122 mm dall’Iraq contro le forze statunitensi nella zona di atterraggio di Rumalyn, in Siria: l’attacco è stato rivendicato della Resistenza islamica in Iraq, coalizione di milizie sciite filo iraniane. La Resistenza islamica in Iraq ha, inoltre, rivendicato un attacco di droni contro le forze statunitensi del Green Village, nel nord-est della Siria. Questo è l’ottavo attacco che il gruppo rivendica contro il Green Village da metà ottobre. Attacco di droni anche contro le forze americane della base aerea di Ain Asad, il ventiduesimo di questo genere dal 18 ottobre. Il 4 dicembre, a Baghdad il presidente delle Forze di Mobilitazione Popolare irachene (PMF), Faleh al Fayyadh, e il Capo di stato maggiore delle Forze armate iraniane, generale Mohammad Bagheri, hanno discusso sulla possibilità di una eventuale espansione della cooperazione in materia di intelligence tra Iran e PMF.

CENTCOM ha condotto un’operazione di autodifesa contro cinque militanti iracheni che pianificavano un attacco di droni unidirezionale contro le forze americane che operano vicino a Kirkuk, in Iraq. La milizia irachena Harakat Hezbollah al Nujaba (HHN), membro della Resistenza islamica in Iraq, ha affermato che i militanti erano membri dell’HHN; il segretario generale, Akram al Kaabi, ha minacciato ritorsioni contro le forze statunitensi per la morte dei combattenti.

Il 5 dicembre, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) ha tenuto una cerimonia funebre a Teheran per due ufficiali della Forza Quds uccisi in Siria. Tre giorni prima Israele aveva condotto un attacco aereo nel sud della Siria, uccidendo appunto due membri dell’Unità 340 della Forza Quds.  Il 6 dicembre, la Resistenza Islamica ha rivendicato la responsabilità di tre attacchi contro posizioni statunitensi in Iraq.

L’8 dicembre, gruppi filo-iraniani non specificati avrebbero condotto cinque attacchi contro le forze americane in Iraq: due attacchi eseguiti con il lancio di razzi hanno preso di mira la base aerea di Ain al Asad, nella provincia di Anbar, in Iraq. La Resistenza Islamica in Iraq ha rivendicato la responsabilità di uno degli attacchi. Miliziani non specificati hanno, invece, condotto due attacchi contro l’aeroporto di Erbil, nel nord dell’Iraq, e uno contro la  base aerea di al Harir, nella provincia di Erbil.

Miliziani non meglio specificati avrebbero, inoltre, condotto quattro attacchi contro le forze statunitensi in Siria, nella zona di atterraggio di Rumalyn e contro le unità di stanza ad al Shaddadi, provincia di Hasakah, e contro la Conoco Mission Support Site, nel nord-est del paese. Giovedì il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato che ci sono stati 78 attacchi contro le sue forze in Iraq e Siria da metà ottobre, lasciando feriti 66 membri del personale americano

 

Il fronte yemenita

Una fregata francese ha abbattuto due droni nel Mar Rosso che si dirigevano verso di essa dalle coste dello Yemen. Lo ha comunicato lo stato maggiore Difesa francese. “L’intercettazione e la distruzione di queste due minacce identificate – precisa un comunicato stampa – sono state effettuate la notte scorsa domenica dalla fregata Languedoc (nella foto sotto), che opera nel Mar Rosso” nella tarda serata del 9 dicembre a circa 110 chilometri dalla costa yemenita all’altezza di Al Hudaydah. Sembra che i due droni-kamikaze (munizioni circuitanti) siano stati diretti contro la fregata del tipo FREMM uno dopo l’altro a due ore di distanza. La nota non specifica quali armi siano state utilizzate dalla fregata per abbattere i droni.

Il 9 dicembre le milizie yemenite Houthi filo-iraniane hanno minacciato di colpire qualsiasi nave nel Mar Rosso diretta in Israele se non sarà consentito l’ingresso di cibo e medicinali nella Striscia di Gaza. Gli Houthi hanno già attaccato diverse navi mercantili di armatori israeliani da quando è iniziata l’attuale fase del conflitto israelo-palestinese.

In una dichiarazione pubblicata sui social, gli houthi hanno affermato che “impediranno il passaggio delle navi dirette all’entità sionista” se gli aiuti umanitari non saranno autorizzati ad entrare a Gaza. Quindi nel mirino della milizia yemenita non vi sono più solo i mercantili legasti a proprietari israeliani a tutte le navi dirette in Israele Indipendentemente dalla bandiera battuta dalle navi o dalla nazionalità dei loro armatori. Tali navi “diventeranno un obiettivo legittimo per le nostre forze armate”, si legge nella dichiarazione.

La settimana scorsa, i ribelli hanno attaccato due navi al largo della costa yemenita, tra cui una battente bandiera delle Bahamas, sostenendo che fossero di proprietà israeliana. Il mese scorso, inoltre, le forze ribelli hanno sequestrato la Galaxy Leader, una nave da carico di proprietà israeliana. “Mettiamo in guardia tutte le navi e le compagnie dal trattare con i porti israeliani”, si legge nell’ultima dichiarazione degli houthi.

Israele ha fatto sapere che in assenza di iniziative militari occidentali contro le milizie Houthi saranno le IDF a occuparsene.

Il 5 dicembre il movimento Houthi aveva affermato di aver lanciato diversi missili balistici contro Eilat, nel sud di Israele. Uno di questi è stato intercettato dalle IDF quando non era ancora entrato nello spazio aereo israeliano. Lo stesso giorno il cacciatorpediniere della Us Navy USS Carney ha abbattuto un probabile drone Houthi nel Mar Rosso meridionale. Il presidente Houthi, Mehdi al Mashat, ha dichiarato che il movimento continuerà a prendere di mira Israele finché non verrà posto fine agli scontri nella Striscia di Gaza. La scorsa settimana, Mashart aveva detto che le pressioni degli Stati Uniti sul movimento da lui guidato non avrebbero cambiato le sue politiche nei confronti del conflitto Hamas-Israele.

Immagini: IDF, Hamas, Marina Francese e Institute for the Study of the War

 

Eugenio Roscini VitaliVedi tutti gli articoli

Colonnello dell'Aeronautica Militare in congedo, ha conseguito un master di specializzazione in analisi di sistema e procedure all'Istituto Superiore di Telecomunicazioni. In ambito internazionale ha prestato servizio presso il Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, la 5^ Forza Aerea Tattica Alleata e il Comando NATO di AFSOUTH. Tra il 1995 e il 2003 ha preso parte alle Operazioni NATO nei Balcani (IFOR/SFOR/KFOR). Gestisce il sito ITlogDefence.

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