IL RITORNO DEI MARO’ DIVENTA SPOT ELETTORALE PER MONTI

Al termine di una campagna elettorale caratterizzata da non poche cialtronate (termine già utilizzato da Mario Monti nei confronti di un suo avversario) il ritorno in Italia dei fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre consente di conferire proprio al premier l’oscar per la cialtronata suprema. Un “successo” conseguito in extremis, a seggi quasi aperti, e quindi ancora più rilevante perché segna un punto nella finora fiacca propaganda del premier quando per legge la campagna elettorale è già conclusa. Poco dopo mezzogiorno di oggi Monti era a Fiumicino ad accogliere i due marò e per uno show mediatico così descritto dall’Ansa. “Una lunga stretta di mano in silenzio a beneficio di cineprese e fotografi prima con Massimiliano Latorre, poi con Salvatore Girone nella sala grande di rappresentanza del Cerimoniale di Stato, ha suggellato all’aeroporto di Fiumicino l’incontro ”formale” del Presidente del Consiglio Monti con i due marò appena rientrati dall’India”. La strumentalizzazione a fini elettorali della “licenza elettorale” concessa dall’India non è frutto di improvvisazione e, analizzando lo sviluppo degli eventi degli ultimi giorni, appare evidente che quanto accaduto è stato attentamente pianificato. Basti pensare che la richiesta della licenza alla Corte Suprema indiana è stata presentata da alcune settimane ma non è stata pubblicizzata da Roma, per evitare clamore mediatico come hanno riferito fonti italiane a Nuova Delhi. Forse il clamore mediatico avrebbe potuto generare sospetti circa lo scopo dell’iniziativa del governo e infatti il  procuratore dello Stato indiano, P.P. Malhotra, ha obiettato in aula che il permesso di rientrare in Patria per votare non fosse stato presentato dai due militari ma dalle autorità di Roma. A pensare male si fa peccato ma di solito ci si prende, sosteneva Giulio Andreotti e anche in questa vicenda ormai farsesca, pare evidente il piano per offrire a Monti un aiuto elettorale in extremis. Non sfugge infatti che Latorre e Girone potessero votare in India, sono militari che risultano ancora in missione e del resto vivono all’ambasciata di Nuova Delhi, dove votano molti italiani. Anche la barzelletta dei passaporti smarriti dei due marò, spediti dal Kerala al ministero degli Interni ma mai arrivati, è stato risolto con una rapidità burocratica insolita con l’emissione di documenti provvisori da parte dell’ambasciata italiana. Sia chiaro, siamo ben lieti che Latorre e Girone restino in Italia per un mese specie considerato che in india non è ancora stato istituito il tribunale speciale che dovrebbe giudicare il loro caso. L’esigenza pressante di farli arrivare a Roma poche ore prima che in Italia aprissero i seggi era però certamente elettorale ma perché riguardava lo spot di Mario Monti e non il diritto a votare dei due militari. Un ulteriore indizio che dimostra come la manfrina mediatica a favore del candidato Monti non sia casuale emerge dal fatto che in questa occasione Latorre e Girone non sono arrivati allo scalo militare di Ciampino a bordo di un volo di Stato ma bensì all’aeroporto internazionale di Fiumicino utilizzando un volo di linea. Segno inequivocabile che il risalto mediatico, finora osteggiato oltre il limite della decenza dal governo, questa volta era cercato senza ritegno. Il più amareggiato per quanto è accaduto è Ignazio La Russa per il quale il premier si deve “vergognare”. L’ex ministro della Difesa che avrebbe voluto candidare i due marò con Fratelli d’Italia per non farli tornare in India dopo la licenza natalizia e oggi deve masticare amaro vedendo Monti farsi bello per il loro rimpatrio, anche se ufficialmente solo temporaneo. A rendere più ridicola e decisamente fuori luogo l’operazione mediatica del premier (che potrebbe anche rivelarsi un boomerang in termini di consenso) contribuisce poi il fatto che proprio il suo governo non è riuscito in oltre un anno a risolvere la crisi con Nuova Delhi, né a indurre l’India a rispettare l’Italia, i suoi militari e il diritto internazionale. Il governo tecnico ha calato le braghe innumerevoli volte con gli indiani fino ad accettare che la Corte Suprema non riconoscesse a Latorre e Girone l’immunità funzionale attribuita ai militari in servizio. Il governo ha persino accettato l’istituzione di un tribunale speciale “politico” (perché dovrà essere istituito dal governo indiano) che non ha precedenti nei Paesi civili e neppure in quelli meno civili. Considerando il panorama politico italiano, che rischia di provocare conati di nausea al solo avvicinarsi ai seggi, non c’è da stupirsi per quanto accaduto oggi a Fiumicino. Uno sviluppo in realtà prevedibile al punto che lo avevo pronosticato (augurandomi di essere smentito dai fatti) in un paio di articoli pubblicati sulla Bussola Quotidiana il 20 febbraio e su Libero Quotidiano di oggi. Quello che lascia amareggiati è invece che allo spot montiano si siano prestati (o abbiano dovuto prestarsi) il Ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, e i capi di stato maggiore di Difesa e Marina, gli ammiragli Luigi Binelli Mantelli e Giuseppe De Giorgi ritratti in una foto di gruppo sul sito del Ministero della Difesa. Figure istituzionali, non candidati alle elezioni, la cui presenza ad accogliere i marò era doverosa ma che ci sarebbe piaciuto vedere lontani mille miglia da quello show indecoroso.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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