EAGLE EYE: LA “NUOVA” FOLGORE SI ADDESTRA COI BRITANNICI

Tra i primi provvedimenti  posti in essere dalla Stato Maggiore dell’Esercito nell’ambito del complesso progetto di riforma dello strumento militare italiano valuto dal Ministro Di Paola, figura l’attribuzione alla Brigata Paracadutisti Folgore del ruolo di riserva strategica di Forza Armata, con sua probabile assegnazione alle dirette dipendenze di COMFOTER. La grande Unità basata a Livorno è stata pertanto esclusa dalle normali turnazioni nei teatri operativi esterni, ed in particolare da quello afghano, per iniziare un processo di riconversione  organizzativa ed addestrativa che le permetta di svolgere al meglio il nuovo compito.
Dal punto di vista delle capacità operative si tratta di uscire dall’ottica limitativa e contingente delle operazioni di contro insurrezione e sostegno alla ricostruzione, per affrontare tematiche più ampie, che includano presupposti operativi assai differenziati e non precisabili a priori. La funzione di riserva strategica può prevedere inoltre ipotesi di intervento rapido con breve preavviso per fronteggiare minacce improvvise e di livello crescente, sino a giungere a scenari ad alta intensità di tipo classico o alla cosiddetta “full spectrum war”, una combinazione di azioni offensive, difensive e di stabilizzazione.
Come noto la Brigata perderà prossimamente due pedine pregiate: il 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti  “Col Moschin” ed il 185° Reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore”, entrambe destinate a confluire nel nuovo COMFOSE, il Comando delle Forze per Operazioni Speciali dell’Esercito. Ciò nonostante la Folgore verrà comunque potenziata nella sua nuova veste  con l’assegnazione di nuovi reparti.
Confluiranno nei suoi ranghi il Reggimento Savoia Cavalleria (3°) di Grosseto ed un Reggimento di Artiglieria Paracadutisti in corso di costituzione ex novo a Bracciano, e destinato ad essere equipaggiato con mortai rigati da 120 mm e obici trainati da 155 mm. Quest’ultima unità riprenderà probabilmente le tradizioni del  185°, mentre il RAO perderebbe la numerazione.
Come previsto per tutte le brigate, anche la Folgore tornerà ad avere una componente logistica organica, con la riconfigurazione in Reggimento Logistico Folgore del 6° Reggimento di Manovra di Pisa. Questo potenziamento, ed in particolare l’integrazione del reparto di cavalleria, un antico reggimento di grandi tradizioni ed elevata operatività, rappresenta una sfida formidabile per il comando Brigata, da poco assunto dal Generale Lorenzo D’Addario. A tal fine già da qualche tempo è operativo a Livorno un team di lavoro incaricato di valutare ed affrontare tutte le tematiche legate all’integrazione dei nuovi reparti, allo scopo di coordinare e dare attuazione ai necessari provvedimenti di tipo organizzativo, con particolare riguardo alle problematiche del personale, nell’ottica della migliore valorizzazione dell’elemento umano. A capo di questa cellula è stato posto un ufficiale di alto profilo professionale e morale, il tenente colonnello Albamonte, ritornato recentemente in servizio con incredibile forza di volontà ed immutato entusiasmo, dopo il vile attentato terroristico che lo aveva colpito due anni fa, mentre ricopriva l’incarico di capo di stato maggiore della brigata.

Eagle Eye
Nel contesto di tali imminenti trasformazioni l’esercitazione anglo-italiana “Eagle Eye”, che ha interessato nel mese di marzo reparti della Folgore ed elementi della 16a Air Assault Brigade del British Army , ha assunto un grande rilievo, nonostante l’entità relativamente limitata delle truppe impegnate sul terreno. Il presupposto strategico della manovra era rappresentato da uno scenario definito di “three block war”, caratterizzato cioè dalla contemporanea presenza in tre settori attigui del medesimo teatro di operazioni cinetiche di combattimento contro forze militari o paramilitari, attività di peace-keeping e di contrasto all’insorgenza e missioni di supporto umanitario alle popolazioni e di aiuto alla ricostruzione. Ne conseguiva pertanto la necessità di essere addestrati a fronteggiare tutte le differenti ipotesi di impiego. La presenza britannica era costituita essenzialmente da elementi esploranti della grande unità di pronto intervento che racchiude capacità aeromobili e paracadutiste: il Pathfinder Group, lo scout platoon del 3 Para e parte dello Squadrone D della Household Cavalry, oltre ad alcuni specialisti della ricognizione del genio.
Il contributo italiano era invece garantito dai plotoni esploratori dei reggimenti paracadutisti e da uno squadrone del Savoia Cavalleria in ruolo appiedato. Le fasi dinamiche della manovra hanno visto la creazione di pattuglie miste, poste indifferentemente agli ordini di sottufficiali italiani o inglesi, che hanno pianificato e condotto congiuntamente gli atti tattici previsti. In particolare gli esploratori della Folgore ed i Pathfinder hanno operato nei dintorni di Siena, dove hanno effettuato un primo aviolancio di due squadre con la tecnica della caduta libera (TCL), cui sono seguiti ulteriori inserimenti con lanci vincolati di esploratori e scout del 3 Para. Questi reparti avanzati hanno provveduto da un lato a individuare e presidiare la zona di lancio destinata a ricevere il grosso della forza di intervento (rappresentata per l’occasione da una compagnia del 186° Reggimento di Siena) e dall’altro hanno simulato un ampio spostamento occulto in zone ostili, per individuare la presenza di insorti, posti successivamente sotto costante controllo mediante l’attivazione di diversi punti d’osservazione (OP). Contemporaneamente il comprensorio di Monteromano ha visto elementi del D Squadron e del Savoia Cavalleria operare in maniera congiunta appiedati, privi degli abituali veicoli e blindati, con il compito di chiarire la situazione tattica a premessa di successivi interventi.
L’esercitazione, nata formalmente come una normale attività addestrativa destinata alla verifica delle procedure comuni, allo scambio di esperienze ed a sancire il raggiungimento della FOC (piena capacità operativa) delle unità inglesi si è nei fatti trasformata per la Folgore, dato il particolare momento contingente, in un importante momento valutativo destinato, nel confronto con le peculiari specificità dei reparti britannici anche ad accertare eventuali carenze funzionali o organizzative e a individuare le capacità  che necessitano di potenziamento o implementazione.

Pathfinder ed esploratori
L’elemento operativo più pregiato e caratteristico schierato dal British Army nella Eagle Eye, oggetto di attenta valutazione da parte dei quadri della Folgore, era rappresentato dal Pathfinder Group, un reparto della consistenza di 3 ufficiali (il comandante, un maggiore, e due capitani, incaricati delle operazioni e della logistica) e 48 tra sottufficiali e truppa, destinato a dar vita a 6 pattuglie esploranti di 6 uomini, oltre ad una squadra comando e trasmissioni.
Il suo ruolo consiste essenzialmente nell’individuare e marcare le zone di lancio o di atterraggio elicotteri della 16° Brigata. Successivamente, dopo l’afflusso del grosso della forza, il Gruppo assicura la ricognizione tattica e la raccolta informativa vitale per il comando della grande unità. Tale compito non va pertanto confuso con quello dei plotoni scout dei normali battaglioni di paracadutisti (oggi solo il 2° ed il 3°, poiché il 1° fornisce la struttura portante dello Special Forces Support Group), che agiscono solo come elementi da ricognizione ravvicinata dei rispettivi battaglioni, in un contesto pertanto più ristretto e con funzioni e competenze più limitate. Specialisti nell’inserimento con tecniche avanzate di paracadutismo HALO/HAHO, i membri del Pathfinder Group sono elementi altamente specializzati, in possesso di capacità tecniche ed operative, simili per molti versi a quelle delle Forze Speciali anche se con finalità e dipendenze totalmente differenti.
I Pathfinder vengono reclutati tra tutti gli appartenenti alle forze armate britanniche, anche se la grande maggioranza proviene ancora dai ranghi del Parachute Regiment. La loro rigorosa selezione prevede una fase iniziale caratterizzata da marche topografiche individuali a tempo, di lunghezza e difficoltà crescente da completarsi in terreno accidentato e montuoso. I nomi Brecon Beacons, Black Mountains e Elan Valley sono località note per ospitare anche la selezione delle forze speciali britanniche e le modalità sono assolutamente simili: equipaggiamento individuale, zaino pesantemente affardellato, molte ore di marcia giornaliera su lunghezze che variano dai 30 ai 60 chilometri. A questa prima efficace “scrematura” fa seguito un corso accelerato sulle attività e le procedure della pattuglia esplorante, l’uso degli apparati delle trasmissioni e sulle tecniche di ricognizione, osservazione e raccolta informativa.
Terminata la selezione ed entrati a far parte del reparto, i nuovi pathfinder frequentano un corso SERE di sopravvivenza, evasione, fuga e resistenza all’interrogatorio, cui segue la formazione alle tecniche avanzate di paracadutismo in caduta libera da alta quota, anche con l’impiego dell’ossigeno. Per ragioni di convenienza, dettata dalle condizioni atmosferiche prevalenti, questa fase di sei settimane si svolge ora negli Stati Uniti.
In caso di impiego i Pathfinder non agiscono isolati, ma vengono inseriti nell’ISTAR Group della 16a Brigata, un reparto interforze di formazione in cui confluiscono tutti gli assetti da ricognizione, sorveglianza ed acquisizione obiettivi, destinati ad agire sinergicamente per fornire il miglior supporto al G2 o J2, il responsabile delle informazioni della Grande Unità. La composizione del gruppo può variare in base alle necessità della missione, ma include di norma, oltre ai Pathfinder e alla Household Cavalry, reparti di guerra elettronica, UAV tattici, Tactical Air Control Party, specialisti del genio e dell’intelligence.
I reparti italiani che per capacità e fisionomia  più si avvicinano  ai Pathfinder sono i plotoni esploratori paracadutisti dei tre reggimenti (183°, 186° e 187°). Creati in maniera non ufficiale, quando la dottrina e gli organici in vigore non ne contemplavano l’esistenza, tali plotoni sono ora una splendida realtà delle nostre aviotruppe. Inseriti nella compagnia di supporto alla manovra, che ne cura la selezione e l’addestramento congiuntamente con il comando reggimentale, gli esploratori hanno acquisito negli anni una professionalità elevata, con capacità operative che li pongono ora in una posizione per certi versi intermedia tra quelle dei Pathfinder e degli Scout dei paracadutisti britannici. Tutti volontari per lo specifico ruolo, gli aspiranti esploratori sono sottoposti ad una selezione di due settimane che avviene a livello reggimentale di norma due volte all’anno e che include tre differenti momenti valutativi:
•    + una prima fase mira ad accertare il possesso da parte dei candidati delle necessarie doti di resistenza fisica e di motivazione e si basa su marce di resistenza, corse zavorrate e su attività volte  testare le loro reazioni in condizione di forte stress psico-fisico.
•    + successivamente gli allievi sono sottoposti a prove topografiche individuali diurne e notturne, per verificare le conoscenze in materia di navigazione tattica terrestre.
•    + infine un esame tecnico scritto di topografia, trasmissioni e armi.

Circa il 30% dei candidati, tutti paracadutisti esperti, viene mediamente scartato, mentre i prescelti iniziano una formazione molto intensa della durata di sei settimane, caratterizzate da attività continuative di 5 giorni. I temi trattati includono sia le tematiche tipiche dei reparti esploranti reggimentali (il processo di pianificazione, le tecniche e tattiche della pattuglia esplorante, le procedure della ricognizione, le trasmissioni, la raccolta informativa e la predisposizione dei Posti di Osservazione) che argomenti legati alle specificità delle aviotruppe.
Tra questi figurano la ricerca ed acquisizione di un obiettivo, il marcaggio di zone di atterraggio, le funzioni di pattuglia guida, le procedure di avio rifornimento, i differenti metodi di inserzione ed estrazione, il link up con altre unità. Al termine il personale viene sottoposto ad un esame valutativo finale da parte di una commissione mista di istruttori e valutatori provenienti dal  9° Reggimento “Col Moschin”, la cui presenza è garanzia dell’alto livello dell’addestramento impartito nel corso esploratori paracadutisti.
Attualmente i tre reggimenti di fanteria paracadutista dispongono ognuno di un pool di diverse decine di elementi qualificati esploratori, solo una parte dei quali presta servizio nello specifico plotone. Questa eccedenza numerica permette da un lato di fronteggiare eventuali carenze organiche, dall’altro assicura la presenza nelle compagnie di personale in possesso di mentalità e capacità simili a quelle degli elementi avanzati con cui si troveranno ad operare sul terreno.
Il personale destinato ai plotoni esploratori viene inviato successivamente dai rispettivi reggimenti a frequentare una serie ulteriore di addestramenti e di corsi di formazione, che ampliano la polivalenza di impiego e l’efficacia tattica di queste piccole unità specializzate. Grande rilievo assume il corso TCL di paracadutismo con la tecnica ad apertura comandata, grazie al quale una squadra per plotone può ormai avvalersi di questa capacità di inserimento supplementare. Altri esploratori affrontano al CEALP di Aosta il corso basico di roccia della durata di 6 settimane, che integra ed amplia le tecniche di ardimento apprese da tutti i membri del plotone in materia di superamento ostacoli verticali, discesa in corda doppia o con canapone.
Corsi anfibi e per il conseguimento della patente nautica entro la fascia delle 12 miglio, della durata di due settimane ciascuno, permettono un agevole impiego  del reparto in acque costiere ed interne, mentre singoli elementi frequentano corsi specifici, come quello per Tiratori Scelti, tenuto dalla Scuola della Fanteria di Cesano, quelli destinati all’acquisizione della qualifica di JTAC alla Scuola di Aerocooperazione dell’Aeronautica Militare o altri particolari, sia presso istituti scolastici nazionali che di Paesi alleati.
Destinati ad operare in ogni ambiente per operazioni sia di ricognizione tattica che di assistenza e sicurezza a favore di reparti aviolanciati, eliportati o aviotrasportati, gli esploratori della Folgore hanno dimostrato anche durante la Eagle Eye le loro elevate qualità operative, evidenziando di essere in grado di svolgere almeno in parte anche i compiti che l’esercito britannico affida ai Pathfinder. Tuttavia un loro utilizzo a livello brigata priverebbe i reggimenti di una pedina tattica di importanza fondamentale.
L’esempio britannico evidenzia invece la necessità di un potenziamento globale delle capacità ISTAR – Intelligenge, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance – delegate a livello brigata, in particolar modo per una grande unità destinata a ruoli di riserva strategica e di pronto intervento. Naturalmente in un contesto di grandi ristrettezze economiche può risultare accettabile e conveniente mantenere accentrati determinati assetti pregiati, come ad esempio quelli di Electronic Warfare che il nostra esercito affida al solo 33° Reggimento IEW. Altre capacità però, dalla ricognizione e sorveglianza, all’acquisizione obiettivi, all’impiego di mini UAV come il Raven, dovrebbero invece essere assegnate organicamente alla Folgore.
Di qui l’opportunità di verificare la possibilità di creare ex novo una capacità esplorante specializzata a livello brigata, con funzioni sia di pathfinder che di ricognizione, sorveglianza ed acquisizione obiettivi. Si andrebbero così a recuperare tra l’altro alcune delle capacità specifiche oggi possedute dal 185° RRAO, reparto ormai destinato ad un ruolo differente. La nuova pedina si potrebbe ottenere con la trasformazione allo specifico ruolo di uno squadrone del Savoia Cavalleria, reggimento i cui compiti ed equipaggiamenti andranno attentamente valutati ed eventualmente modificati alla luce delle specifiche esigenze della brigata paracadutisti.

Foto Brigata Folgore e Alberto Scarpitta

Alberto ScarpittaVedi tutti gli articoli

Nato a Padova nel 1955, ex ufficiale dei Lagunari, collabora da molti anni a riviste specializzate nel settore militare, tra cui ANALISI DIFESA, di cui è assiduo collaboratore sin dalla nascita della pubblicazione, distinguendosi per l’estrema professionalità ed il rigore tecnico dei suoi lavori. Si occupa prevalentemente di equipaggiamenti, tecniche e tattiche dei reparti di fanteria ed è uno dei giornalisti italiani maggiormente esperti nel difficile settore delle Forze Speciali. Ha realizzato alcuni volumi a carattere militare ed è coautore di importanti pubblicazioni sulle Forze Speciali italiane ed internazionali.

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