La Nato contro il traffico di migranti

da Il Sole 24 Ore.com del 13 febbraio

La decisione dell’alleanza Atlantica di rispondere alla richiesta di intervento formulata da Turchia e Germania per gestire i flussi di immigrati che dalle coste turche si riversano in Grecia rischia di avere un peso più politico che operativo.
Come già accaduto nel recente passato, l’Alleanza Atlantica ha evitato di farsi coinvolgere direttamente nello scacchiere siriano come avrebbe voluto invece Ankara, che puntava sugli alleati per bilanciare il massiccio intervento armato russo. I turchi hanno però incassato solo contributi difensivi quali i missili da difesa aerea Patriot (oggi ritirati) e il supporto di aerei radar Awacs per il controllo dello spazio aereo.

Anche sull’emergenza migratoria la risposta della Nato è stata piuttosto blanda. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha annunciato che «l’Alleanza fornirà supporto sotto forma di sorveglianza, monitoraggio, riconoscimento e raccolta informazioni per aiutare a contrastare il traffico di esseri umani e smantellare le reti criminali, mentre saranno le guardie costiere turca e greche a salvare, recuperare o respingere i migranti».

Un contributo la cui entità suscita qualche perplessità considerato che i traffici di esseri umani si sviluppano sul territorio turco e in gran parte alla luce del sole al punto che nelle località turistiche molti negozi hanno affiancato ai souvenir i giubbotti gonfiabili, venduti a peso d’oro ai migranti in procinto di imbarcarsi su gommoni e barconi.

Se la raccolta d’informazioni d’intelligence e l’intercettazione delle comunicazioni dei trafficanti rappresenta un passo necessario in Libia, uno “Stato fallito” in balìa delle milizie dove questo monitoraggio viene effettuato dalla flotta europea Eunavfor Med, lo stesso non si può certo dire della Turchia dove le autorità di polizia detengono il controllo del territorio e sarebbero perfettamente in grado di contrastare i trafficanti.

Del resto lo stretto braccio di mare che separa la costa turca delle isole greche è uno dei più militarizzati al mondo, presidiato dalle due forze navali proprio a causa delle rivendicazioni territoriali e dei frequenti reciproci sconfinamenti. Marina e Guardia Costiera turche dispongono in questa regione di oltre cento unità navali: se avessero gli ordini appropriati potrebbero pattugliare meticolosamente le coste e bloccare i barconi.

Difficile quindi comprendere quale valore aggiunto potranno offrire in termini di sorveglianza e intelligence le fregate (turca, tedesca e canadese) che compongono lo Standing Nato Maritime Group 2 mobilitato per questa nuova operazione.

In base agli accordi raggiunti da Angela Merkel e Recep Tayyp Erdogan la Grecia si attende che i migranti raccolti vengano respinti in territorio turco, specie ora che la Ue le ha dato tre mesi per ripristinare il controllo delle sue frontiere, pena l’estromissione da Schengen.

Sul piano operativo però non vi sono certezze che questo accada poiché le navi militari greche non potranno entrare nelle acque turche e viceversa: quindi Ankara potrebbe continuare lasciar passare i barconi diretti alle isole greche senza accettare di riprendersi gli occupanti.

Lo scetticismo su questi temi s’impone, specie valutando la politica perseguita finora da Ankara, tesa a impiegare gli immigrati come arma di pressione sull’Europa, culminata con la minaccia di Erdogan di convogliare profughi siriani e immigrati clandestini asiatici presenti in Turchia verso la frontiera terrestre con Grecia e Bulgaria.Anche se avrà un valore poco più che simbolico, la mobilitazione della Nato nell’Egeo è stata accolta positivamente in Italia dove il governo auspica un analogo impegno dell’Alleanza anche nelle acque libiche.

Quello che manca però non sono certo le navi militari ma una strategia comune su come impiegarle. A fronteggiare i flussi migratori nel Mediterraneo ci sono oggi molte forze navali ognuna con la sua catena di comando e le sue unità dipendenti.

Nell’Egeo ci sono la guardia costiera greca e quella turca, la missione Poseidon dell’agenzia europea Frontex e ora anche la flotta della Nato.

Tra le coste siciliane e quelle libiche vi sono le forze costiere italiane (Guardia Costiera e Guardia di Finanza), l’operazione Mare Sicuro della marina italiana, l’operazione Triton di Frontex ed Eunavfor Med, un’altra flotta europea che sulla carta dovrebbe contrastare i trafficanti libici.  Di fatto tra l’Egeo e il Canale di Sicilia operano le forze costiere di tre Nazioni e sono attive 5 operazioni militari: una italiana, 3 europee e una della Nato. Insieme mobilitano decine di navi che finora non hanno fermato i flussi migratori illegali nè sono riuscite a reprimere o a esprimere una deterrenza nei confronti dei trafficanti di esseri umani.

@GianandreaGaian

Foto: Nato, Eunavfor Med, AP, Reuters

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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