LA COREA DEL NORD RILANCIA LA CORSA ALL’ATOMICA IN ASIA

da Il Mattino del 10 settembre 2016

Quinto test nucleare in dieci anni per la Corea del Nord che ieri mattina ha fatto esplodere in profondità nel poligono di Punggye-ri, nel nord del Paese non lontano dal confine cinese, un ordigno che ha provocato un sisma di 5.3 gradi Richter.

Il test, effettuato appena otto mesi dopo quello del gennaio scorso in cui il regime nordcoreano affermò di aver testato un ordigno a fissione, “è il più potente fino ad ora, poco meno forte dell’esplosione della bomba atomica su Hiroshima” hanno riferito fonti militari di Seul.

La potenza sprigionata dal quinto test di Pyongyang è stata pari a 10 kilotoni contro i 15 di quella che il 6 agosto 1945 rase al suolo la città giapponese.

L’esplosione, avvenuta il giorno dell’anniversario dell’instaurazione del regime comunista, era stata anticipata indirettamente da Kim Jong-Un che nelle scorse settimane aveva esortato i militari a proseguire negli sforzi per dotare la Nazione di un potente arsenale atomico.

Per questo la televisione governativa ha dato ieri la notizia del test annunciando trionfalmente che “i nostri scienziati hanno portato a termine la detonazione di una ogiva nucleare di nuovo tipo”.

“Questo test ha confermato finalmente la struttura e le caratteristiche specifiche di una testa nucleare che è stata standardizzata in modo che possa essere montata sui missili balistici strategici” ha riferito l’agenzia statale KCNA sottolineando che tali testate possono essere “prodotte in quantità ed in vari formati”.

Il 5 settembre tre missili balitici a medio raggio nordcoreani del tipo Nodong erano stati lanciati all’interno delle acque della Zona economica esclusiva giapponese. Un lancio che provocò dure proteste da parte di Tokyo ma che potrebbe aver avuto lo scopo di collaudare le nuove testate su missili balistici a medio raggio.

La Corea del Nord sembra quindi aver conseguito importanti risultati tecnologici nel campo della fissione nucleare e della miniaturizzazione oltre che nella produzione di plutonio a fini militari.

Uno sviluppo che potrebbe portarla ad aumentare il suo arsenale nucleare rispetto alle stime attuali di 15-20 ordigni.

La capacità di produrre ordigni nucleari più piccoli e imbarcabili sulle testate dei missili balistici consente di fatto a Pyongyang di minacciare un ampio ventaglio di Paesi.

Attualmente i missili in dotazione alle forze strategiche coprono distanze stimate fino a 6 mila chilometri ma i tecnici di Kim Jong-Un stanno sviluppando una versione militare del razzo Unha-3, impiegato per porre in orbita satelliti, in grado di raggiungere obiettivi a oltre 10 mila chilometri. Un vero e proprio missile balistico intercontinentale.

Recenti test hanno dimostrato inoltre la capacità nordcoreana di lanciare da sottomarini missili balistici con raggio d’azione stimato di circa 3.500 chilometri, un ulteriore progresso che renderà più furtivo e meno vulnerabile l’arsenale atomico di Pyongyang.

Il test di ieri è stato duramente condannato da tutta la comunità internazionale: Washington proporrà nuove sanzioni all’Onu, il premier nipponico Shinzo Abe lo considera “una minaccia gravissima per la sicurezza del Giappone” e la presidente sud-coreana, Park Geun-hye (nella foto sopra)  lo ha definito “una provocazione che isolerà ancora di più il regime”.

Pesanti critiche anche da Mosca e soprattutto da Pechino, che mantiene molte ambiguità nei confronti di Pyongyang.

Benché la Cina continui a garantire la sopravvivenza di 22 milioni di nordcoreani con forniture alimentari, elettriche e di carburante da tempo non nascine l’irritazione per l’atteggiamento aggressivo di Pyongyang he sta compromettendo la strategia cinese in quella regione.

Nonostante Washington abbia ribadito a Giappone e Corea del Sud la copertura del suo “ombrello atomico”, a Tokyo (e a voce più bassa anche a Seul) si parla ormai apertamente di costituire arsenali nucleari nazionali per bilanciare le “bombe” nordcoreane e anche quelle della Cina con cui cresce la tensione per le dispute sul controllo degli arcipelaghi del Mar Cinese Orientale.

La decisione di Seul di acquisire il sistema di difesa contro i missili balistici statunitense THAAD è generata dalla minaccia nordcoreana ma irrita Pechino che punta a estendere la sua egemonia in tutte aree marittime circostanti e non vorrebbe sofisticate armi statunitensi troppo vicine ai suoi confini.

Come è accaduto in Medio Oriente con il programma atomico iraniano, anche quello nordcoreano contribuisce alla corsa al riarmo che si registra in Asia anche se è molto probabile che l’obiettivo di Kim Jong-Un non sia realmente offensivo ma teso a disporre di un arsenale atomico efficace quanto basta per costituire un deterrente contro attacchi esterni o tentativi di sobillare rivolte contro il regime perseguiti dai “nemici” ma anche dagli “amici” cinesi, che guardano con preoccupazione a un alleato sempre più fuori controllo.

Foto The Express, Huffington Post, KCNA

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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