LA POTENZA DEL “SUPERGA”

Dal settembre del 2016 l’Esercito Italiano dispone di un sistema di artiglieria in grado di fornire un supporto di fuoco di estrema precisione e con una gittata che può raggiungere i 100 chilometri, prestazioni straordinarie e per molti versi paragonabili a quelle assicurate dai vettori aerei ad ala fissa e rotante impegnati in missioni di supporto aereo ravvicinato (CAS), ma con gli innegabili vantaggi derivanti da tempi di intervento estremamente ridotti, reali capacità ognitempo, costi assai meno elevati di una missione aerea e, last but not least, nessun rischio per gli equipaggi di volo.

Queste notevoli potenzialità sono espresse dal 5° Reggimento Artiglieria Terrestre (Lanciarazzi) “Superga” con sede a Portogruaro, che l’anno scorso, sotto il comando entusiasta e competente del colonnello Edmondo Dotoli, ha conseguito la validazione della capacità operativa con il rinnovato sistema lanciarazzi semovente MLRS-Improved, aggiornato ed ammodernato dopo  un processo di trasformazione durato tre anni e culminato con una lunga fase addestrativa e di validazione a fuoco, effettuata nella Svezia settentrionale presso il Vidsel Test Range.

E’ toccato al reggimento di artiglieria più antico d’Italia, erede diretto del Corpo Reale di Artiglieria costituito nel Regno Sabaudo nel 1775, schierare il sistema d’arma di supporto generale più moderno, il cui munizionamento a guida GPS, denominato Guided Multiple Launch Rocket System (GMLRS) garantisce la capacità di colpire obiettivi puntiformi a grande distanza con una precisione dell’ordine di alcuni metri.

Si tratta di caratteristiche che conferiscono al reggimento capacità operative straordinarie che rivoluzionano il ruolo tradizionale dell’artiglieria nei moderni scenari di impiego ibridi ed asimmetrici, negli interventi in ambito urbano e per la salvaguardia delle truppe amiche, il tutto realizzato con un errore probabile circolare (CEP) tale da evitare possibili danni collaterali.

 

Il programma MLRS

Il lanciarazzi semovente statunitense M270 MLRS (Multiple Launch Rocket System) è stato adottato dal nostro Paese nella configurazione originale negli anni ‘80, con l’adesione ad un consorzio multinazionale europeo di produzione su licenza che aveva visto coinvolte anche Germania, Francia e Gran Bretagna.

I primi due semoventi giunsero alla scuola di artiglieria di Bracciano nel 1988 direttamente dagli Stati Uniti, seguiti negli anni successivi da 20 esemplari di produzione europea, tutti destinati  ad un unico reparto di impiego, l’allora 3° Reggimento Artiglieria Pesante “Volturno” con sede in Portogruaro (VE), unità che a sua volta aveva raccolto le tradizioni del disciolto 3° Gruppo Missili (Lance) della Brigata “Aquileia” e che nel novembre 2001 avrebbe ricevuto la bandiera del glorioso 5° Reggimento Artiglieria Pesante Campale “Superga”, trasformandosi in artiglieria terrestre lanciarazzi.

Fig-5-Capo-pezzo-in-attiXTDoCBhZGRlc3RyYXRpdmEuanBn_Destinato a compiti di supporto generale, interdizione d’area in profondità e fuoco di controbatteria, il sistema, montato su scafo cingolato derivato da quello del veicolo da combattimento per la fanteria statunitense M2/M3 Bradley, risultava molto mobile e nonostante un peso a pieno carico di 25 tonnellate poteva raggiungere una velocità massima di 60 km/h ed un’autonomia di 490 chilometri.

La rampa di lancio, brandeggiabile e regolabile in alzo, conteneva 12 razzi M-26 da 227 mm, ospitati in contenitori sigillati, che assicuravano una grande riserva di fuoco di pronto impiego e tempi di reazione molto brevi, potendo essere sparati singolarmente o in rapida successione in meno di un minuto ad una distanza massima di 32 chilometri.

L’equipaggio era costituito da tre soli uomini, capo-pezzo, operatore MCU (la consolle di inserimento dei dati nel computer di tiro) e pilota, e trovava posto nella cabina corazzata, protetta anche da offese NBC e dai fumi dei razzi con un sistema di pressurizzazione della stessa. Il lanciatore veniva ricaricato autonomamente con due moduli da sei razzi ciascuno grazie ad un sistema meccanico integrato di sollevamento, che rendeva l’operazione molto rapida e sicura.

Negli scenari operativi di tipo tradizionale (simmetrici) allora previsti era infatti essenziale per la sopravvivenza del sistema che i lanciarazzi abbandonassero rapidamente la posizione di sparo subito dopo il lancio dei razzi per sottrarsi al tiro nemico di controbatteria e raggiungessero la zona di rifornimento in aree sicure, da cui poter riprendere il ciclo di fuoco con una nuova messa in batteria.

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Grande importanza era riservata quindi anche alle aliquote destinate ad alimentare i semoventi con nuove munizioni, per il cui trasporto e movimentazione autonoma l’Esercito adottò l’autocarro pesante 6×6 Astra ACP-90, tuttora in uso presso il 5° Reggimento, un valido mezzo munito di gru idraulica per il sollevamento dei moduli trasportati, un massimo di 4 da 6 razzi ciascuno.

La testata dei razzi originali M-26 conteneva 644 sub-munizioni bivalenti M77 del peso di 0,23 kg ciascuna, che l’MLRS un sistema di saturazione d’area, non particolarmente preciso, ma dagli effetti devastanti su una superficie assai estesa.

Questa testata, per quanto efficace, presentava però non pochi inconvenienti derivanti dall’alta percentuale di munizioni che non esplodevano nell’impatto e che, sparse sul terreno, andavano a costituire un pericolo subdolo e di difficile eliminazione, anche per le loro dimensioni ridotte.

Gli ordigni inesplosi rappresentavano una minaccia tale da ostacolare la stessa avanzata delle forze amiche nelle aree colpite, oltre a creare un rischio gravissimo e di lunga durata per le popolazioni civili a conflitto terminato.

Nel 2008 la Convenzione di Oslo bandì per motivi umanitari l’impiego del munizionamento cluster e l’Italia, che nel 2011 aveva ratificato tali accordi, convertì tutti i razzi M-26 in suo possesso, trasformandoli in ordigni inerti da addestramento M-28, tuttora ampiamente utilizzati fino ad esaurimento delle scorte.

 

L’ammodernamento

Gli effetti degli accordi internazionali e le inevitabili obsolescenze che si erano manifestate nel corso degli anni rendevano inevitabile ed urgente un profondo programma di ammodernamento del sistema MLRS in dotazione all’Esercito, anche alla luce delle nuove minacce emerse dopo la fine del confronto bipolare, che richiedevano sorgenti di fuoco di grande precisione per impieghi più selettivi.

Tale processo di trasformazione è durato quasi tre anni ed ha investito direttamente il Reggimento “Superga” in veste di unico utilizzatore del sistema. Condotto in stretta collaborazione con gli alleati europei che avevano co-prodotto l’MRLS, in particolare Germania e Francia, ha riguardato sia l’ammodernamento dei semoventi lanciatori che l’acquisizione di un nuovo munizionamento.

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I cingolati M270 in dotazione al reparto hanno subito un adeguamento di mezza vita e sono stati convertiti in M270E1 con l’adozione di un nuovo sistema di controllo del fuoco denominato “European Fire Control System” (EFCS), che si avvale di una consolle principale, installata nella cabina del lanciatore, denominata Main Control Unit (MCU) totalmente rinnovata rispetto alla precedente ed aggiornata alla luce dei progressi, velocissimi, dell’informatica. Attraverso l’MCU, caratterizzata da un elevato livello di automazione e da una nuova interfaccia uomo-macchina comprensiva di cartografia digitalizzata, l’operatore trasferisce rapidamente nel sistema tutti i dati di tiro, dalle coordinate del target alle modalità del lancio, alla regolazione della spoletta.

E’ stato inoltre sostituito il Position Navigation Unit (PNU), l’unità di posizionamento del mezzo, inizialmente di tipo inerziale ed ora collegata alla tecnologia satellitare GPS, mentre il vecchio apparato meccanico di movimento del lanciatore è stato sostituito con un sistema completamente composto da attuatori elettrici, che consente un brandeggio ed un’elevazione molto più celeri e silenziosi.

Il nuovo munizionamento adottato, denominato GMLRS Unitary M31A1, è un razzo di ultima generazione a guida GPS con testata unitaria prodotto dal 2008 dalla ditta statunitense Lockheed Martin Missile and Fire Control.

Del peso di 315 chili, comprende una sezione di coda con quattro alette posteriori che si aprono al momento del lancio per assicurare la stabilizzazione durante il volo, una sezione motore a propellente solido, la testa di guerra unitaria preframmentata di circa 90 kg e la sezione di guida e controllo. Quest’ultima trasmette le necessarie correzioni di rotta a quattro alette mobili canard in posizione anteriore, i cui movimenti consentono all’ordigno, a tutti gli effetti un missile, di dirigersi verso le coordinate del bersaglio, compensando eventuali variazioni di rotta dovute alle condizioni meteo del momento ed al vento trasversale.

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Le prove a fuoco condotte dal “Superga” nel poligono svedese hanno confermato l’estrema precisione alle lunghe distanze offerte dal sistema d’arma, in grado di centrare obiettivi puntiformi a distanze comprese tra i 15 ed i 70 chilometri con un margine di errore di pochi metri, impensabile per artiglierie tradizionali monotubo. Con un’accuratezza leggermente inferiore, ma comunque molto elevata, la gittata massima sale a circa 100 chilometri.

Poiché la carica di lancio dei razzi è ovviamente sempre la stessa e la loro velocità tocca i 1.100 metri al secondo, le diverse gittate vengono raggiunte impostando angoli di tiro differenti, con traiettorie che possono raggiungere un apogeo di 24.300 metri e che risultano comunque assai diverse dalle quelle balistiche tradizionali.

Sia al momento della partenza del razzo che in quello dell’impatto sul bersaglio infatti, gli angoli della traiettoria risultano molto più elevati: nel primo caso per favorire la guida dell’ordigno, nel secondo per massimizzarne gli effetti terminali.

Un ulteriore elemento di flessibilità operativa è rappresentato dalla moderna spoletta trimodale che, sulla base delle caratteristiche dell’obiettivo, può essere programmata istantaneamente tramite l’MCU con modalità a contatto, tipica dell’impiego in campo aperto, oppure ritardata o di prossimità.

La modalità ritardata è indicata soprattutto nell’impiego contro edifici o strutture rinforzate.

Il ritardo può essere programmato per una detonazione alla profondità di 2 o 4 metri, rispettivamente per edifici ad un piano o per bunker, postazioni interrate protette e strutture abitative a due piani.

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La regolazione della spoletta per la detonazione di prossimità massimizza gli effetti della carica verso bersagli di superficie estesi e non protetti, quali truppe allo scoperto o veicoli non corazzati, e risulta particolarmente idonea in situazioni di impiego di tipo classico, in campo aperto e che non coinvolgano elementi civili, ossia che non impongano particolari restrizioni in termini di danni collaterali.

La detonazione può essere programmata ad un’altezza di 3 o 7 metri al di sopra dell’obiettivo, con minore o maggiore estensione degli effetti della stessa. In caso di malfunzionamento del sensore di prossimità la spoletta agirà per motivi di sicurezza automaticamente ad impatto, garantendo comunque l’esplosione della carica.

L’efficacia del razzo sul bersaglio in determinate condizioni è ulteriormente accresciuta adottando un particolare angolo di caduta che al momento dell’impatto può risultare praticamente verticale, con il duplice vantaggio di concentrare gli effetti dell’esplosione in un unico punto e di ridurre ulteriormente i rischi di danni collaterali.

Tutto questo rende il rinnovato sistema d’arma MLRS-I uno strumento di supporto generale molto flessibile, destinato a rivoluzionare il concetto di artiglieria tradizionale in linea con le esigenze dei moderni teatri operativi, nei quali può essere assegnato, secondo le caratteristiche della missione, ad una Grande Unità o ad un complesso di forze a composizione single service, interforze o multinazionale. I suoi bersagli preferenziali sono rappresentati da obiettivi paganti ad alto valore (High Payoff Targets), quali posti comando, postazioni radar e di artiglieria, depositi di munizioni, ponti, viadotti ed infrastrutture.

 

Il Reggimento

Il 5° Reggimento Artiglieria Terrestre (Lanciarazzi) “Superga” è inserito nel Comando Artiglieria di Bracciano, a sua volta dipendente, dopo le ultime modifiche organizzative, dal Comando delle Forze Operative Terrestri di Supporto di Verona.

La caserma “Luciano Capitò” di Portogruaro che lo ospita è una struttura di ragguardevoli dimensioni per gli standard italiani, che dispone di un ampio comprensorio adatto ad ospitare molte attività addestrative esterne.

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Piazzali e magazzini soddisfano le necessità del reparto, mentre prossimamente i semoventi verranno ospitati in locali chiusi totalmente protetti dalle intemperie, un’accortezza resa opportuna dal proliferare dell’informatica.

La struttura organica del reggimento comprende un Comando, con i tradizionali uffici Maggiorità e Personale (funzione S1), OAIC – Operazioni Addestramento Informazioni e Computer (S2/S3), Logistico (S4) ed Amministrazione (S8), la Batteria Comando e Supporto Logistico (che assicura le funzioni dei servizi di Commissariato, Sanità e Tramat) ed un gruppo lanciarazzi, pedina operativa dell’unità.

Quest’ultimo allinea, oltre al Comando di Gruppo e ad una Sezione Supporto Tecnico, tre Batterie Lanciarazzi identiche, nelle quali sono inquadrate una Sezione Supporto e Tiro e 2 Sezioni MLRS, ciascuna con 3 semoventi M-270E1.

Alla sezione Supporto e Tiro delle batterie fanno capo anche un’aliquota logistica, dotata di autocarri pesanti ACP-90 destinati al rifornimento dei lanciatori, e una squadra difesa vicina, che muove su VTLM Lince per fornire la necessaria cornice di sicurezza ravvicinata durante gli schieramenti.

A livello reggimentale è poi inserito un nucleo di personale con qualifica EOD per la bonifica di ordigni inesplosi, destinato a prendere in carico e se necessario far brillare i razzi oggetto di malfunzionamento, dalla mancata accensione del motore alla parziale estrazione della munizione dal contenitore sigillato. In casi estremi il razzo viene interrato e fatto esplodere.

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La formazione accurata di questi elementi è monitorata dal Centro di Eccellenza C-IED dell’Arma del Genio, che qualifica ad operare sul nuovo munizionamento il personale del reparto con incarico di artificiere.

Spicca invece, rispetto agli organici degli altri reggimenti di artiglieria, la mancanza della Batteria Sorveglianza ed Acquisizione Obiettivi.  Le caratteristiche del sistema MLRS-Improved, la sua gittata e la sua precisione, rendono infatti superflua una tale componente.

L’acquisizione degli obiettivi e la precisa determinazione delle loro coordinate è demandata pertanto a fonti esterne, sia della Forza Armata che dell’Aeronautica. In particolare risulta prassi consolidata la ricezione e l’utilizzo di immagini georeferenziate provenienti da sensori aerei, sia pilotati che a controllo remoto, come i droni Predator e Reaper dell’AMI.

Molto stretta risulta inoltre la collaborazione con le Forze Speciali ed in particolare con il 185° RRAO “Folgore”, i cui operatori sono specialisti indiscussi dell’osservazione ed acquisizione degli obiettivi in profondità con modalità occulte ed in possesso degli strumenti ottici ed elettronici più idonei a determinare le esatte coordinate dei target.

Le caratteristiche tecniche dei semoventi ammodernati allo standard E1 ne consentirebbero persino un utilizzo isolato ed autonomo. Tuttavia per ragioni operative e di sicurezza il modulo minimo normalmente impiegato risulta essere la sezione, con un comando che può essere stanziato in tenda, trasportato da VTLM o montato su shelter autocarrato, e tre lanciatori, di cui uno mantenuto di norma in back-up per fronteggiare esigenze improvvise o malfunzionamenti tecnici. Gli altri due semoventi rimangono invece in stand-by prima dell’azione, in una posizione di occultamento.

Il comando della sezione riceve dall’autorità superiore, ad esempio il Comandante delle Forze o del Contingente, l’ordine di fuoco e le coordinate dell’obiettivo tramite radio satellitare e trasmette tali dati ad uno dei lanciatori in attesa per mezzo dei normali apparati VHF Singars.

A questo punto, se si opera in fonetico-manuale, l’operatore del mezzo chiamato al fuoco inserisce tutti i dati e le modalità di tiro e di spoletta nel sistema di controllo del fuoco EFCS tramite la consolle del Main Control Unit, ripetendo, per verifica, tutte le linee del messaggio di richiesta di fuoco ricevuto. Operando invece in digitale questa fase viene notevolmente ridotta, facendo direttamente eseguire la missione.

Normalmente e soprattutto in ambienti non permissivi, quando il lanciatore è in possesso dei dati di tiro, per eseguire la missione di fuoco raggiunge, accompagnato dalla squadra difesa vicina, la postazione di lancio, che può essere anche sensibilmente distanziata da quella di occultamento.

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Il controllo dei dati di tiro di una missione di fuoco viene eseguito di norma anche dal comando di batteria, se dispiegato, e dalla cellula G-3/J-3 (fuoco) del contingente o della Grande Unità cui l’aliquota di artiglieria è assegnata.

Terminate le opportune verifiche, peraltro rapidissime, il semovente si predispone automaticamente al tiro, mandando la cabina in sovrapressione per proteggere l’equipaggio dai fumi e dagli scarichi dei razzi.

Dopo l’azione il lanciatore lascia rapidamente la zona di tiro per sottrarsi al controfuoco avversario e torna in occultamento, oppure si reca nella postazione di ricaricamento per scaricare i “pacchi” esausti e riceverne di nuovi dall’aliquota logistica. Nel frattempo la sequenza operativa si può reiterare con l’altro veicolo, verso lo stesso obiettivo o con coordinate totalmente differenti.

Il 5° Reggimento, per via di uno specifico contratto internazionale di supporto logistico con la Nato Support and Procurement Agency (NSPA), ed in sinergia con il personale specializzato operante presso l’officina del reparto, mantiene un alto livello di prontezza operativa, con i mezzi in perfetta efficienza.

Sono frequenti le esercitazioni con NRDC-ITA, cui il reparto fornisce sia le pedine nella specifico ruolo di reggimento MLRS che il personale altamente specialistico da inserire nei nuclei Joint Fire Support Element – JFSE.

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Nel contempo il reggimento è chiamato a fornire costantemente all’operazione “Strade Sicure” degli assetti variabili in termini numerici e in differenti città italiane.

Questo personale, prima di essere immesso in operazione, riceve presso il reparto una formazione specifica di circa un mese, nella quale sono inserite almeno 40 ore di addestramento al Metodo di Combattimento Militare, una tecnica studiata per consentire al soldato completamente equipaggiato di difendersi e sopravvivere nelle varie situazioni operative senza ricorrere all’uso delle armi e per fornire una risposta proporzionale e progressiva alle minacce.

Il “Superga” ha saputo fronteggiare in autonomia anche questa specifica esigenza addestrativa del proprio personale, predisponendo un’apposita palestra e qualificando presso il CAPAR di Pisa alcuni istruttori di MCM.

Come dicevamo il 5° Reggimento è il solo reparto dell’Esercito ad impiegare il sistema d’arma MLRS-Improved, pertanto ricadono sul suo comando funzioni formative, addestrative, logistiche, di mantenimento, tecniche, amministrative e di contrattualistica che di norma sarebbero di competenza di organi superiori o di enti logistici e scolastici specifici.

Tutto il personale assegnato al reggimento riceve infatti una formazione specifica direttamente al reparto. I VFP1 svolgono abitualmente le funzioni di conduttori di automezzi o di fucilieri nelle squadre difesa vicina, ma già al loro successivo passaggio alla ferma quadriennale ricevono un nuovo incarico più specialistico nell’ambito delle batterie.

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In particolare per la formazione dei Capi Pezzo e degli operatori MCU il reggimento si avvale di una modernissima struttura per l’addestramento simulato, concepita nell’ambito del consorzio europeo di ammodernamento dell’MLRS, ma i cui requisiti e la cui realizzazione pratica hanno visto l’impegno diretto del reparto, che ne ha definito i requisiti operativi e l’architettura di C2.

Denominata OTS, Operational Training System, consiste in una sala nella quale trovano posto sei postazioni di lavoro, tutte munite di una consolle identica a quella presente sui lanciatori. Il software inserito consente agli allievi di simulare tutte le sequenze operative previste nelle missioni reali, prima, durante e dopo il fuoco, inclusa la gestione di possibili malfunzionamenti. Il tutto avviene senza utilizzare i lanciatori, con sensibile riduzione dei costi e dell’usura dei mezzi.

Le sei workstation sono naturalmente connesse ad un’unità centrale di comando e controllo gestita dal personale del reparto qualificato istruttore, che dirige le simulazioni assegnando incarichi e missioni, e verifica lo stadio di apprendimento raggiunto.

Attualmente è in fase di realizzazione, sempre con l’assistenza diretta del reggimento, una seconda sala addestrativa, destinata alla simulazione delle funzioni dei comandi di batteria, ed il cui completamento renderà ancora più vasta l’offerta formativa interna, realizzando un polo tecnologico sviluppato e completo.

L’unicità del materiale impiegato dal “Superga” ha inoltre imposto che l’officina reggimentale fosse abilitata, sia per le componenti meccaniche che per quelle informatiche, ad interventi manutentivi e di riparazione di livello molto elevato, con la necessità di interfacciarsi direttamente con le ditte costruttrici quale unico interlocutore superiore.

Facile comprendere cosa questa situazione abbia comportato in termini di aggravio amministrativo e di assunzione di responsabilità anche contrattuali: una sfida che il reggimento ha saputo vincere con entusiasmo e professionalità.

Alberto ScarpittaVedi tutti gli articoli

Nato a Padova nel 1955, ex ufficiale dei Lagunari, collabora da molti anni a riviste specializzate nel settore militare, tra cui ANALISI DIFESA, di cui è assiduo collaboratore sin dalla nascita della pubblicazione, distinguendosi per l’estrema professionalità ed il rigore tecnico dei suoi lavori. Si occupa prevalentemente di equipaggiamenti, tecniche e tattiche dei reparti di fanteria ed è uno dei giornalisti italiani maggiormente esperti nel difficile settore delle Forze Speciali. Ha realizzato alcuni volumi a carattere militare ed è coautore di importanti pubblicazioni sulle Forze Speciali italiane ed internazionali.

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