Immigrati, l’occasione perduta

da Il Mattino del 5 febbraio 2018

L’avvio dell’operazione navale Themis con cui l’Agenzia europea delle frontiere (Frontex) ha sostituito Tritoni, in atto dal 2014, è stata salutata in Italia con un ottimismo probabilmente eccessivo.

La Ue schiererà le sue navi in due settori distinti davanti alle coste italiane: a sud per fronteggiare gli arrivi di immigrati illegali da Algeria, Egitto, Tunisia e soprattutto Libia, e a sud est per parare gli sbarchi da natanti provenienti da Turchia e Albania.

Themis avrà quindi un mandato più ampio rispetto alla precedente missione ma continuerà ad occuparsi della ricerca e del soccorso dei migranti in mare anche se il governo italiano apprezza che sia stata accolta la richiesta formulata nell’estate scorsa di modificare il regolamento delle due missioni europee (quella di Frontex e l’Operazione Sophia che dovrebbe, in teoria, contrastare i trafficanti) che prevedeva che tutti i migranti illegali soccorsi venissero sbarcati in Italia.

Una “regola capestro” che scatenò non poche polemiche a Roma non solo perché l’ex ministro degli Esteri, Emma Bonino, affermò che fu Matteo Renzi e il suo governo ad accettarla se non addirittura a caldeggiarla, ma soprattutto perché il diritto internazionale prevede che i naufraghi soccorsi vengano sbarcati nel primo porto sicuro.

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In questo caso è chiaro che i porti sicuri più vicini ai luoghi in cui vengono soccorsi i migrati illegali sono quelli libici, tunisini, maltesi e quello italiano di Lampedusa.

Pare però altrettanto evidente che le decisioni di Frontex hanno valore solo in ambito europeo, quindi la Tunisia potrà continuare a rifiutarsi di accogliere clandestini africani ma, paradossalmente, non accetta neppure il rimpatrio dei suoi connazionali a cui in genere è sufficiente scatenare disordini a Lampedusa per indurre le autorità italiane ad accelerare il loro trasferimento a Porto Empedocle, non a Tunisi.

Malta, che è membro dell’Unione, ha già protestato per le regole dell’operazione Themis e non sembra voler recedere dalla sua politica di totale rifiuto dell’accoglienza ai clandestini in arrivo dalla Libia. Del resto, se anche le pressioni italiane riuscissero a rendere i maltesi più flessibili, è indubbio che nel piccolo Stato insulare non potranno trovare ospitalità che poche centinaia o al massimo poche migliaia di migranti illegali che provocherebbero gravi disordini (come a Lampedusa) dal momento che tutti i clandestini puntano a raggiungere il continente.

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“In caso di incidente un centro di coordinamento di soccorso marittimo (Mrcc) ha l’obbligo di coordinare le operazioni e decide in ciascuno caso in quale porto i migranti saranno sbarcati” ha precisato una portavoce della Commissione Ue aggiungendo che “nella maggior parte dei casi è il centro italiano che deciderà dove inviare le imbarcazioni”.

Difficile però ritenere che richieste di accoglienza dei migranti illegali formulate a Malta o Tunisia dell’Mrcc italiano possano venire accolte se non in casi sporadici.

Inoltre, sul piano della deterrenza, come su quello politico e mediatico, non aiuta il fatto che al recente Forum di Davos Paolo Gentiloni abbia affermato davanti ai media di tutto il mondo che Roma “non chiuderà i porti ai migranti”.

Anche il ridimensionamento dell’area di pattugliamento assegnata all’Italia previsto da Themis non ci offre in realtà reali garanzie poiché navi italiane, europee e delle ong raccolgono molti clandestini di fronte alle coste libiche e solo la loro consegna alla Guardia costiera libica (che già attua i respingimenti e affida i migranti alle agenzie dell’Onu per il loro rimpatrio) garantirebbe lo stop ai flussi e permetterebbe di scoraggiare ulteriori partenze con la certezza che a nessuno verrà consentito di giungere illegalmente in Italia.

Senza i respingimenti assistiti non sarà possibile fermare i flussi (al massimo si potrà rallentarli) né assumere iniziative risolutive che tutelino la legalità e la sicurezza.

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Themis invece, come le altre operazioni navali nazionali ed europee in atto, sottolinea che “le attività di ricerca e soccorso resteranno una componente cruciale ed essenziale del piano” anche se è prevista una componente di sicurezza, che includerà “la raccolta di intelligence e altre misure mirate a individuare i foreign fighters ed altre minacce terroristiche ai confini esterni”, come recita il documento di Frontex.

Più che leciti quindi i dubbi poiché di informazioni di intelligence sui flussi illegali ne vengono raccolte dal 2013 in grande quantità da italiani, flotte Ue e persino dalla Nato. Abbiamo piena consapevolezza che i flussi arricchiscono criminali e terroristi, portando in Europa criminali, jihadisti e, nella migliore delle ipotesi, persone che provengono dalle società più violente del mondo (africane e del mondo islamico), puntano a sfruttare il nostro welfare e soprattutto non dovrebbero avere alcun diritto ad essere accolti in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.

Meglio poi non dimenticare che gli arrivi dei soggetti più pericolosi avvengono probabilmente con i cosiddetti “sbarchi fantasma”, che permettono ai clandestini di far perdere le loro tracce appena sbarcati in Sicilia.

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Un elemento riportato alla ribalta dal recente Rapporto di Interpol reso noto dal Guardian e che dovrebbe consigliare l’Italia e l’Europa a “sigillare” le sue coste intensificando i controlli marittimi con due filtri: uno a ridosso delle coste della Tripolitania libica e della Tunisia per attuare immediati respingimenti assistiti in collaborazione con le autorità di Tunisi e Tripoli e l’altro al limite delle acque territoriali italiane per intercettare eventuali natanti riusciti a infiltrarsi e a superare il primo schieramento navale.

Una scelta impellente e non più rimandabile specie ora che le vicende di Macerata confermano i peggiori timori espressi da diversi osservatori che si occupano di difesa e sicurezza e che da anni paventano derive violente della crescente insofferenza degli italiani nei confronti di un’immigrazione che rappresenta una minaccia oggettiva a fronte di uno Stato che fa di tutto per tutelarla quasi nascondendone o rifiutandosi di riconoscerne il devastante impatto sociale.

L’operazione Themis, che prende il nome di una figura mitologica greca che rappresenta la Giustizia, è quindi un’altra occasione perduta dalla Ue per dare un forte segnale di contrasto ai flussi di migranti illegali e alle infiltrazioni di migranti e terroristi che li accompagnano.

Foto: Marina Militare

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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