Le pressioni USA inducono l’Indonesia a rinunciare ai Sukhoi Su-35

Sfuma il contratto indonesiano per la fornitura di 11 caccia Sukhoi Su-35 del valore di 1,1 miliardi di dollari. Lo ha reso noto l’agenzia TASS che ha riferito di come le autorità locali abbiano abbandonato ogni proposito per la conclusione del contratto.

La commessa era in valutazione dal marzo del 2015 e si trascina coi numerosi colloqui tra Giacarta e Mosca avvenuti negli ultimi anni fino alla firma del contratto che prevedeva tra l’altro la particolare forma di pagamento pari al 50% del compenso in prodotti di fattura locale. Beni prevalentemente agricoli, ma anche derivati della gomma, calzature, carta, resine, materie plastiche e prodotti dell’industria della difesa.

Il Jane’s Defence Weekly nel giugno dello scorso anno dava per altamente probabile le prime consegne dei Su-35 entro la fine del 2019, mentre già dal mese successivo l’ambasciatore indonesiano a Mosca, Mohamad Wahid Supriyadi, ammetteva problemi nelle consegne dichiarando che il ritardo era dovuto alla complessità del sistema commerciale che aveva coinvolto sia i dipartimenti governativi che le società afferenti il contratto.

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La decisione di rinunciare ai caccia russi sarebbe stata assunta dalle autorità indonesiane sotto la pressione degli Stati Uniti. Anche secondo l’agenzia di stampa  Bloomberg, che ha riportato la dichiarazione resa da un funzionario americano che ha voluto rimanere anonimo, sarebbe stata la stessa Amministrazione Trump ad aver costretto Giakarta ad abbandonare l’acquisto dei Su-35 con la minaccia delle sanzioni del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA), un sistema che colpisce con sanzioni Nazioni che acquistano equipaggiamenti dall’industria della Difesa russa.

Sebbene non siano giunte conferme ufficiali da Mosca e Giakarta è stato l’ambasciatore russo in Indonesia Lyudmila Vorobyeva a dichiarare che “gli Stati Uniti stanno facendo pressione sui paesi che vogliono acquisire equipaggiamento per la difesa russa con un solo obiettivo: costringere questi paesi a rifiutare le commesse russe e rivolgersi così all’industria di Washington. Una chiara forma di concorrenza sleale, che viola le regole e le norme del commercio trasparente e legittimo.”

“Questa situazione è un grido d’allarme per la nostra industria della difesa: basti ricordare la storia del contratto indiano per i carri armati T-90, un contratto che ha letteralmente salvato l’Uralvagonzavod dalla bancarotta e successivamente ha permesso di stabilire una produzione in serie di questi carri armati per l’esercito russo” sostiene l’analista russo Vladislav Shurygin.

A tal proposito non mancano gli esempi: i MiG-29K ordinati dall’India che hanno permesso l’avvio della produzione in serie della versione imbarcata del Fulcrum, o ancora le prime vendite di Sukhoi Su-27 alla Cina post crollo dell’URSS su azione energica del compianto capo del bureau Sukhoi Mikhail Simonov o ancora l’ordine egiziano dei 46 MiG-29 che ha salvato il bureau MiG da una crisi stagnante.

Innegabile infatti che le vendite di armamenti russi all’estero non solo producono le liquidità necessarie al sostentamento delle società coinvolte ma generino al contempo anche il mantenimento delle linee di produzione senza tralasciare ovviamente i capitali necessari alla Ricerca&Sviluppo per la realizzazione di progetti al passo con le controparti occidentali.

Il sistema di sanzioni statunitensi CAATSA non è però uguale per tutti e sembra risparmiare (al momento) alcune nazioni come Turchia, Cina e India, che acquistano armi russe ma che hanno rapporti economici, commerciali o strategici con Washington tali da sconsigliare l’Amministrazione Trump da imporre loro sanzioni.

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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