IRBM su Dnipro: la risposta di Mosca agli attacchi anglo-americani

 

Non si è fatta attendere la risposta russa agli attacchi missilistici effettuati nei giorni scorsi dalle forze ucraine con il supporto anglo-americano con missili ATACMS e Storm Shadow su obiettivi situati nelle regioni di Bryansk e Kursk.

Ieri Mosca ha attaccato il territorio ucraino con una salva di missili diretti contro l’area industriale di Dnipro impiegando 7 missili da crociera KH-101, un ipersonico Kh-47M2 Kinzhal e un missile balistico a medio raggio (IRBM) inizialmente identificato dagli ucraini come un missile balistico intercontinentale (ICBM) RS-26 Rubez.

Un vettore sviluppato negli ultimi 20 anni, derivato dall’ICBM RS-24 Yars (che è più grande) e che sarebbe entrato da poco in servizio. Al suo primo impiego in contesti reali è stato concepito per imbarcare testate atomiche multiple (MIRV – Multiple Independently targetable Reentry Vehicles) e manovrabili ma sarebbe stato impiegato a Dnipro equipaggiato con testate esplosive convenzionali o forse addirittura privo di testata bellica, quindi a puro scopo dimostrativo.

Il missile sarebbe quindi stato utilizzato per mostrare i muscoli e una deterrenza che evoca il possibile impiego di armi atomiche in risposta ai missili anglo-americani che cadono sul territorio russo, in ossequio all’ultima revisione della dottrina nucleare russa.

Il missile è stato lanciato, probabilmente da un lanciatore mobile su autocarro, dalla regione di Astrakhan (circa mille chilometri di distanza da Dnipro) ed è stato identificato dagli ucraini come un RS-26, che in realtà ha un raggio d’azione di soli 6mila chilometri: pochi per un vero ICBM ma sufficienti a non definire ufficialmente il missile a raggio intermedio (cioè con raggio d’azione fino a 5.500 chilometri) il cui schieramento è vietato in Europa dall’ Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty (INF).

Il trattato del 1987 mise al bando i missili da crociera e balistici lanciati da terra, nucleari e convenzionali, con raggio d’azione tra i 500 e i 5.500 chilometri (quindi a corto e medio raggio). Gli Stati Uniti si ritirarono dal Trattato INF nel 2018, durante l’Amministrazione Trump, accusando la Russia di averlo violato.

Fonti diplomatiche occidentali hanno smentito che la Russia abbia lanciato un ICBM contro l’Ucraina confermando invece il lancio un missile balistico a media gittata (IRBM) lanciato contro la regione di Dnpro.

Sempre ieri, Vladimir Putin, in un discorso televisivo alla nazione ha detto che “in condizioni di combattimento è stato testato uno dei più recenti sistemi missilistici russi a medio raggio, un missile balistico ipersonico non nucleare”, ha detto Putin precisando che è stato chiamato “Oreshnik”, aggiungendo che tale arma non è intercettabile e che la Russia continuerà a testarlo in questo conflitto scegliendo gli obiettivi “sulla base delle minacce alla sicurezza della Federazione Russa”, ma avvertendo in anticipo i civili perché abbandonino le aree che potrebbero essere attaccate.

Secondo Putin “i test hanno avuto successo, l’obiettivo del lancio è stato raggiunto. Sul territorio dell’Ucraina, nella città di Dnepropetrovsk, è stato colpito uno dei più grandi complessi industriali conosciuti fin dai tempi dell’Unione Sovietica, che ancora oggi produce tecnologia missilistica e altre armi”, ha detto il presidente russo con riferimento allo stabilimento della società aerospaziale ucraina Yuzhmash, che produce componenti missilistiche nell’area industriale di Dnipro.

Un video circolato sui canali Telegram mostra sei ordigni cadere verticalmente uno dopo l’altro al suolo, secondo alcuni osservatori forse dopo essersi separati dal missile, che sarebbe quindi capace di portare testate multiple. Non si può però escludere che il video riprenda anche l’impatto degli altri missili, Kh-101 e Kinzhal, impiegati nell’attacco.

Putin ha affermato che il permesso dato dagli USA e dalla Gran Bretagna a Kiev di attaccare in profondità il territorio russo con i missili da loro forniti ha fatto assumere al conflitto “un carattere globale”, e Mosca si riserva il diritto di colpire anche le infrastrutture militari di Washington e Londra.

“Ci consideriamo autorizzati a usare le nostre armi contro le strutture militari di quei Paesi che permettono l’impiego delle loro armi contro le nostre strutture. E in caso di un’escalation di azioni aggressive, risponderemo in modo deciso e simmetrico. La Russia è pronta a risolvere pacificamente tutti i problemi, ma è pronta anche a qualsiasi sviluppo degli eventi”.

Da Washington il portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha risposto che “sono i russi ad aver provocato un’escalation in Ucraina”, ribadendo comunque che per il momento gli Stati Uniti “non hanno motivo” di modificare la loro dottrina nucleare, come invece ha fatto Mosca.”

L’impiego da parte della Russia di un nuovo missile balistico a medio raggio contro l’Ucraina “non altererà il corso del conflitto o la determinazione degli alleati della Nato a sostenere l’Ucraina”, ha dichiarato il portavoce dell’Alleanza Atlantica Farah Dakhlallah. “La Russia ha lanciato un missile balistico sperimentale a medio raggio contro l’Ucraina. Questo è l’ennesimo esempio di attacco della Russia alle città ucraine. La Russia sta cercando di terrorizzare la popolazione civile in Ucraina e di intimidire coloro che sostengono il Paese”, ha dichiarato.

Prima di lanciare il missile, Mosca ha avvertito gli Stati Uniti, onde evitare fraintendimenti nel momento in cui fosse stato rilevato dagli statunitensi il lancio di un vettore strategico per l’impiego di armi atomiche. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha reso noto che Mosca ha inviato una notifica automatica a Washington attraverso il Centro per la riduzione del rischio nucleare, 30 minuti prima del lancio dell’Oreshnik.

Il portavoce del Pentagono, Sabrina Singh ha confermato che “gli Stati Uniti sono stati pre-allertati poco prima del lancio” aggiungendo che l’arma impiegata è “un missile balistico sperimentale a raggio intermedio” sviluppato sul “modello di missile balistico intercontinentale russo RS-26 Rubezh”.

Secondo un anonimo funzionario citato dalla CNN, la Russia probabilmente possiede solo una “manciata di questi missili sperimentali”.

Nel messaggio alla nazione, Putin ha anche riferito che gli attacchi effettuati contro obiettivi nelle regioni russe di Bryansk e Kursk il 19 e 20 novembre con sei missili ATACMS e un numero imprecisato di missili da crociera Storm Shadow “sono stati respinti”.

Fonti di Mosca avevano riferito che dei 6 ATACMS impiegati 5 erano stati abbattuti e uno danneggiato ma ieri una nota del ministero della Difesa russo ha reso noto che “la difesa aerea ha abbattuto due missili da crociera Storm Shadow di fabbricazione britannica”.

L’abbattimento di due Storm Shadow non significa che altri non possano aver raggiunto l’obiettivo dal momento che in quell’attacco era stato ipotizzato l’impiego di un numero elevato di missili. L’ambasciatore russo nel Regno Unito, Andrei Kelin, ha detto in un’intervista a Sky News che “la Gran Bretagna è ora direttamente coinvolta nella guerra” contro l’Ucraina.

Interessante notare come negli Stati Uniti e in Gran Bretagna nessun esponente di governo e neppure i portavoce abbiano confermato ufficialmente il via libera all’impiego di ATACMS e Storm Shadow sul territorio russo. né il loro effettivo impiego nei due attacchi dei giorni scorsi. Insomma, nessuno ci ha ancora “messo la faccia” in decisioni che innalzano il rischio di confronto con Mosca.

In Russia invece l’annuncio dell’utilizzo del missile balistico a raggio intermedio su Dnipro lo ha fatto direttamente Putin con un messaggio televisivo alla nazione.

Infine, i lanci di missili degli ultimi giorni hanno avuto un pesante impatto sui costi energetici: ieri le quotazioni petrolifere hanno superato i 70 dollari al barile e ad Amsterdam il gas ha superato i 49 euro al megawattora, la quotazione massima da un anno a questa parte. Un incubo per l’Europa in recessione e con l’inverno alle porte.

@GianandreaGaian

Foto: Twitter, TASS e Ministero Difesa Russo

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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