Il rinnovo delle missioni militari italiane all’estero

 

 

 

Prima ancora di entrare nel dettaglio del quadro degli impegni internazionali delle Forze Armate per il 2021, diventa davvero difficile non sottolineare come anche quest’anno la «Deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali» e la «Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso…, riferita all’anno 2020, anche al fine della relativa proroga per l’anno 2021» siano arrivate con enorme ritardo.

Se non c’è dubbio alcuno che la pandemia da SARS CoV-2 (o COVID-19) stia ancora condizionando in maniera pesantissima molte attività, ciò non di meno è altrettanto evidente che simili sfasamenti temporali incominciano a diventare a dir poco paradossali.

Esemplare in questo senso la richiesta di finanziamento per il periodo 1°gennaio – 31 dicembre a favore di “Resolute Support” in Afghanistan; una missione che, invece, si è appena conclusa e sulla quale (ormai) il Parlamento non potrà più certo dire nulla.

Non tanto, e non solo per una questione di trasparenza rispetto all’azione del nostro Paese sulla scena internazionale attraverso l’impiego del proprio strumento militare; quanto, piuttosto, per l’operatività dei contingenti militari schierati in missioni già operanti (in particolare, rispetto alla puntualità dei finanziamenti) nonché per gli ostacoli frapposti all’avvio di eventuali nuove missioni.

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Dover attendere il mese di luglio per avere l’approvazione definitiva dal Parlamento (e ancora più tardi per il riparto delle risorse finanziarie) è tutto fuorché una situazione ottimale anche perché è prevedibile fin da ora una compressione dei tempi per l’esame Parlamentare stesso, al fine di guadagnare tempo.

Laddove invece sarebbe auspicabile un dibattito più approfondito non solo sui provvedimenti nel loro complesso ma, anche, uno di maggiore dettaglio, almeno sulle missioni più importanti.

Passaggi che, per inciso, non sono quasi mai avvenuti dopo l’approvazione qualche anno fa della c.d. “legge quadro sulle missioni internazionali (Legge 145/2016); un provvedimento che pure, almeno in teoria, metterebbe anche a disposizione gli strumenti necessari per svolgere simili approfondimenti.

Esaurite queste prime considerazioni dal chiaro sapore polemico, l’analisi si sposta così sull’attualità; e cioè sul quadro delle missioni internazionali delle nostre Forze Armate in questo 2021.

A partire dall’analisi del contesto di riferimento, all’interno della quale diventa così possibile i tratti caratteristici degli sforzi dell’Italia.

Il tutto partendo dalla considerazione che il panorama internazionale è chiaramente oggetto di tanto rapide quanto profonde trasformazioni; la cui complessità attuale è peraltro amplificata dagli effetti della pandemia in atto.

Ne risulta un quadro di sicurezza caratterizzato da diversi fenomeni quali, in particolare, la rinnovata competizione tra Stati e il persistente fenomeno del terrorismo transnazionale che finiscono con l’avere ripercussioni (dirette e indirette) sulle politiche di difesa del nostro Paese nonché, inevitabilmente, sulla tutela degli interessi strategici nazionali.

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In tale contesto, le operazioni all’estero sono ritenute un elemento centrale della politica di difesa e sicurezza, assumendo una rilevanza politico-strategica utile a garantire la tutela dei nostri stessi principali interessi. Una strategia destinata a svilupparsi secondo le tradizionali linee di sinergia con le Organizzazioni internazionali e con gli attori più importanti.

Senza però disdegnare iniziative nazionali, a sostegno sempre e comunque dell’azione complessiva del nostro Paese, in un approccio integrato ed esteso a tutti i Dicasteri competenti (con i tratti di questo approccio più evidenti, ma non ancora soddisfacenti, in particolare verso l’Africa).

Lo strumento militare dovrà pertanto essere in grado di fronteggiare l’arco di instabilità persistente che attraversa la regione Euro-Mediterranea, sede per l’appunto dei nostri principali interessi. Regione che per l’Italia stessa poi una sua più puntuale definizione nel concetto di “Mediterraneo Allargato”, intorno al quale ruotano infatti molte missioni come quelle nei Balcani, Libia e Nord Africa in generale; laddove ovviamente la stessa presenza e sorveglianza nel “Mare Nostrum” (con una sempre maggiore attenzione verso il suo quadrante orientale) restano comunque fondamentali a tutti i livelli. Ma questo importantissimo bacino d’acqua viene in realtà inteso in maniera sempre più ampia; ponendo in particolare l’Africa al centro dell’attenzione dell’Italia,

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E così che si spiega l’oramai articolata e significativa presenza nel Maghreb e soprattutto nel Sahel, le missioni navali nel Golfo di Guinea o il “presidio” del Corno d’Africa. Infine, Mediterraneo significa Vicino/Medio Oriente; sia in maniera più diretta (con il già citato maggior interesse verso la sua parte orientale), sia indiretta come punto di passaggio verso la Penisola Arabica.

In conclusione, ciò che si propone il Governo è lo schieramento di contingenti in missioni valutate come rispondenti a interessi vitali nazionali e ritenute idonee a garantire la sicurezza internazionale; avendo quali obiettivi ultimi il contrasto al terrorismo, la stabilizzazione delle aree indicate e la coesione Euro-Atlantica.

 

Le missioni militari nel 2021, uno sguardo generale

Per questo 2021 (come vedremo più nel dettaglio in seguito) sono 2 le nuove missioni per le quali si chiede l’autorizzazione al Parlamento; in questo modo, il computo totale salirà quindi da 38 a 40.

Un numero che appare sempre più “discutibile”, segnale cioè di uno sforzo sicuramente importante e che però, proprio in virtù dell’impegno (finanziario e militare) profuso dovrebbe cominciare a richiedere una ben diversa riflessione/analisi sugli impegni attuali e futuri.

E’ vero che proprio negli ultimi anni si è andata sviluppando una più puntuale definizione dell’area geografica di interesse principale; passaggio utile per arrivare a un altrettanto più puntuale (e quanto mai opportuna) concentrazione degli sforzi. Ma ciò non basta.

L’impressione sempre più netta, infatti, è che si stia assistendo a una sorta di “ansia da contribuzione”, con la quale si pensa di colmare/compensare lacune in termini di “burden sharing”; soprattutto sul fronte della quantità (ma anche della qualità) delle spese per la Difesa ma anche rispetto a quello che facciamo effettivamente proprio in queste missioni.

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Tutto ciò non potrà certo continuare all’infinito: il tema di “cosa facciamo” e “come lo facciamo” diventerà parte integrante del dibattito sulla Difesa nel nostro Paese. Includendo un’analisi degli sforzi complessivi anche in campi diversi da quello militare (in particolare, politico-diplomatico ed economico) e dei ritorni (di varia natura) che essi eventualmente producono; e che di certo non si possono limitare a una sensazione (o poco più…) di maggiore prestigio in campo internazionale.

Gli scenari intorno a noi stanno cambiando e lo stanno facendo velocemente; come ci ricordano gli stessi documenti presentati dal Governo.

Detto senza mezzi termini, la sensazione è che accanto a questa analisi sostanzialmente condivisa, manchi ancora una comprensione non tanto di quello che si dovrebbe fare per affrontare tali cambiamenti quanto, piuttosto, la volontà di farlo poi davvero. Anche e soprattutto in termini di ben diverse assunzioni di responsabilità che, detto in maniera esplicita, significa accettare anche i rischi legati a eventuali operazioni di combattimento.

Un orizzonte rappresentato solo ed esclusivamente da missioni di formazione/addestramento, “advise/mentoring, “capacity building” non dovrebbe certo essere l’unico per le Forze Armate di un Paese come il nostro che, al contrario, proprio da un maggior “protagonismo/ intraprendenza/ assertività” in campo militare potrebbe puntare a ben altre capacità di influenzare gli eventi e per eventualmente coalizzare intorno a sé Paesi aventi interessi comuni.

 

Le forze in campo

Per tornare al tema specifico del quadro complessivo restituito dalle missioni militari all’estero per il 2021, sommando quanto previsto per le vecchie e per le nuove 40 missioni totali (più gli appena accennati impegni di natura logistica) risulta un impiego complessivo di 9.449 militari come consistenza massima (9.255 per quelle confermate, più 194 unità di personale per le nuove) e 6.511 come consistenza media (6.461 per quelle già in essere e prorogate anche nel 2021, più 50 unità per quelle che invece saranno avviate quest’anno); questo mentre nel 2020 i corrispondenti numeri erano stati, rispettivamente, di 8.613 e 6.494 militari.

Anche per questo 2021, non si può fare a meno di notare come il consistente divario tra il numero massimo di militari autorizzati e la consistenza media del personale effettivamente impiegato (quasi 3.000 unità) finisca con il diventare un elemento di “opacità”.

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Nell’ambito di queste 40 missioni poi, c’è da dire che poco più della metà di queste restituiscono presenze militari ridotte o ridottissime. Mentre solo le altre 18 possono definite di un qualche peso per quantità di militari impiegati e/o gli assetti schierati. A questi, si aggiungono gli impegni logistici presso la base a Gibuti e nel Golfo Persico.

Sempre a livello di analisi complessiva dello sforzo militare Italiano all’estero, sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno la scomposizione per ambito di riferimento. Sono infatti 9 le missioni svolte in ambito NATO, 12 quelle in ambito Unione Europea e, infine, 7 in quello ONU.

A queste se ne aggiungono altre 3 che si svolgono nel contesto di “coalition of the willing” mentre le rimanenti 8 (più Gibuti e Golfo Persico) sono esclusivamente nazionali. Un quadro dunque che conferma, da una parte la ricerca di una (relativa) maggiore “indipendenza” del nostro Paese sulla scena internazionale; anche se, come detto, sui modi e sui risultati ci sarebbe da discutere. E, dall’altra, il comunque sempre forte ancoraggio alle Organizzazioni internazionali di riferimento.

In termini infine di ripartizione geografica, l’Africa conserva una sorta di primato con 19 missioni di varia natura, segue l’Europa (intesa non solo come “Vecchio Continente” ma anche come Mediterraneo/fianco Sud della NATO) con 11 e, infine, l’Asia con 10. Peraltro, con la fine della missione in Afghanistan (e con la chiusura della base negli EAU), considerando che l’inclusione degli impegni in Libano nella regione Asiatica è più “tecnica” che “pratica” e aggiungendo il quadro legato ai diversi «Potenziamenti dispositivi nazionali e NATO», è evidente che il maggior numero di militari (e quindi il baricentro dei nostri impegni militari all’estero) risiede nella regione Euro-Mediterranea propriamente detta.

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Pur con le note e importanti appendici nel Sahel, nel Corno d’Africa (dunque, grande importanza per l’Africa) e nel Golfo Persico.

Non a caso, lo stesso Ministro della Difesa nelle sue comunicazioni al Parlamento, ha voluto evidenziare il fatto che sia in fase di elborazione/aggiornamento una “Strategia della Difesa per il Mediterraneo”, con l’obiettivo di valorizzare le capacità di presenza, sorveglianza e intervento delle Forze Armate nella regione.

Dal punto di vista finanziario infine, per il 2021 i fondi richiesti per sostenere le missioni militari sono pari 1.254,6 milioni di euro (sommando quelle nuove alle confermate). E questo mentre nel 2020 la cifra stanziata era stata pari a 1.129,4 milioni.

Quale ulteriore elemento di dettaglio, le quote di spesa relative all’adempimento di obbligazioni esigibili nell’anno 2021 sono pari a 984,6 milioni mentre i restanti 270 milioni fanno riferimento all’anno 2022.

Anche quest’anno, accanto alle 40 missioni vere e proprie e ai 2 impegni di natura logistica, nella somma appena indicata sono compresi anche gli stanziamenti legati alle «Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze Armate» (scheda 41/2021); a loro volta rappresentati dalle spese di «Assicurazione, trasporto, infrastrutture», con un totale di 76 milioni di e dagli «Interventi disposti dai Comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali», per 2,1 milioni.

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A questi si deve aggiungere anche il «Supporto info-operativo delle Forze Armate» (scheda 42/2021) svolto dall’AISE (cioè l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), con stanziamento di 26 milioni.

A parte invece, ma pur sempre sostanzialmente riconducibile al perimetro Difesa, anche il «Contributo a sostegno delle Forze di sicurezza Afghane, comprese le Forze di Polizia»; un finanziamento di 1120 milioni di euro ormai in atto da anni (scheda 52/2021)

Per completezza, si evidenzia anche la presenza di 6 “Missioni internazionali delle Forze di Polizia” (schede 43 ÷ 18/2021) che impiegano uomini delle Polizia di Stato e della Guardia di Finanza. Tra queste, la più significativa quella bilaterale di assistenza alla Guardia Costiera Libica, che impiega personale della Guardia di Finanza stessa e anche militari dei Carabinieri con compiti di protezione.

 

Le nuove missioni da avviare nel 2021

Per quanto un simile confronto possa avere un valore relativo a puro scopo “statistico” si ricorda che lo scorso anno le nuove missioni erano state 5 mentre in questo 2021 saranno due.

La prima, assolutamente modesta perché si parla di una sola unità di personale, per una spesa complessiva di poco più di 156.000 €, fa riferimento alla missione «United Nations Assistance Mission in Somalia» (UNSOM).

La seconda invece è di maggior rilievo, non solo dal punto di vista strettamente militare ma anche politico. Si tratta infatti dell’invio di una unità navale, con annessi assetti aerei più personale di staff presso il Comando della operazione, nell’ambito dell’iniziativa multinazionale europea denominata «European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz» (EMASOH), destinata a garantire la sicurezza dei traffici marittimi in quel bacino d’acqua così cruciale quale è il Golfo Persico.

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Si ricorda a questo proposito che la partecipazione Italiana era stata ipotizzata già per lo scorso anno. Tuttavia, per effetto di una serie di eventi a tutt’oggi “misteriosi”, non si era poi concretizzata.

Nel 2021 invece viene “finalmente” autorizzata per un massimo di 193 unità di personale, una nave (classe FREMM, impegnata per 90 giorni), 2 mezzi aerei (uno dei quali un UAV…?) e un costo di poco più di 9 milioni.

Peraltro, questa missione sembra caratterizzarsi per uno sviluppo piuttosto accidentato: come noto infatti, i rapporti tra Italia e Emirati Arabi Uniti si sono notevolmente deteriorati proprio nel corso delle ultime settimane. A questo proposito, si ricorda che il Quartiere Generale di EMASOH stessa è situato proprio negli EAU e questo aspetto potrebbe dunque rappresentare un problema per lo schieramento di una nostra unità navale e di nostro personale in quel Paese.

Sempre con riferimento a EMASOH e tenendo conto della presenza navale che sarà assicurata a favore della missione UNIFIL e in missioni puramente navali uno dei tratti più caratteristici di questa stagione di impegni militari Italiani all’estero è il crescente coinvolgimento della Marina Militare. Un elemento su cui peraltro varrebbe la pena di riflettere in un’ottica più ampia anche di assetto futuro delle nostre Forze Armate.

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Nella «Deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione Italiana ulteriori missioni internazionali» compare poi una voce piuttosto particolare; di fatto, un finanziamento dalle caratteristiche retroattive, volto a garantire la copertura finanziaria all’operazione «Emergenza Cedri». Quest’ultima svoltasi tra l’agosto e il novembre 2020, a seguito dell’esplosione che ha coinvolto il porto e le zone circostanti della capitale del Libano. Un’operazione di carattere esclusivamente umanitario/protezione civile che ha visto l’impiego di circa 400 militari in un ambito interforze, con un costo complessivo di altri 4,1 milioni di euro circa.

 

Le missioni in Europa

In realtà, come da tradizione, i documenti presentati in Parlamento presentano una configurazione non proprio ottimale. Nel senso che, correttamente, si individuano per l’appunto le 3 aree geografiche principali di intervento (Europa, Asia e Africa). Solo che in seguito, aggiungendo cioè il capitolo dedicato al «Potenziamento dispositivi nazionali e NATO», queste ulteriori missioni finiscono con il raggrupparsi al suo interno, senza più alcuna distinzione per aeree geografiche. Sennonché, per una più agevole lettura/confronto con tali documenti, si preferisce mantenere l’impostazione originale. Si comincia dunque dall’Europa.

Più precisamente con la missione NATO «Joint Enterprise» in Kosovo (scheda 1/2021) che prevede lo schieramento (in leggero aumento sul 2020) di 638 militari, 230 mezzi terrestri e un mezzo aereo; il tutto per un impegno economico di 80,9 milioni.

Segue la missione «European Union Rule of Law Mission in Kosovo» o EULEX Kosovo (scheda 2/2021); ovviamente in ambito Unione Europea, con 4 militari impegnati e un costo di poco più di 340.000 euro.

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Sempre nello stesso ambito, la missione in Bosnia denominata «EUFOR Althea» (scheda 3/2021), per il 2021 composta da 50 militari a un costo di poco meno di 2,7 milioni.

In un contesto Nazioni Unite invece la missione «United Nations Peacekeeping Force in Cyprus (UNFICYP)» a Cipro (scheda 4/2021); qui è prevista la presenza di 5 militari per un costo di poco inferiore ai 300.000 euro.

La prima operazione che vede il Mediterraneo come protagonista è quella in ambito NATO, denominata «Sea Guardian» (scheda 5/2021); rispetto allo scorso anno si registra un leggero calo del numero di militari assegnati fino a 240 (da 280) mentre restano invariati gli assetti navali e aerei (2 per entrambi). L’impegno finanziario è pari a 13,6 milioni.

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Ancora Mediterraneo per la missione «EUNAVFOR MED Irini» (scheda 6/2021), il cui mandato definito in ambito Europeo sarebbe anche relativamente “ambizioso” ma che (almeno fino a oggi e, del resto, come la precedente «EUNAVFOR MED Sophia») continua a operare in una sorta di limbo non particolarmente proficuo. A ogni modo, per questo 2021 viene aumentata la consistenza massima autorizzata di personale fino a 596 militari (80 in più rispetto al 2020) con una nave in più (saranno 2) e 3 mezzi aerei; il tutto per un costo di 39,7 milioni.

Per queste, così come per le altre missioni navali, si puntualizza che il numero delle navi e degli assetti aerei sono da considerare quale impegno complessivo nel corso dell’anno; non come consistenza continuativa.

 

Le missioni in Asia

La rassegna delle missioni in Asia comincia con quella «Resolute Support Mission» per la quale si chiede al Parlamento di autorizzare la presenza di personale militare teoricamente fino al 31 dicembre 2021; anche se, di fatto, era già prevista una scadenza al 30 settembre per il completamento del ritiro del nostro contingente. Sennonché, succede che questa missione NATO in Afghanistan si sia di fatto per noi conclusa già il 29 giugno scorso, con il rientro degli ultimi militari.

A ogni modo, i documenti presentati in Parlamento (scheda 7/2021) prevedono/prevedevano un numero massimo di 1.000 militari, 127 mezzi terrestri e 16 mezzi aerei. A margine di questa vicenda, si sottolinea comunque il notevole sforzo logistico sostenuto dalle nostre Forze Armate; uno sforzo coronato dal successo, nonostante alcuni “contrattempi” dell’ultima ora…

E dato che si parla di Afghanistan, cioè della più importante missione militare Italiana del dopoguerra, appare oggettivamente condivisibile la proposta di avviare una seria nonché approfondita riflessione su ciò che è stata questa esperienza oramai conclusa; del resto, gli spunti non mancherebbero di certo.

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Nel frattempo, almeno secondo quanto dichiarato dai Ministri degli Affari Esteri e della Difesa nel corso di comunicazioni rese al Parlamento, sono allo studio delle ipotesi da parte della NATO per continuare a sostenere le attività formative/addestrative le forze di sicurezza Afgane fino al 2024. Visto però il rapido precipitare degli eventi, difficile prevedere quali saranno le reali possibilità di tale sostegno.

Superato questo breve inciso, segue (scheda 8/2021), quello che è ormai diventato uno dei 2 maggiori impegni militari Italiani all’estero, e cioè la missione dell’ONU «United Nations lnterim Force in Lebanon» (UNIFIL). Qui si registra un aumento del numero dei militari autorizzati (da 1.076 a 1.301) così come dei mezzi terresti (da 278 a 368), mentre rimangono stabili a 7 i mezzi aerei a disposizione; la vera novità di quest’anno poi è l’impiego di una nave per la «Maritime Task Force» di UNIFIL stessa. L’impegno finanziario previsto è di quasi 181,4 milioni.

A dimostrazione poi del fatto che il Libano rimane uno dei Paesi oggetto di nostra grande attenzione, anche per il 2021 (scheda 9/2021) viene confermata la «Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze Armate Libanesi» (MIBIL); pure in questo caso si assiste al potenziamento del dispositivo nazionale, con il personale che sale fino a 315 unità (da 140), dei mezzi terresti (ora 97) e anche dei mezzi navali e aerei (una unità ciascuno, con la messa a disposizione di una unità navale della Marina Militare quale novità più importante). Il costo della missione è così indicato in circa 20,8 milioni.

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A seguire, le 2 missioni in Palestina.  La prima (scheda 10/2021) è la «Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di sicurezza Palestinesi», che comporta la presenza di 33 militari per un costo di circa 650.000 euro.

La seconda (scheda 11/2021) è invece la «European Union Border Assistance Mission in Rafah» (EUBAM Rafah); ovviamente svolta in ambito Unione Europea, prevede la presenza di un solo militare per un costo di poco più di 126.300 euro.

Il tema della partecipazione alla coalizione Internazionale per il contrasto al Daesh in Iraq ci porta a 3 distinti impegni.

Il primo è quello legato al contrasto propriamente detto nell’ambito di “Operation Inherent Resolve” (OIR), a opera di una coalizione internazionale (scheda 12/2021); il dispositivo militare è articolato/complesso con 900 militari, 84 mezzi terrestri e 11 velivoli (ad ala fissa e rotante). Il tutto, per un costo complessivo di quasi 231 milioni che ne fanno la missione più costosa.

L’altro “pilastro” del nostro impegno in Iraq (scheda 13/2021) è rappresentato dalla «NATO Mission in Iraq» (NM-I), finalizzata alla formazione e all’addestramento delle Forze di sicurezza Irachene. Una missione peraltro destinata ad assumere un ruolo sempre maggiore in futuro e, per questo, a crescere nella sua consistenza. Questo elemento, unito al fatto che proprio il nostro Paese ne assumerà il comando nella primavera del 2022, sta già facendo aumentare il contingente autorizzato fino a 280 uomini; con 25 mezzi terrestri.

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Per rispettare il limite complessivo di 1.180 militari previsto per entrambe, le “Deliberazioni” precisano che nel caso di ulteriore incremento degli organici per NM-I, si procederà con un’analoga riduzione per l’altra missione. Le risorse necessarie per quest’ultimo impegno ammontano a poco meno di 15,6 milioni.

Infine (scheda 14/2021), la missione Europea «European Union Advisory Mission in support of Security Sector Reform in Iraq» (EUAM Iraq), con 2 militari per un costo complessivo di circa 193.400 euro.

La rassegna (scheda 15/2021) prosegue con la missione ONU nota come «United Nations Military Observer Group in India and Pakistan» (UNMOGIP); anche in questo caso, la presenza militare Italiana si limita a 2 unità di personale per un costo di circa 202.600 euro.

La presenza militare Italiana in Asia si conclude con un tema molto attuale; quello cioè del nostro personale (scheda 16/2021) dislocato presso varie basi nella regione del Golfo Persico (ma anche negli USA, a Tampa), destinato soprattutto al supporto logistico di altre missioni nell’area.

Nell’ambito di questa presenza, l’elemento di maggior spicco era rappresentato dalla “Forward Logistic Air Base” di al-Minhad negli Emirati Arabi Uniti. La base cioè che è stata appena chiusa su richiesta degli stessi EAU, a seguito del montare delle tensioni bilaterali. Una vicenda che, è giusto ricordarlo, va oltre la questione dell’export negato di armi a questo Paese ma che, altrettanto evidentemente, proprio dalla sua gestione “dilettantesca” è stata influenzata in maniera molto pesante.

Con la perdita di questo snodo logistico la cui importanza risulta solo in parte mitigata dalla fine della missione in Afghanistan, l’Italia dovrà quindi fare maggiore affidamento su un’altra base nel Golfo che già svolge funzioni importanti a favore del contingente nazionale schierato nell’ambito della coalizione internazionale contro il Daesh.

Si tratta della base di al-Salem in Kuwait, sulla quale sono schierati i nostri assetti aerei per OIR e anche una batteria missilistica di difesa aerea SAMP/T.

 

Le missioni in Africa

La rassegna dei nostri impegni nel continente Africano parte (inevitabilmente…) dalla Libia. Un’apertura all’insegna del “giallo”, dato che nei giorni precedenti la pubblicazione delle “Deliberazioni” erano circolate voci di un aumento significativo del numero di nostri militari nella nostra ex colonia con annesso ampliamento dei compiti assegnati. Il tutto è stato però rapidamente smentito da fonti dello Stato Maggiore della Difesa. E infatti, nulla di quanto anticipato si è poi materializzato davvero; anche se si può ipotizzare che in caso di evoluzione positiva in Libia soprattutto dopo le elezioni previste per il 24 dicembre prossimo, l’Italia potrebbe aumentare il proprio impegno.

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Procedendo con ordine, il tutto rimane fermo alla missione ONU (scheda 17/2021) definita «United Nations Support Mission in Lybia» (UNSMIL) composta da un solo militare per un costo di 121.000 € e, sopratutto, alla «Missione Bilaterale di Assistenza e Supporto in Libia – MIASIT», la cui consistenza è confermata in 400 militari, 69 mezzi terrestri e 2 mezzi aerei (ma con la possibilità di impiegare ulteriori assetti navali e aerei per incrementare la sicurezza del personale impiegato). Il costo di questa missione è indicato in poco meno di 46,8 milioni.

A completare il quadro della nostra presenza nel Nord Africa (scheda 19/2021), la «Missione Bilaterale di cooperazione in Tunisia», la cui consistenza rimane ferma a 15 militari per un costo di poco più di 500.000 euro.

Conferme poi anche sul quadro degli impegni nel Sahel; diventato ormai uno dei punti centrali dell’azione del nostro Paese.

Si comincia infatti con la missione (scheda 20/2021) delle Nazioni Unite «United Nations Multidimensional lntegrated Stabilization Mission in Mali» (MINUSMA) che vede il mantenimento di 7 militari impegnati, con un costo di 565.000 euro.

Segue la missione (scheda 21/2021) Europea «European Union Training Mission – EUTM Mali», con un marginale aumento del contingente a 14 unità e un costo di poco più di 1,1 milioni.

Quindi è la volta di un’altra missione (scheda 22/2021) Europea e cioè «European Union Capacity Building Mission – EUCAP Sahel Mali», con la conferma dei 16 militari impiegati a un costo di circa 640.000 euro.

Stessa scelta anche per la «European Union Capacity Building Mission – EUCAP Sahel Niger» (scheda 23/2021); 14 militari confermati per poco meno di 475.000 euro.

Le successive missioni sono, sotto diversi punti di vista, le più importanti/qualificanti rispetto al già citato sforzo militare (e non solo militare) Italiano in questa aerea.

Per quanto infatti si tratti di due operazioni separate, la Difesa ha già chiaramente tracciato un percorso (che passa anche attraverso la creazione di una Base Nazionale, quale centro regionale per l’addestramento e l’assistenza alle forze locali, e di un Hub Logistico in Niger) destinato a garantire una loro maggiore integrazione.

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Nel dettaglio, si comincia con la «Missione Bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger – MISIN» (scheda 24/2021), la cui consistenza massima in termini di personale militare è confermata in 295 uomini, con 100 mezzi terrestri e 6 aerei. Impegno che avviene a fronte di un costo di 44,5 milioni.

Qualche novità invece sul fronte della partecipazione alla forza multinazionale «Task Force Takuba» (scheda 25/2021); in questo caso cresce infatti la consistenza massima autorizzata in quanto a personale militare, da 200 a 250, e il numero di mezzi terrestri (da 20 a 44) mentre rimangono stabili gli assetti aerei disponibili (cioè, elicotteri) a 8.

Il dato per certi versi però più interessante è rappresentato dall’aumento da 87 a 151 della consistenza media dei militari impegnati. Il costo di questa missione sfiora così 49 milioni, in sensibile aumento rispetto allo scorso anno, a conferma del fatto che proprio nel 2021 raggiungerà un diverso livello di “maturità” testimoniato dal completamento dello schieramento presso le 2 basi di Gao e Menak, il raggiungimento della capacità operativa iniziale dopo l’estate e l’avvio (quest’ultimo nel corso del prossimo anno) delle attività di addestramento delle Forze Speciali locali. Un ulteriore passo avanti rispetto alle attività iniziali incentrate su MEDEVAC (Medical Evacuation) e ricognizione.

Quale considerazione finale rispetto a questo impegno nel Sahel, si evidenzia che, con l’annunciato graduale ridimensionamento della «Operazione Barkhane» da parte della Francia, proprio «Takuba» è destinata a rivestire un’importanza crescente; il fatto dunque che il nostro Paese opti per un suo potenziamento su più piani (aumento del contingente e integrazione con la missione in Niger), evidentemente dimostra una volontà di un certo tipo.

Fermo restando che le variabili e le difficoltà sono molte come dimostrano le convulsioni politiche che attraversano il vicino Mali.

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Il quadro degli impegni militari in Africa prosegue con la missione (scheda 26/2021) dell’ONU «United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara» (MINURSO), con la conferma di 2 militari e un fabbisogno di 333.000 euro.

Ancora in ambito Nazioni Unite (scheda 27/2021), la «Multinational Force and Observers» (MFO) schierata in Egitto, che mantiene sostanzialmente inalterato il quadro degli assetti schierati; 78 militari e 3 mezzi navali per un fabbisogno di 6,7 milioni.

E poi, la missione Europea (scheda 28/2021) schierata nella Repubblica Centro-Africana «European Union Training Mission – EUTM RCA» con appena 2 militari, che però possono essere integrati da personale proveniente da «EUTM Mali»; il costo di questa missione è indicato in 304.000 euro.

Intorno all’area del Corno d’Africa infine gravitano diverse missioni (per la precisione, 4); oltre all’importante base logistica di Gibuti.

Si comincia con la missione anti-pirateria in ambito Unione Europea denominata «Atalanta» (scheda 29/2021), per la quale sono autorizzati 388 militari (in marginale diminuzione rispetto al 2020), 2 mezzi navali e 4 mezzi aerei; il costo complessivo è di 26,6 milioni.

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Al contrario, per la missione «European Union Training Mission – EUTM Somalia» (scheda 30/2021), si registra un leggero incremento sia dei militari impiegati (da 148 a 154), sia dei mezzi terrestri (ora sono 33) mentre il fabbisogno finanziario a essa legato è di 12,8 milioni.

Del tutto inalterata invece la missione «European Union Capacity Building Mission – EUCAP Somalia» (scheda 31/2021) che, per l’appunto, rimane ferma a 15 militari, con un costo di 413.000 euro.

Qualche modifica di poco conto anche per la «Missione Bilaterale di addestramento delle forze di Polizia Somale, Gibutiane e dei funzionari Yemeniti» (scheda 32/2021); in tutto, 63 militari per un fabbisogno finanziario di quasi 2,4 milioni.

Infine, la «Base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti» (scheda 33/2021); un importante snodo logistico per le operazioni nell’area. Significativo in questo caso l’aumento del personale militare (da 117 a 147), ai quali si aggiungono 7 mezzi terrestri; il costo associato alla base è di 23,3 milioni.

E’ da aggiungere che, per quanto ancora non vi siano indicazioni più precise, l’Unione Europea ha comunque da poco approvato una «European Training Mission – EUTM» a favore del Mozambico; una missione nell’ambito della quale potrebbero essere presenti anche militari Italiani.

 

Potenziamento dispositivi nazionali e NATO

Come già accennato, questa categoria di missioni è in realtà una sorta di “creatura artificiale”; nel senso che abbandona la più pratica classificazione per aree geografiche, a favore di incentrata su aspetti funzionali. Comunque, queste 7 missioni fanno tutte riferimento alla regione Euro-Mediterranea a eccezione di una legata all’Africa e un’altra che presenta riferimento molto ampi (Nord Africa, Sahel e Stati Sub-Sahariani, Medio Oriente).

A ogni modo, questa parte conclusiva si apre con la missione nazionale «Mare Sicuro» (scheda 34/2021); la quale peraltro ha un suo legame con la missione in supporto alle forze navali Libiche. Anche per quest’anno, la consistenza massima autorizzata in termini di personale è pari a 754 militari, con 6 navi e 8 mezzi aerei per un costo di poco meno di 96 milioni.

Conferma importante anche per il «Dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea» (scheda 35/2021). Non inganni in questo senso la modestissima riduzione del personale a 394 militari, dovuta solo alla diversa tipologia di navi impiegate (come accade in anche altri casi). Il dato importante è invece rappresentato dal fatto che il dispositivo rimane incentrato su 2 navi e i rispettivi 4 elicotteri; la differenza rispetto al 2020 è il maggior numero di giorni di schieramento nell’area di operazioni. Il fabbisogno complessivo è di 23,3 milioni.

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Le ultime 5 missioni fanno tutte riferimento alla NATO. Nell’ordine, il «Potenziamento del dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza» (scheda 36/2021) che mette a disposizione 2 aerei per un costo di 2,4 milioni.

A seguire, il «Potenziamento del dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell’area sud dell’Alleanza» (scheda 37/2021) che verte su 2 navi (più un’altra disponibile “on call”) e un mezzo aereo per un totale di 235 militari e un fabbisogno complessivo è indicato in 17,2 milioni.

Poi è la volta (scheda 38/2021) del «Potenziamento della presenza della NATO in Lettonia», con 238 militari e 135 mezzi; per questa missione, i costi sono previsti in 27,6 milioni.

Quindi è il turno della «Implementation of the Enhancement of the Framework for the South» (scheda 39/2021), con 7 militari e un costo di circa 430.000 euro per attività di formazione/assistenza a quegli Stati che insistono sul “Fianco Sud” dell’Alleanza.

Infine, ultima missione in senso assoluto per questo 2021, il «Potenziamento dell’Air Policing della NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza» (scheda 40/2021) che mette disposizione 260 militari e 12 mezzi aerei; il tutto per un fabbisogno complessivo di 33,1 milioni.

Foto Difesa.it

 

 

Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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