UAS e loitering munition: le carenze dell’industria russa

 

 

Dopo le esperienze in Siria con il collaudo operativo di alcuni droni kamikaze (loitering munitions) e d’attacco, le Forze Armate russe hanno iniziato ad operare in Ucraina con un numero limitato di velivoli a pilotaggio remoto come prova anche l’impiego militare dei droni (abbattuti dalla difesa aerea ucraina e quindi documentati fotograficamente) in servizio con l’EMERCOM o Ministero delle Situazioni di Emergenza (l’omologa della nostra Protezione Civile).

Segno inequivocabile che le quantità di droni militari a disposizione delle Forze Armate russe era ancora più limitata di quello che si pensasse.

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La Russia è sembrata in evidente affanno nella produzione di massa di Uumanned Aerial Systems (UAS) e munizioni circuitanti fabbricati in patria a causa di difficoltà industriali con le principali aziende (Kronshtadt e ZALA Aero Group) non ancora pronte a mettere in produzione ordini massicci o per la carenza di componenti elettronici fondamentali alla produzione, probabilmente  dovuta anche alla stretta delle sanzioni occidentali.

Oppure semplicemente per la scarsa esperienza industriale nel settore anche tenendo conto che la Russia si è interessata con notevole ritardo allo sviluppo di UAS.

Il recente cospicuo arrivo dei velivoli di fabbricazione iraniana Shahed-136 (nome russo “Geran-2“) ha in parte avvalorato tali motivazioni ma la risposta più esaustiva l’ha fornita il colonnello Igor Ischuk del ministero della Difesa russo.

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Durante la tavola rotonda “Prospettive per lo sviluppo di tecnologie per i veicoli senza pilota nella Federazione Russa”, l’ufficiale ha espressamente dichiarato che «la maggior parte dei droni aerei prodotti in Russia non soddisfa i requisiti tattici e tecnici del Ministero della Difesa» e di conseguenza il ministero «..è costretto a cercare semplificazioni e accordi aggiuntivi per l’accettazione degli UAS in funzione in modalità sperimentale».

La maggior parte dei produttori di droni russi dunque non sembra in grado di soddisfare i requisiti della Difesa come ha spiegato Ischuk parlando di «non conformità alle specifiche».

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L’ufficiale ha aggiunto che «i [droni] più richiesti, oltre agli UAV da ricognizione e le munizioni circuitanti, sono quelli da intelligence elettronica» e ha inoltre osservato che il ministero della Difesa ha bisogno di droni con un ricevitore di navigazione anti-jamming e allo stesso tempo rientrante in una categoria di prezzo accettabile.

«Questi velivoli dovrebbero essere dotati di sistemi di allarme radar, IFF e dovrebbero essere facili da impiegare».

Una serie di caratteristiche che indica la strada da perseguire all’industria russa, oggi a quanto pare ancora lontana dai requisiti richiesti dalla Difesa russa.

 

Foto: Sukhoi, Zala e Forze Armate Ucraine

 

 

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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