Il tracollo delle forze di Haftar in Libia Occidentale

Le truppe dell’Esercito Nazionale Libico guidato dal generale Khalifa Haftar non sembrano in gradi di riorganizzarsi dopo la cocente sconfitta subita nei fiorni scorsi a ovest di Tripoli dove hanno perso il controllo di tutta la costa tra la capitale il confine tunisino.

Le milizie fedeli al Governo di Accordo Nazionale (GNA) guidate da ufficiali turchi e appoggiate da mercenari siriani turcomanni, droni, artiglieria hanno continuato ad avanzare verso la base aerea di al-Watiya, ultima roccaforte dell’LNA situata 70 chilometri a sud ovest di Sabratha, dove sono confluite le truppe in rotta.

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Secondo l’emittente televisiva araba di proprietà qatariota “Al Jazeera”, gli uomini delle brigate del GNA sono in attesa di istruzioni per assaltare la base già colpita da un bombardamento aereo.

Il portavoce delle forze governative, Muhammad Qanunu, ha affermato ieri che l’aeronautica libica ha preso di mira le colonne delle milizie di Haftar in ritirata. In questo settore il GNA sembra del resto avere la totale superiorità aerea come aveva dovuto ammettere anche il generale Omar Abdel Jalil, comandante dell’LNA nel Settore Ovest.

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“Abbiamo subito pesanti perdite…dobbiamo riorganizzarci ma per farlo abbiamo bisogno di una valida difesa aerea per respingere gli attacchi dei droni” aveva detto il generale due giorni or sono.

Il GNA non sembra voler dare tregua al nemico e il sito d’informazioni al-Aharar, vicino al GNA ha riferito oggi che le forze del GNA hanno circondato la base aerea e stanno negoziando la ritirata delle forze di Haftar, ornai a corto di munizioni dopo aver perso gli ampi depositi delle città perdute nei giorni scorsi (Sabratha, Sorman, al Ajilat, al Jameel, Raqdalin e Zliten) istituiti nei mesi scorsi per sostenere l’offensiva su Tripoli.

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Le trattative in corso, che secondo al-Ahrar mirano a ulteriori spargimenti di sangue e la distruzione dell’aeroporto di al-Watya, prevederebbero il ritiro degli uomini dell’LNA in cambio dell’abbandono della base e delle armi pesanti.

Finora l’unica reazione dell’LNA alla sconfitta subito sul fronte Occidentale è stato un furioso lancio di razzi da 122 millimetri contro i quartieri meridionali e orientali della capitale colpendo l’aeroporto di Mitiga, Arada e Suk El Giuma a circa dieci chilometri dalla centralissima piazza dei Martiri.

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Tra le iniziative tese a rafforzare l’LNA, impegnato in duri scontri anche sul fronte di Tarhouna (a sud di Tripoli) e Abu Grein (a sud est di Misurata) sembra confermato anche l’arruolamento di mercenari siriani tra le forze fedeli al governo di Damasco, alleato dell’Egitto che recentemente ha stretto relazioni diplomatiche, militari e d’intelligence con Haftar.

Dei volontari siriani (che bilancerebbero così i ribelli anti-Assad arruolati dai turchi per combattere in Libia al fianco del GNA) Analisi Difesa aveva riferito già nel marzo scorso quando tali arruolamenti sembrava venissero gestiti dai militari russi del contingente schierato in Siria (nelle due foto sotto) e dalle milizie libanesi Hezbollah arruolando volontari principalmente nelle città di Homs, Hama, Damasco e Suwayda.

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Il 14 aprile il sito del tabloid tedesco Bild ha rivelato che sarebbe invece  la società di contractors russa Wagner a curare l’arruolamento dei volontari in particolare nelle regioni siriane a sud di Damasco e ai confini con Israele (Kuneitra/Golan).

La società militare privata Wagner, che in questi anni ha mandato propri uomini a combattere al fianco delle truppe governative siriane e che schiererebbe tra 600 e un migliaio di propri combattenti al fianco dell’LNA di Haftar in Libia, effettuerebbe ovviamente gli arruolamenti in accordo con Damasco.

Ai volontari verrebbe offerta l’esenzione dal servizio nell’Esercito Arabo Siriano, una paga di mille dollari americani al mese (20 volte lo stipendio di un soldato regolare siriano ma la metà di quanto Ankara paghi i suoi mercenari siriani arruolati tra le milizie antigovernative) e un’assicurazione in caso di ferimento o morte compresa tra 25 mila e 50 mila dollari.

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Costi sostenuti con ogni probabilità dagli Emirati Arabi Uniti o dai sauditi, più difficilmrente dall’Egitto considerate le sue condizioni economiche aggravate dall’epidemia di Coronavirus. Dopo aver appoggiato per anni l’insurrezione contro Assad, gli emiratini si sono recentemente riavvicinati a Damasco, grazie anche ai buoni uffici di Mosca, premendo per un impegno di forze siriane in Libia al fianco di Haftar e per la ripresa dell’offensiva di Assad contro l’ultima roccaforte dei ribelli jihadisti a Idlib, nel nord della Siria.

Iniziative con cui gli Emirati Arabi Uniti puntano a contrastare sul piano militare la Turchia e il Qatar, sponsor dell’insurrezione in Siria e del governo di Tripoli.

@GianandreaGaian

Foto GNA e Twitter

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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