Al-Thani: “ci avete lasciati soli”. Da Roma solo parole

 

“Le nostre truppe stanno avanzando verso Tripoli per liberarla” ma la comunità internazionale ha “lasciato sola la Libia”. Il premier libico Abdullah al Thani (foto a sinistra), in visita negli Emirati Arabi Uniti (EAU) dopo una tappa in Arabia Saudita,  non usa giri di parole in una lunga intervista alla tv al-Arabiya.

Il capo del governo transitorio ribadisce il sì al dialogo tra le diverse fazioni sotto l’egida Onu (ma precisa che lo pseudo  governo istituito dagli islamisti a Tripoli “deve riconoscere la nostra legittimità”) e annuncia che a quasi tre settimane dall’inizio delle operazioni per riprendere il controllo della capitale le forze militari governative “sono alle porte di Ajaylat”, una cittadina a 80 chilometri a ovest di Tripoli, “dove la gente ha festeggiato quando sono entrate”.

Al-Thani  si è detto certo che “le truppe riprenderanno anche Ras Jedir”, al confine  con la Tunisia dove in questi giorni sono in corso raid aerei governativi, quindi “muoveranno da ovest verso Tripoli per liberarla” dalle milizie filo-islamiche del Fronte Fajr Libya (Alba della Libia).

Secondo il premier libico, Fajr Libya – che a Tripoli ha imposto un governo parallelo – non controlla più del 5-10% del territorio “con la repressione e la tortura”, ma “il 95%  dei libici è con il parlamento legittimamente eletto e il suo governo”.

Le forze regolari “si muovono liberamente” nella gran parte del Paese, ha assicurato il premier garantendo che “l’esportazione di petrolio è sotto il controllo delle istituzioni legittime”.

In Cirenaica  “Bengasi è devastata, nel vero senso della parola: dalle infrastrutture al piano umanitario.

Senza benzina le ambulanze restano ferme”, spiega al-Thani parlando dell’offensiva in corso ormai da mesi contro i qaedisti di nsar al-Sharia e guidata dal generale Khalifa Haftar (nella foto a sinistra).

Da fonti dei social media riprese dal Jane’s Defence Weekly le forze islamiste avrebbero schierato a Misurata alcuni missili terra aria SA-3 trasferiti dalla base aerea Tamanhent di Sebha (nel sud desertico della Libia) e appartenuta alle forze di difesa aerea di Gheddafi. Difficile stabilirne il grado di efficienza ma è evidente che se lo scopo dei  miliziani è difendersi dagli attacchi aerei governativi la presenza di missili di quel tipo costituisce una potenziale minaccia anche il traffico aereo civile.

Nell’intervista ad al-Arabya al-Thani ha ammesso che “Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto sono pronti a fornire aiuti “perché  hanno visto quanto ha sofferto il popolo libico” e non ha risparmiato  dure critiche all’Occidente e alla cosiddetta comunità internazionale. “Dopo averci aiutati a rovesciare il regime di Gheddafi, ha lasciato la Libia da sola” e ora “è responsabile di quanto accade”. La ‘colpa’ dei “maggioriPpaesi” che contribuirono alla caduta del Colonnello è quella di “non aver ripulito la scena. Le armi dovevano essere distrutte per poter ricostruire lo Stato, invece le milizie sono diventate più forti della polizia e dell’esercito”.

E anche le Nazioni Unite hanno le loro responsabilità: le sanzioni che impediscono le importazioni di armi in Libia” rendono uguali vittime e carnefici. Questa è una delle ironie dell’Onu”, sostiene Al Thani.

“Vogliono che combattiamo il terrorismo, i gruppi dello Stato Islamico e Ansar al Sharia, ma senza il sostegno di alcuni fratelli non avremmo resistito così a lungo” ha aggiunto confermando di fatto l’aiuto militare di egiziani, sauditi ed emiratini.

Il premier rifila uno schiaffo innanzitutto agli Stati Uniti, contrari a un intervento internazionale e che hanno duramente criticato (minacciando addirittura iniziative internazionali) gli aiuti forniti da Egitto ed EAU al governo legittimo di al-Thani, definiti “ingerenze” dal Dipartimento dio Stato.

Sberla sonora anche all’Italia che nonostante gli appelli del governo libico e del Cairo resta a guardare nascondendosi dietro l’alibi di un’improbabile missione di peacekeeping dell’ONU, come continuano a ripetere goffamente a Roma i ministri di Esteri e Difesa.

Come al solito in Italia si chiacchiera mentre gli egiziani (col denaro saudita)  e gli emiratini  si sono mossi con aerei, armi e consiglieri militari per aiutare il governo libico a combattere qaedisti e milizie islamiste del Fronte “Alba della Libia” legate ai movimenti  salafiti e Fratelli Musulmani e sostenute da Qatar e Turchia.

Proprio da Ankara il premier italiano Matteo Renzi ieri è tornato ad invitare a “fare ogni sforzo affinché si sconfigga il terrorismo e le varie realtà in campo si aprano a un dialogo costruttivo”.

Insomma, la solita aria fritta (materia di cui Renzi appare ormai a molti, anche in Europa, maestro indiscusso)  perché se davvero Roma volesse “sconfiggere il terrorismo” invierebbe aiuti militari al governo di Tobruk che non ci chiede truppe da combattimento ma solo aiuti militari. Sarebbe sufficiente inviare in Libia lo stesso dispositivo (bombardieri, droni e consiglieri militari) che abbiamo schierato in Iraq nell’ambito dell’ambigua Coalizione anti-Califfato.

Invece continuiamo a blaterare limitandoci a fare da spettatori nel conflitto che sconvolge un Paese che tutti dicono rivesta la massima priorità per i nostri interessi nazionali.

Così facendo l’Italia non solo conferma la sua inconsistenza politica e sudditanza strategica (mandiamo truppe e mezzi solo dove “ce lo ordinano” USA e Ue)  ma rischia di venire esclusa dal dopoguerra libico a vantaggio di quanti stanno aiutando attivamente il governo di al-Thani e della Russia che sembra pronta a inviare consistenti forniture belliche per combattere gli islamisti.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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