Cinque fucili e la credibilità della politica sui temi della Difesa

I fatti sono noti.  L’avvocato Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri, nel quadro delle proprie attività di rappresentanza si è recato a Rondine Cittadella della Pace, dove, forse nel tentativo di essere spiritoso (d’altronde a volte è meglio riderci sopra), ha dichiarato (guarda il video da TG Regione RAI):

Roma

“Vi confermo l’adesione alla vostra campagna. E vi porto anche un gesto che rimane simbolico, un piccolo gesto che rimane simbolico ma un gesto concreto: cinque fucili della nostra difesa. Verrà rinunciato l’acquisto a cinque fucili per sostenere le vostre iniziative.
Voi pensate sia stata una cosa facile: cinque fucili, potevano essere 500! Io sto parlando di bilanci già approvati, di poste di bilancio già definite, di programmazione già avanzata. Si è arrestato tutta una macchina per rinunciare all’acquisto di questi cinque fucili. Non è stata una cosa semplicissima perché l’obiezione da parte dell’amministrazione della difesa è stata: “ma ci saranno cinque dei nostri che sono senza fucile”. E va bene, andranno nelle retrovie parlar di pace. Quindi ringrazio anche, in particolare, il Ministro della Difesa Elisabetta Trenta perché ha compreso assolutamente lo spirito dell’iniziativa e quindi mi ha consentito di realizzare questa anticipazione che era nell’aria sin dallo scorso febbraio” 

4Combattimento Centri Abitati

Molti colleghi si sono giustamente indignati ma in realtà non ritengo ci sia assolutamente nulla di cui indignarsi! Abbiamo un Capo di Governo che non solo non apprezza il lavoro e il sacrificio di coloro che servono in armi la Patria, ma li irride? Si tratta soltanto dell’ennesima espressione di una leadership politica priva del senso dello Stato. D’altronde, penso che ce ne fossimo già accorti da tempo.

Per lanciare una borsa di studio (cosa giusta e meritoria), non si trova di meglio che attingere i soldi dal bilancio della Difesa?  Anche qui nulla di nuovo poichè da tempo la Difesa è un bancomat a cui il politico di turno attinge per soddisfare le esigenze più disparate.

Quante volte sono stati rifilati alle nostre Forze Armate mezzi che non servivano, solo perché prodotti da imprese italiane e magari rifiutati alla consegna dalla nazione committente in quanto inferiori agli standard richiesti? L’elenco sarebbe fin troppo lungo: dalle tristemente note AR 76 rifiutate negli anni ’70 dalla Jugoslavia ai Droni P1HH della Piaggio Aerospace dei giorni nostri che solo all’ultimo si è riusciti a non “appioppare” all’Arma Azzurra, grazie solo all’energica presa di posizione del generale Alberto Rosso.

E ci siamo già scordati il ddl sull’acqua pubblica, in cui M5S ipotizza di finanziare il progetto attingendo fondi dal bilancio della Difesa?  Un malcostume purtroppo radicato in Italia.

Ci fu in passato una lettera del Capo del Governo al ministro della Difesa che richiedeva l’avvio di un discutibile programma di lavori e testualmente scriveva “un programma di lavori … dico lavori, non armamenti o dotazioni, cioè strade, ponti, ferrovie, caserme, postazioni, eccetera, in modo da occupare una quantità notevole di mano d’opera. Si tratta di lavori pubblici militari”

Istruttore e nucleo Tiratori Scelti

Anche se mittente e destinatario della lettera potrebbero benissimo loro non si tratta del presidente Conte e del ministro Trenta.

La lettera era datata 5 giugno 1930, il destinatario era il generale Pietro Gazzera, Ministro della Guerra, mentre il mittente era Benito Mussolini. Quando dieci anni dopo siamo entrati in guerra, si sono visti i risultati di tale approccio allegro alle spese per la difesa. Ciononostante, nessuno sembra aver imparato che gli investimenti per la difesa non possono divenire mance elettorali.

Infine, occorre chiedersi a cosa servano i fucili, siano essi 5, 500 o 50.000?  Le Forze Armate dovrebbero essere parte di uno sforzo sinergico insieme con la diplomazia e con i mezzi di pressione economica finalizzato al perseguimento degli obiettivi di politica estera e di sicurezza della Nazione.

Prerogative che l’Italia non è oggi in grado di esprimere in modo coerente e condiviso. Anzi, più che in passato, sembra che le Forze Armate e le risorse sia umane sia finanziarie che vengono loro dedicate siano solo strumentali a rendere favori o ad acquisire facili consensi elettorali. Quindi, vai con la distribuzione di posti di lavoro e di gradi, vai con l’assistenza a tutti i sindaci amici in crisi di credibilità, vai con il “sistema duale” che rende i militari meno soldati e più soccorritori della protezione civile.

Per questo tagliamo i fucili e i missili da difesa aerea: e che nessuno pensi di essere un soldato solo perché veste l’uniforme.

Foto: Arezzo Notizie e Difesa.it

 

Antonio Li GobbiVedi tutti gli articoli

Nato nel '54 a Milano da una famiglia di tradizioni militari, entra nel '69 alla "Nunziatella" a Napoli. Ufficiale del genio guastatori ha partecipato a missioni ONU in Siria e Israele e NATO in Bosnia, Kosovo e Afghanistan, in veste di sottocapo di Stato Maggiore Operativo di ISAF a Kabul. E' stato Capo Reparto Operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) e, in ambito NATO, Capo J3 (operazioni interforze) del Centro Operativo di SHAPE e Direttore delle Operazioni presso lo Stato Maggiore Internazionale della NATO a Bruxelles. Ha frequentato il Royal Military College of Science britannico e si è laureato con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Trieste.

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