Il VCC Lynx, il carro franco-tedesco e le intese industriali tra Italia e Germania

La visita a Berlino del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini e più recentemente a Roma dell’amministratore delegato di Rheinmetall AG, Armin Papperger, hanno riportato alla ribalta la proposta di acquisire e produrre in Italia il veicolo cingolato da combattimento (VCC) KF-41 Lynx, prodotto dal colosso tedesco Rheinmetall AG (6 miliardi di euro di fatturato, 26 mila dipendenti) acquisito dall’Esercito Ungherese e proposto anche ad Australia (Programma Land 400), Qatar, US Army (con Raytheon) e Repubblica Ceca.

Si tratterebbe di una commessa del valore di circa due miliardi di euro per realizzare 400/600 mezzi (661 secondo quanto riportato dall’Esercito) in dieci anni a partire dal 2025 per sostituire i VCC Dardo.

L’amministratore delegato di Rheinmetall Italia, ingegner Alessandro Ercolani, ha illustrato la proposta il 13 gennaio scorso nel corso di un’audizione alla Commissione Difesa della Camera in cui ha fatto il punto sullo stabilimento di Roma (ex Contraves, esistente dal 1952), con una forza lavoro di oltre 400 maestranze, noto per produrre il sistema di difesa aerea a corto raggio Skyguard e “polo d’eccellenza radar” per l’intero Gruppo Rheinmetall.

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Tra le diverse attività enunciate da Ercolani anche il coinvolgimento nel programma di ammodernamento delle fregate F123 della Marina tedesca, dei cantieri TKMS.

“Rheinmetall Italia rappresenta la potenziale porta di ingresso ed il ponte di collegamento nel nostro paese, di tecnologie di eccellenza del Gruppo che va dalla veicolistica corazzata cingolata (carri Leopard, Lynx e futuro Carro Armato Europeo Franco – Tedesco MGCS) all’elettronica per la difesa con, nella nostra visione, importantissime opportunità di collaborazione industriale con gli altri primari attori nazionali da svilupparsi in una dimensione pienamente europea” ha dichiarato Ercolani nell’audizione.

Parlando del ruolo dell’azienda sul mercato italiano l’ad ha evidenziato gli aspetti della partecipazione ai programmi nazionali (qui il video dell’audizione) soffermandosi sulla proposta di acquisire e produrre in Italia il cingolato Lynx.

“Ad oggi, sulla base di un’analisi preliminare e dei dati grezzi disponibili, è possibile affermare come la quota Italiana di produzione possa superare il 70% del valore della commessa da individuarsi prevalentemente nel trasferimento di tecnologia a beneficio dell’industria nazionale.

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In aggiunta si evidenzia come l’acquisizione di tecnologia cingolata per il tramite del nuovo programma AIFV consentirà al nostro paese, in un momento immediatamente successivo, di candidarsi ad accedere, forti di tecnologie acquisite, di una posizione di primo piano nel programma per il nuovo MBT Franco-Tedesco MGCS che, per il calibro dei paesi attualmente coinvolti, i volumi previsti – più di 2.500 veicoli – e la rilevanza delle aziende partecipanti rappresenterà uno dei principali programmi d’armamento a livello europeo per i prossimi 30 anni”.

La proposta di Rheinmetall è quindi di acquisire il Lynx partecipando alla sua produzione ed equipaggiandolo in parte con strumentazione e dotazioni “made in Italy” con l’opportunità di proiettare l’Italia nel programma per il futuro carro europeo. Quel Programma MGCS da cui finora l’asse franco-tedesco ci ha tenuto fuori ma in cui Berlino vedrebbe positivamente un ruolo italiano, utile a bilanciare le pressioni egemoniche francesi.

 

L’asse franco – tedesco incrinato

Non è un mistero che “l’intesa di ferro” tra Parigi e Berlino nel campo della Difesa stia traballando sia sui programmi terrestri che su quello del nuovo caccia di 6a generazione (FCAS o SCAF) dove solo da pochi giorni Airbus e Dassault sembrano aver raggiunto un accordo su quote di partecipazione, ruoli, competenze, condivisione del know-how e sovranità delle tecnologie più spinte.

Consapevoli delle difficoltà che da tempo si trascinano nei rapporti con la Germania e del rischio che a una prevalenza francese nel programma FCAS corrisponda un analogo maggiore “peso” tedesco nel programma per il nuovo carro armato, la Francia ha aperto un ampio dibattito politico, industriale e mediatico su questi temi.

Un dibattito senza esclusione di colpi in cui si “accusano” i tedeschi di voler colmare il ritardo in alcuni settori della Difesa grazie ai programmi europei e all’hi-tech francese.

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Il quotidiano economico Les Échos, in un articolo del 15 marzo sulle difficoltà del programma MGCS, rilevava anche le diverse visioni circa il nuovo carro armato con “i francesi, forti della loro esperienza in molteplici teatri bellici, che immaginano un futuro carro armato mobile, flessibile, adatto anche al combattimento urbano, mentre i tedeschi continuano a pensare alla guerra di posizione di fronte a un’invasione da Est “.

Un tema già affrontato in un’audizione parlamentare nel 2018 dal generale Jean-Pierre Bosser, all’epoca capo di stato maggiore dell’esercito francese, che prevedeva complicazioni sul piano industriale determinate dalle pretese tedesche sulle questioni relative all’armamento principale, motorizzazione e protezione del nuovo carro.

Il 15 marzo il quotidiano La Tribune evidenziava differenti vedute tra Parigi e Berlino circa l’aggiornamento degli elicotteri da attacco Tigre sottolineando come “la maggior parte dei grandi progetti di armamenti in cooperazione con la Germania è in grave pericolo” e ponendo l’interrogativo: “Berlino è davvero un partner affidabile?”

Un dibattito in cui non si nasconde il timore che l’Italia, finora emarginata dai grandi programmi terrestri e aeronautici franco -tedeschi, possa ritagliarsi uno spazio rilevante nei progetti militari di punta europei.

Il 16 marzo il sito specializzato francese Opex 360, sottolineava, citando la visita a Berlino del ministro della Difesa Lorenzo Guerini e un articolo pubblicato da Formiche.net, come le difficoltà nella cooperazione militare franco-tedesca vengano viste positivamente dall’Italia.

 

Le prospettive italiane

La proposta di Rheinmetall dovrà necessariamente venire approfondita dall’Esercito in termini di requisiti e in ambito industriale coinvolgendo Leonardo e Iveco Veicoli Difesa ma dovrà essere valutata anche in termini politici e strategici, implicazioni per le quali sarebbe auspicabile un dibattito aperto.

Al momento non esiste un sostituto made in Italy per il Dardo e dopo le esperienze maturate con quei cingolati da combattimento e con il carro Ariete, prodotti in pochi esemplari e mai esportati, occorre chiedersi quanto possa valere la pena in tema di costi finanziari, capacità tecnologiche e mercato, progettare e sviluppare un mezzo  interamente nazionale che rischierebbero come in passato di arrivare ai reparti in forte ritardo offrendo prestazioni non equiparabili ai più avanzati concorrenti stranieri.

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Certo, si tratta di scelte strategiche e non solo industriali in cui la politica ha il compito di stabilire le linee guida e gli interessi nazionali puntando o meno sulla capacità di produrre da soli sistemi d’arma terrestri avanzati e completi, tenendo conto anche delle ingenti risorse finanziarie da mettere in campo e delle prospettive di mercato.

L’Esercito del resto guarda da tempo con interesse alla cooperazione con altri stati per un nuovo VCC nell’ambito dell’acquisizione di nuovi sistemi d’arma.

Il documento programmatico dell’Esercito reso noto nel maggio 2020, circa il nuovo veicolo cingolato per la componente di fanteria pesante prevedeva il riferimento a ”un progetto in ambito PESCO ma per il quale, contestualmente, si stanno studiando soluzioni capacitive alternative, da perseguire attraverso collaborazioni con altri Paesi”.

Un chiaro riferimento al programma PESCO Armoured Infantry Fighting Vehicle/Amphibious Assault Vehicle/Light Armoured Vehicle, varato nel 2018 insieme a Grecia e Slovacchia (quest’ultima però potrebbe  guardare proprio al Lynx per rimpiazzare i VCC OT-90/BMP 1).

Nel rapporto dell’Esercito Italiano che nel maggio scorso individuava nelle “capacità e sistemi” una delle cinque sfide della forza armata veniva evidenziata una maggiore cooperazione con Israele e Stati Uniti promuovendo il “coinvolgimento  nel processo di ammodernamento dello U.S. Army” attraverso la partecipazione concreta al  Next Generation Combat Vehicle (NGCV) per la realizzazione del successore del cingolato Bradley (gara a cui partecipa anche il Lynx offerto congiuntamente da Rheinmetall e Raytheon).

 

Valutazioni necessarie

La scelta della cooperazione europea dovrebbe apparire, anche politicamente, la più idonea tenendo conto che, dopo il parziale ammodernamento dei carri armati Ariete, anche in quel settore l’Italia punta ad entrare in programmi multinazionali a partire da quello franco-tedesco.

Nell’incontro del 16 marzo con l’omologa tedesca Annagrete Kramp- Karrenbauer, il ministro Guerini ha dichiarato che l’Italia “contribuirà al processo di integrazione della Difesa europea, che non può prescindere da una crescente e costruttiva cooperazione tra le Forze Armate italiane e tedesche e tra le rispettive industrie della Difesa”. 

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Sul piano industriale l’adesione al programma Lynx ffre ritorni industriali rilevanti, acquisizione di un mezzo già esistente e la garanzia che l’Esercito potrà disporne in tempi ragionevoli.

Certo è tutta da negoziare, puntando per fare un esempio ad adottare una torretta interamente made in Italy, e potrebbe favorire anche in termini tecnologici l’ingresso dell’Italia nel programma per il nuovo carro armato franco-tedesco (anch’essa da negoziare con determinazione) mentre sul piano politico-strategico una simile intesa sarebbe propedeutica ad allargare anche ad altri settori la cooperazione italo-tedesca nel campo della Difesa.

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L’Italia è la terza potenza economica e forse la seconda per capacità militari della Ue ma il suo peso contrattuale, anche in termini industriali e finanziari, sarà più alto se concentrerà le risorse e le pressioni su un solo tavolo di trattativa che, secondo gli orientamenti finora annunciati, dovrebbe essere quello europeo.

Del resto, fatte salve le intese atlantiche con gli USA, sarebbe quanto meno paradossale se, dopo anni di martellante promozione dell’Europa della Difesa, perdessimo l’opportunità di inserirci a pieno titolo nei più grandi programmi militari continentali.

@GianandreaGaian 

Foto: Rheinmetall, KMW e Ministero della Difesa

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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