Roma contro La Valletta sui migranti: il punto sulle dispute marittime italo-maltesi

Ad ogni cambio di governo, non appena si presenta il problema sbarchi immigrati, si ripropone la questione delle relazioni marittime italo-maltesi, formalmente improntate a spirito di buon vicinato ma di fatto da decenni in fase di stallo.

Il ministro Matteo Salvini ha da qualche giorno scoperto che Malta non collabora adeguatamente con noi nel soccorso in mare (SAR) dei migranti, come già era avvenuto a Minniti, Alfano e Maroni che si erano confrontati più volte col rifiuto di Valletta di accogliere persone salvate o transitate nella propria zona SAR.

Ancora una volta ci troviamo perciò a sperare che si realizzi finalmente quella cooperazione marittima con il suo vicino più prossimo che l’Italia insegue invano da molto tempo. Vediamo di sintetizzare le questioni irrisolte.

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Il primo nodo sta nell’enorme zona marittima Sar maltese di circa 250.000 chilometri quadrarti. quadrati in cui La Valletta ha responsabilità di soccorso, che si sovrappone alle acque territoriali delle Pelagie e che si spinge fin sotto Creta, a distanza di circa 500 miglia da Malta, privando tra l’altro la Tunisia di un ragionevole spazio in cui esercitare le proprie funzioni di ricerca e soccorso.

Questa zona marittima -dichiarata unilateralmente da Malta e mai riconosciuta dall’Italia- coincide di fatto con la zona per le informazioni di volo (zona Fir)– la cui funzione è regolamentata dalla Convenzione di Chicago del 1944 sulla sicurezza dell’aviazione civile, e che è fonte di cospicui introiti per Valletta.

Una simile zona, così estesa, richiede un efficiente servizio di soccorso. Ma i mezzi maltesi, anche se ben assortiti (anche grazie alla cooperazione militare italiana che, tra l’altro, ha messo a disposizione elicotteri ed un pattugliatore d’altura) e di recente incrementati con 4 motovedette acquistate con fondi europei, non sempre sono sufficienti a garantire tempestivi soccorsi. Tant’è che Malta è stata costretta innumerevoli volte a far intervenire mezzi di soccorso italiani e ha assegnato alla Grecia, tramite un accordo, la sorveglianza nell’area più orientale della propria zona.

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Nel 2008 Malta ha inoltre stipulato un memorandum di cooperazione Sar con la Libia di Gheddafi, considerando evidentemente la prossimità della propria area alle coste libiche.

Una riduzione della zona Sar maltese rappresenterebbe quindi un adeguamento alla realtà geografica dell’area in conformità al principio di effettività presupposto, in materia, dalla Convenzione di Amburgo del 1979, oltre che un riconoscimento della sovranità italiana sulle acque delle Pelagie.

Proposte italiane in questo senso sono state respinte nel 2009 ai tempi del Ministro Frattini; esse sono state sicuramente reiterate in seguito, ma oramai sembrano scomparse dalla nostra agenda di politica estera.

Come detto, Malta ha stipulato un accordo di collaborazione SAR con la Grecia, ma non con l’Italia, benchè la Convenzione del Diritto del Mare (Unclos) e la discendente Convenzione di Amburgo del 1979 auspichino la collaborazione regionale nel SAR  tra Stati adiacenti, come appunto avviene con tutti i Paesi adriatici e con l’Algeria.

SAR Malta

Probabilmente, le resistenze maltesi ad avviare una trattativa con noi nascono dal timore di dover affrontare la questione dei confini delle rispettive zone SAR. Inoltre, la nostra costante disponibilità ad intervenire de facto nella SAR maltese in caso di inadempienza o richiesta maltese è stata forse intesa da Valletta come espressione di una disponibilità politica che sta più a monte e che si dovrebbe basare sul Trattato del 15.9.1980 con cui ci siamo fatti garanti della neutralità maltese assicurando per anni cospicue forme di assistenza tecnico-finanziaria.

Un altro problema è che Malta non accetta  il principio, codificato nel 2004 nell’ambito della Convenzione Solas (1974) e della Convenzione di Amburgo (1979), secondo cui il posto sicuro (place of safety) in cui sbarcare i migranti va individuato tra i porti del paese che è titolare della zona Sar in cui si svolge il soccorso.

A parere di Malta la nozione di place of safety (luogo dove termina il soccorso e dove i migranti possono ricevere tutela dei propri diritti umani ed assistenza) dovrebbe invece essere interpretata nel senso che lo sbarco può avvenire nel porto più vicino al luogo di soccorso, a prescindere dal fatto che esso appartenga o meno allo Stato responsabile del Sar.

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A questa stregua, per i soccorsi vicino alla Libia, lo sbarco dovrebbe avvenire in Tunisia o a Lampedusa. La differente interpretazione di tale principio ha causato più volte tensioni. Di recente se ne è fatto interprete – addirittura su un giornale italiano e senza alcun contraddittorio – il Ministro degli esteri maltese.

Per superare l’impasse, in passato il governo italiano aveva tentato di raggiungere, a livello europeo, una soluzione interpretativa. Trattative erano state avviate nel 2012, assieme a Francia e Spagna, nell’ambito dell’IMO per definire, con un protocollo, un meccanismo che regolasse gli sbarchi in Paesi terzi, quanto meno su base volontaria. Risulta che Valletta abbia poi fatto fallire il negoziato.

E’ comunque innegabile dato di fatto che l’Italia, sin dall’operazione Mare Nostrum del 2013 ha accettato spontaneamente di essere il luogo di sbarco di tutti i migranti salvati in prossimità della Libia, ma anche nella zona SAR maltese (esclusa un’area di 24 miglia attorno all’Isola).

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Dal 2015 si parla inoltre, a livello ufficioso, di un preteso accordo tra Renzi e Muscat, non scritto ma “informale”, secondo il quale noi avremmo garantito a Valletta zero sbarchi. In cambio, Malta non avrebbe svolto attività offshore di trivellazioni nelle aree di piattaforma continentale che ad est si sovrappongono con quelle aperte da noi alla ricerca. La questione ha trovato eco in un’interrogazione al Parlamento europeo presentata da Elisabetta Gardini nel 2015.

L’assertività maltese nei nostri confronti è stata troppo a lungo tollerata. Si può pensare ad una sorta di nostro complesso di inferiorità rovesciato: Malta è troppo piccola e troppo legata a noi economicamente e culturalmente, per essere considerata una Nazione non amica. Di qui la nostra bonaria condiscendenza che rasenta a volte l’inazione se non l’involontaria complicità con i Maltesi.

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Malta ed Italia sono però due Paesi egualmente sovrani, anche se legati da vincoli comuni nell’ambito dell’Ue. Proprio l’Ue, benchè il SAR non faccia parte dell’acquis comunitario,  dovrebbe appoggiare i nostri sforzi per raggiungere una governance efficiente ed ordinata del soccorso nel Mediterraneo centrale. In ogni caso, la questione non può essere tra il Ministro Salvini e Malta, ma deve coinvolgere l’intero Governo ed in particolare i competenti ministeri degli Esteri e dei Trasporti (che gestisce la Guardia Costiera).

Il Governo dovrebbe infine affrontare il problema -giuridico prima che morale- del raggio d’azione delle nostre attività SAR al di fuori dell’area di competenza italiana stabilita dal DPR 662-1994. Non a caso Valletta, nel negare la propria competenza, ha osservato che Roma ha coordinato i soccorsi sin dall’inizio, in prossimità della Libia.

Foto: Maricogecap ,Shutterstock, AP, Pacific Press/Alamy, MISE e Marina Militare

 

E' Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo. Membro del CeSMar, è autore di vari scritti in materia, tra cui "Glossario del Diritto del Mare" (Rivista Marittima, V ed., 2020) disponibile in http://www.marina.difesa.it/media-cultura/.

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