Le relazioni militari russo-serbe irritano la Ue

La Serbia ha ottenuto il terzo posto al Biathlon per carri organizzato nell’ambito dell’IME 2015 (Giochi Internazionali Militari 2015), grande manifestazione tenutasi in dieci diverse località russe dal 1 al 15 agosto scorso.

Al termine della competizione, durante un incontro con il suo omologo serbo Bratislav Gašić, il Ministro della Difesa Sergey Shoigu (nella foto sotto) si è complimentato con Belgrado per il risultato ottenuto ma soprattutto ha proposto di organizzare un addestramento tattico congiunto per le forze speciali aviotrasportate dei due Paesi.

In aggiunta a ciò, come riporta Tanjug, egli ha anche aperto alla Serbia la partecipazione alle attività addestrative russo-bielorusse “Fratellanza Slava” che si terranno nel prossimo settembre e che vedranno impegnate truppe terrestri e aviotrasportate, nonché forze anti-aeree.

Come prevedibile, a stretto giro è arrivata la reazione seccata di Bruxelles, che è intervenuta sul tema per bocca di Maja Kocijančič, portavoce della EEAS (European External Action Service) con delega ai Balcani Occidentali e ai rapporti con la Russia.

Come riporta il sito euractiv.com, infatti, la rappresentante slovena ha affermato che “stanti le attuali circostanze, una tale esercitazione militare congiunta manderebbe il segnale sbagliato”, sottolineando che la UE si aspetta che “la Serbia agisca in rispetto dei suoi obblighi verso l’Europa e del suo processo di integrazione”.

Questa dichiarazione, che di fatto costituisce un non troppo velato veto alle iniziative promosse da Šhoigu non ha trovato un’accoglienza troppo positiva da parte delle istituzioni serbe. Il Ministero della Difesa (MO), infatti, ha difeso il proprio operato e, più in generale, la condotta estera del Paese con un lungo comunicato apparso sul proprio sito internet.

Nel testo, infatti, si può leggere che il MO respinge le accuse poiché la Serbia “conduce una politica estera bilanciata” focalizzata sul continuo miglioramento delle capacità delle forze armate, ferma restando la “neutralità militare proclamata dalla Repubblica di Serbia”.

Il passaggio più interessante, però, si concentra sul livello di cooperazione raggiunto in ambito militare con l’Occidente, sottolineando che “attualmente il Ministero ha le relazioni più strette [proprio] con gli Stati Uniti e i Paesi della UE” e aggiungendo che Belgrado partecipa attivamente alle missioni promosse da Bruxelles (Atalanta, EUTM Somalia, EUTM Mali, etc.).

Intervistato dai giornalisti, Bratislav Gašić,ministro della Difesa serbo (foto sotto e a fianco) , ha ribadito che la Nazione cerca di avere buone relazioni con tutti, ricordando anche che Belgrado ha attive ben 132 collaborazioni con la sola Guardia Nazionale dell’Ohio (foto a lato),

Come riporta RTS, l’Ambasciatore statunitense in Serbia Michael Kirby ha invece liquidato velocemente la polemica europea dichiarando che “la Serbia è libera è può collaborare con chiunque reputi sia necessario”. Ad un’analisi esterna, comunque, le parole della Kocijančič sembrano inserirsi perfettamente nell’ambito delle dichiarazioni di condanna che Bruxelles ripete ogni qual volta Belgrado partecipa ad attività congiunte con la Russia (basti pensare allo SREM 2014 o alla partecipazione ufficiale di Belgrado alla parata per il Giorno della Vittoria) e confermare nuovamente il fastidio della UE per l’ostinazione serba a non volersi adeguare all’attuale linea politica che induca il Cremlino come il “nemico”.

Fingendo di dimenticare che, anche all’interno dell’Europa stessa, ci sono governi vicini a Mosca o assolutamente restii ad applicare le sanzioni contro di essa. E’ evidente come Belgrado non solo non possa accettare passivamente gli input provenienti dalla Commissione, ma anzi sia giocoforza costretta a condurre una politica estera equilibrata, che a volte può apparire “trasformistica”.

Vučić e il suo esecutivo, infatti, devono bilanciare il diffuso sentimento filo-russo (che si è decisamente rafforzato dopo la dissoluzione della Jugoslavia) e la consapevolezza che è praticamente impossibile sopravvivere con l’ostilità dell’Occidente.

Per avere una prova di quanto anche la gente comune sia conscia della debolezza del proprio Paese sufficiente ricordare una battuta molto in voga nel periodo successivo all’indipendenza del Kosovo (che seguì di poco quella del Montenegro): “la Serbia entrerà nell’Unione Europea. Pezzo dopo pezzo”.

Eppure la Serbia si è notevolmente avvicinata alle posizioni europee e, addirittura, a quelle della NATO. Prendendo ad esempio proprio l’ambito difesa, cioè la “pietra dello scandalo” in questa polemica fra Kocijančič e il MO, anche all’osservatore meno attento salta immediatamente agli occhi che, nonostante il forte ricordo dei bombardamenti del 1999, la cooperazione fra Belgrado e Alleanza Atlantica abbia raggiunto livelli senza precedenti.

Oltre a ciò, la Serbia ha iniziato ad aprirsi ad Ovest anche per quanto riguarda la produzione di materiale d’armamento, sia iniziando ad utilizzare calibri NATO, sia dando il via a collaborazioni con realtà europee d’avanguardia.

Questo naturalmente avviene in maniera graduale, poiché il referente principale per le necessità militari non può che rimanere, in questa fase, l’area ex-sovietica, da cui il Paese continua ad acquistare prodotti (peraltro più a buon mercato di quelli Occidentali) come dimostra anche il recente accordo con il Cremlino per due elicotteri Mi-17B5.

A dirla tutta, quindi, non dovrebbe essere Bruxelles a lamentarsi della situazione attuale, quanto piuttosto la Russia, dato che Belgrado rappresenta l’ultimo alleato stabile nei Balcani. Mentre Slovenia e Croazia sono ormai integrate da anni nel sistema euro-atlantico, la Bosnia ed Erzegovina continua ad essere fonte di instabilità, il Montenegro anela a far parte di Unione Europea e Alleanza Atlantica e la Macedonia prosegue nel suo difficile cammino verso la UE e la NATO (lottando nel contempo contro le ingerenze esterne che rischiano di farla esplodere), solo la Serbia resta all’uscio dei grandi progetti politici occidentali.

Per garantirsi la propria posizione egemonica nell’area ex-jugoslava, al riparo dalle iniziative  di Mosca, l’Unione Europea farebbe meglio ad accettare la special-relationship esistente fra serbi e russi, cercando di persuadere i primi a scegliere il “nostro” schieramento usando la carota invece del bastone.

Foto RT , Radio Serbia, RIA Novosti

Triestino, analista indipendente e opinionista per diverse testate giornalistiche sulle tematiche balcaniche e dell'Europa Orientale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste - Polo di Gorizia. Ha recentemente pubblicato per Aracne il volume “Aleksandar Rankovic e la Jugoslavia socialista”.

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