LA CINA RAFFORZA LE CAPACITÀ DI CYBERWARFARE

AGV Il Velino – Le capacità cinesi nell’ambito del cybersecurity e cyberwarfare stanno continuando ad aumentare. Lo rileva un rapporto del Nato Cooperative Cyber Defence Centre of Excellence (Ccdcoe) di Tallinn, che effettua un’analisi comprensiva sulle strutture cyber di Pechino e sul loro sviluppo. Titolo del documento è “China and Cyber: Attitudes, Strategies, Organisation”. In base a quanto appreso, emerge che la nazione asiatica si distingue per il suo approccio alla governance di Internet, ampio spionaggio industriale e militare e la crescente attenzione sulle operazioni nel cyberspazio.

Inoltre, la percezione della Cina sullo sproporzionato dominio occidentale nel plasmare il futuro di Internet a livello globale, ha portato il paese a promuovere una governance nel settore “sovereignty-based”, che consenta alle nazioni di regolamentare il cyberspazio in base alle proprie esigenze.

In questo contesto però, valutando le informazioni come arma strategica per ottenere un vantaggio asimmetrico, Pechino sa bene che queste, se non sono controllate, costituiscono una potenziale minaccia.

Soprattutto se si pensa che oggi secondo gli Internet Live Stats, il numero di utenti a livello mondiale ha superato i 3,4 miliardi e di questi 721 milioni vivono nella Repubblica Popolare. Di conseguenza, sta adottando da una parte politiche restrittive e di protezione attiva all’avanguardia, dall’altra sta incrementando le proprie attività – o appaltate formalmente a terzi – nei confronti di altri attori internazionali e locali.

Nel rapporto si ricorda che il pensiero cinese sulla guerra asimmetrica in generale, e in particolare su quella cyber, è nato formalmente nel 1999 con la pubblicazione del testo “Unrestricted Warfare”, scritto da due ufficiali, Qiao Liang e Wang Xiangsui.

L’obiettivo era fornire una strategia su come una nazione più debole tecnologicamente potesse sconfiggere un nemico superiore, senza ricorrere all’uso del potere militare tradizionale.

In questo contesto c’è stata un’evoluzione costante delle pratiche e della tecnologia, con l’obiettivo di migliorare sempre più la gestione delle cyber-operations e che è culminata recentemente con la costituzione del Central Internet Security and Information Leading Group (27 febbraio 2014), che risponde direttamente al presidente Xi Jinping, il quale ha assunto la responsabilità personale di delineare la cyber strategy della nazione.

Nel documento si evidenzia con allarme che questo approccio dell’ambito cyber come parte integrante della società a tutti i livelli, in primis quello governativo, ha un grande potenziale per incidere sulle attività di tutto il mondo occidentale nel cyber-spazio.

Non è un caso, infatti, che nel tempo siano numerose gli attacchi informatici cinesi nei confronti di potenze occidentali, le industrie e il mondo accademico. Il denominatore comune è stato più che causare danni quello di acquisire segreti tecnologici, al fine di ottenere vantaggi.

D’altronde Pechino non ha fatto mistero delle sue ambizioni. Il ministero della Difesa nazionale della Repubblica popolare a maggio del 2015 ha pubblicato la nuova Strategia Militare (il cosiddetto Libro Bianco), in cui è posta molta attenzione sull’informatizzazione del warfare e in cui si esplicita l’intenzione della Repubblica Popolare di sviluppare ulteriormente la sua cyber force, nonché le sue capacità in ambito informatico sulla situation awareness e la cyber defence tra le altre cose. Inoltre, si ribadisce chiaramente l’obiettivo della Cina di creare una componente militare cyber che sia in grado di vincere le future guerre informatiche.

Ma qual è lo scopo? Nell’analisi della Nato si spiega che l’ambizione di Beijing di raggiungere la superiorità nel cyberspazio è legata alla convinzione che la disattivazione di sistemi operativi più importanti del nemico nelle fasi iniziali di un conflitto porterebbe a una rapida vittoria.

A questo proposito, studiando i documenti disponibili, sembra che la Cina si sta muovendo verso un approccio comune che incorpora guerra cibernetica con un attacco cinetico.

Ciò corrisponde anche con le ipotesi degli strateghi della nazione asiatica sul fatto che l’informatizzazione crei un nuovo campo di battaglia, che l’Esercito Popolare di Lliberazione (PLA) dovrà padroneggiare.

Tuttavia, ci sono anche obiettivi economici e politici pragmatici dietro le attività cyber dei militari.

Principalmente guadagni a breve e lungo termine in relazione allo spionaggio nei confronti di altri governi e del settore privato. Accanto alla raccolta di informazioni preziose dall’estero, infine, forse ancora più essenziale è la sorveglianza condotta contro i cittadini cinesi al fine di mantenere il controllo e la stabilità politica all’interno del sistema comunista.

Gli obiettivi principali di solito includono dissidenti politici e attivisti per la democrazia, ma anche i tibetani, uiguri e seguaci del Falun Gong per esaminare le loro reti e metodi di comunicazione. Anche se queste attività non sono condotte solo attraverso meccanismi militari, il PLA è certamente essenziale per il mantenimento di tali operazioni.

Come ulteriore evoluzione della direzione verso cui va la Cina in ambito cyber, è necessario ricordare la costituzione della Forza di Supporto Strategico (SSF) istituita dopo il lancio dello Cyberspace Strategic Intelligence Research Centre del PLA a giugno del 2014 con l’obiettivo di fornire un solido sostegno per ottenere alta qualità dei risultati della ricerca d’intelligence e aiutare così la Cina a ottenere un vantaggio nella sicurezza delle informazioni nazionali.

Nel prossimo futuro, infatti, secondo le previsioni sarà proprio l’SSF la forza principale dietro alla cyberwar di Pechino e assumerà il controllo su tutte le operazioni spaziali e cibernetiche del PLA.

Secondo alti ufficiali cinesi, la Forza sarà composta da tre unità distinte: le Forze Spaziali (riconoscimento e navigazione satelliti), le Forze Cibernetiche (hacking offensivo e difensivo), e le Forze per la guerra elettronica (jamming e interruzione dei radar e delle comunicazioni).

Il suo compito principale sarà garantire vantaggi militari locali nel settore aerospaziale, spaziale, cyber e nei campi di battaglia elettromagnetici, attraverso operazioni come il tracking e la reconnaissance, la navigazione satellitare, nonché l’attacco e la difesa in spazi cibernetici ed elettromagnetici.

Inoltre la Forza di Supporto Strategico si occuperà di difendere le infrastrutture critiche civili nazionali per aumentare la sicurezza delle istituzioni finanziarie cinesi e della vita quotidiana delle persone in generale.

Di fatto, l’SSF sarà responsabile per ogni aspetto della guerra della cyberwar della Repubblica Popolare, centrale nel pensiero strategico della Cina sulla guerra asimmetrica e sull’attacco preventivo.

In un quadro più ampio, questa e altre riforme in corso mirano a razionalizzare le attività militari in tempo di guerra e di pace, al fine di ottenere una posizione di vantaggio in caso di conflitto contro paesi tecnologicamente all’avanguardia.

L’idea, infatti, è dotarsi delle capacità per paralizzare e sabotare i sistemi operativi e di comando del nemico, in quanto elemento chiave per raggiungere poi il dominio a livello aereo, marittimo e terrestre.

Foto: Xinhua, Newsweek, PLA, Nato e Web

Francesco BussolettiVedi tutti gli articoli

Nato a Roma nel 1974, lavora all'agenzia di stampa Il Velino. E' inviato di guerra embedded dal 2003, quando partecipò alla missione Antica Babilonia con l'Esercito Italiano in Iraq. Ha coperto sul campo anche i conflitti in Afghanistan (Enduring Freedom e Isaf) e Libano (Unifil), nonché quelli in Corno d'Africa (Eritrea, Etiopia e Somalia) e le principali attività della Nato al fianco delle forze armate di diversi paesi. E' ufficiale della Riserva Selezionata dell'Esercito, specialista Psy-Ops, e tra il 2012 e il 2013 ha prestato servizio a Herat nell'RPSE. Attualmente si occupa in particolare di cybersecurity.

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