Covid: la corsa a vaccinare i militari

Molti stati in tutto il mondo stanno vaccinando le forze armate contro il Covid-19, soprattutto quelle impegnate in missioni all’estero o comunque in situazioni ad elevato rischio di contagio.

Il principio, specie per i paesi occidentali, è evitare il rischio di contingenti decimati a causa della pandemia, con una conseguente riduzione drastica della loro capacità operativa. Senza contare il fatto che, essendo ormai le basi militari nei teatri operativi quasi tutte joint, eventuali contagi potrebbero estendersi agli alleati, determinando effetti a catena dagli esiti imprevedibili. I vari ministeri/dipartimenti della Difesa hanno infatti stilato tra dicembre e i primi di gennaio piani ad hoc per il personale militare in patria e in missione all’estero.

I primi a ricevere il vaccino sono stati coloro che si occupano di garantire e proteggere il funzionamento delle infrastrutture critiche. A seguire, chi è impiegato in missioni internazionali.

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La Cina ha iniziato nella primavera del 2020 a vaccinare i militari, gli Stati Uniti hanno cominciato le vaccinazioni presso le basi in Iraq, Siria e altri teatri, nonché in unità come la Terza Expeditionary Force del Marines o in quelle navali. Inoltre, sono state somministrate dosi alle forze speciali e ad altri tipi di assetti di pronto impiego, anche se nelle forze armate USA molti militari rifiutano di vaccinarsi.

La Francia sta immunizzando l’intero equipaggio della portaerei Charles De Gaulle e tutti i membri del Carrier Strike Group (CSG) incentrato su questa unità. La Coalizione Internazionale anti-Isis ha iniziato a vaccinare i volontari. Tutti di fatto stanno operando una strategia simile.

In Italia finora solo i medici militari e il personale sanitario hanno avuto la prima dose di vaccino mentre solo da pochi giorni si è cominciato a vaccinare i militari sia presso la struttura ad hoc allestita presso la Cecchignola, sia in diverse caserme sul territorio nazionale.

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L’Esercito in particolare, sta fornendo i vaccini al personale dell’Operazione Strade Sicure e a quello di imminente immissione nei teatri operativi oltremare.

Per chi è già all’estero, invece, per ora non è previsto pur se i nostri militari sono spesso, molto più di altre nazioni, a contatto con situazioni di potenziale rischio di contagio.

Basti pensare ai continui salvataggi in mare dei migranti nel Mediterraneo, che partono da Stati e coste in cui non c’è alcun controllo, magari dopo essere rimasti per mesi in centri sovraffollati e con pessime se non nulle condizioni igienico-sanitarie. La decisione non dipende sui vertici militari, semplicemente il piano nazionale di vaccinazioni anti-pandemia non lo prevede.

Peccato, perché vaccinare subito tutti i militari impegnati in missioni avrebbe dato un bel segnale di attenzione verso chi si è prodigato in tutte le ultime emergenze in Patria e oltremare e avrebbe richiesto uno sforzo molto limitato dal momento che sono appena 7.488 i militari italiani impegnati nelle missioni internazionali.

Foto: Difesa.it e Esercito Italiano

 

Francesco BussolettiVedi tutti gli articoli

Nato a Roma nel 1974, lavora all'agenzia di stampa Il Velino. E' inviato di guerra embedded dal 2003, quando partecipò alla missione Antica Babilonia con l'Esercito Italiano in Iraq. Ha coperto sul campo anche i conflitti in Afghanistan (Enduring Freedom e Isaf) e Libano (Unifil), nonché quelli in Corno d'Africa (Eritrea, Etiopia e Somalia) e le principali attività della Nato al fianco delle forze armate di diversi paesi. E' ufficiale della Riserva Selezionata dell'Esercito, specialista Psy-Ops, e tra il 2012 e il 2013 ha prestato servizio a Herat nell'RPSE. Attualmente si occupa in particolare di cybersecurity.

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