L’Isis colpisce nel sud della Francia

Se ci fa sentire meglio possiamo continuare a parlare di “lupi solitari” e “cani sciolti” per minimizzare la portata della minaccia islamica-jihadista portata all’Europa ma appare sempre più evidente che Radouane Lakdim, autore venerdì del triplice attacco terroristico tra Carcassonne e Trèbes, non era uno sprovveduto.

Oltre a una pistola e a un coltello da caccia, la polizia che lo ha abbattuto nel supermercato dopo che aveva ucciso 4 persone, incluso il tenente colonnello della Gendarmeia Arnaud Beltrame (nella foto sotto), offertosi in ostaggio al terrorista in cambio della liberazione di una donna), ha rivenuto anche tre ordigni esplosivi artigianali.

Nato in Marocco nel 1992 e cittadino francese dal 2015, Lakdim si è definito “un soldato dello Stato islamico (IS)” come conferma anche il materiale ritrovato a casa sua.

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Era stato in carcere un mese nel 2016 per traffico di droga ma fin dal 2008 faceva parte di un gruppo salafita Tabligh che ha la sua centrale europea a Barcellona

Secondo France Info, Lakdim era schedato nella lista dei “segnalati per la prevenzione della radicalizzazione terroristica” (Fsprt), che è una lista diversa da quella ‘S’ degli individui radicalizzati a rischio di passare all’azione terroristica.

In Francia sono almeno 15mila gli estremisti islamici schedati con la fiche “S”, ma Lakdim era schedato tra i ben più numerosi estremisti islamici non considerati ancora potenziali terroristi: un elemento che offre un quadro allarmante della reale consistenza della minaccia terroristica islamica.

Specie quella diretta contro i cosiddetti “soft target”, bersagli facili come passanti o avventori di locali pubblici e supermercati. I soli terroristi potenziali erano già troppi per poterli tenere sotto controllo in modo continuativo con gli organici di polizia oggi disponibili: il loro numero del resto aumenta in continuazione e se ad essi oggi si aggiungono anche le tante migliaia di uomini come Lakdim è chiaro che nessuna prevenzione è possibile.

Un problema che non riguarda solo la Francia ma anche Belgio, Germania, Gran Bretagna, Svezia: gli Stati dove la presenza islamica è più consistente e con essa anche quella di estremisti e potenziali terroristi, dove intere aree urbane vengono amministrate dalla sharia e sono off-limits per le forze dell’ordine.

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Non è un caso che i giornalisti francesi e internazionali sono stati cacciati con minacce e qualche violenza da gruppi di facinorosi abitanti del quartiere dove viveva Lakdim.

Una minoranza rumorosa (come a molti emuli degli struzzi piace credere)? Meglio ricordare che secondo sondaggi effettuati in diversi Stati negli ultimi anni almeno un terzo dei componenti delle comunità islamiche in Europa ammette di condividere in parte o in toto gesta e ideologia dei terroristi.

Del resto diritti e libertà personali, incluse quella di stampa ed espressione, non sono compatibili con l’Islam né sono riscontrabili nella stragrande maggioranza dei Paesi musulmani.

Il fatto che il triplice attacco si sia verificato nel Sud Ovest della Francia, lontano dalla regione parigina o da altre importanti località già prese di mira dal terrorismo islamico (ma Carcassonne è un’importante città turistica) non può essere interpretato come un segnale di debolezza dei terroristi, anche perchè agire in periferia comporta vantaggi non irrilevanti.

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Innanzitutto Lakdim ha “giocato in casa”, nella zona dove viveva, conosceva il territorio e probabilmente anche alcuni degli obiettivi presi di mira.

Colpire in aree periferiche e piccoli centri consente inoltre ai terroristi di guadagnare tempo prima dell’arrivo dei reparti speciali antiterrorismo rafforzando così nell’opinione pubblica la percezione che nessuno e nessun luogo possono considerarsi al riparo dalla minaccia jihadista. Obiettivo quest’ultimo di portata strategica per le ambizioni globali del terrorismo islamico.

Gli investigatori francesi sospettano che Lakdim avesse effettuato un viaggio in Siria, forse per addestrarsi all’uso delle armi e alle tattiche di guerriglia e combattere sotto le bandiere dello Stato Islamico.

Non ci sono certezze in proposito, ma l’aver aperto il fuoco contro quattro agenti delle Compagnies Républicaines de Sécurité (i reparti antisommossa della polizia) denota un sangue freddo e una pianificazione (i poliziotti erano in borghese e stavano facendo jogging) che difficilmente si improvvisano.

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Uno degli agenti è rimasto ferito ma, da quanto è emerso, il bilancio poteva essere ben più tragico se l’arma di Lakdim (nella foto a lato) non si fosse inceppata obbligando il terrorista a fuggire a Trèbes dove si è poi barricato nel supermercato.

La disponibilità di armi e bombe potrebbe indicare che Lakdim ha potuto contare su una rete di fiancheggiatori se non di una vera e propria una cellula e del resto la rivendicazione del triplice attacco da parte dello Stato Islamico, potrebbe apparire ben motivata e non solo “di opportunità”.

La vendetta per i raid aerei francesi contro l’Isis in Siria e la richiesta di liberazione di Salah Abdeslam sembrano confermare la rivendicazione dell’IS.

Difficile però che il terrorista marocchino credesse davvero di poter negoziare con Parigi il rilascio di Abdeslam. Più probabile invece che Lakdim volesse abbinare il suo nome al capo della cellula dell’Isis che uccise 130 persone a Parigi il 13 novembre 2015, “grande eroe” del jihad.

@GianandreaGaian

Da Nuova Bussola Quotidiana

Foto AP e AFP

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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