Afghanistan: il cauto ottimismo del generale Battisti

Adnkronos – Dopo un anno di permanenza in Afghanistan, venerdì il generale di corpo d’armata Giorgio Battisti, Comandante del Nato Rapid Deployable Corps-Italy (NRDC-ITA), farà rientro in Italia dopo aver assolto a Kabul l’incarico di Capo di Stato Maggiore della missione International Security Assistance Force (Isaf), svolgendo un ruolo fondamentale nel coordinamento dei militari provenienti dal Comando Nato di Solbiate Olona e da altri 50 Paesi. Il generale Battisti è stato avvicendato nell’incarico a Kabul dal parigrado dell’Esercito turco Kenan Hüsnüoğlu, comandante del NATO Rapid Deployable Corps – Turkey di Instanbul (foto in coda all’articolo).  “Dopo un anno “intenso e faticoso potrò riabbracciare la mia famiglia, ma so che una parte del mio cuore rimarrà sempre qua”, dice all’Adnkronos Battisti. L’aspetto che più colpisce Battisti, giunto alla sua quarta missione in Afghanistan (la prima iniziò nel dicembre 2001), “è constatare quanto sia cambiato il Paese. Rimangono ancora sfide difficili da affrontare ma i miglioramenti si notano in tutti i settori della società. Vi è un chiaro progresso nel processo di stabilizzazione nazionale. Allo stesso tempo -spiega- persistono evidenti criticità quali la lotta al terrorismo, alla corruzione e alla proliferazione dei narcotici, il rientro dei rifugiati, così come lo sfruttamento delle opportunità nel commercio, infrastrutture e connettività, che sono problematiche all’attenzione di tutti.

L’Esercito e la Polizia – aggiunge Battisti – dimostrano ogni giorno maggiore capacità di affrontare le sfide della sicurezza. Hanno sempre più fiducia in loro stessi e operano con riconosciuto coraggio per guadagnare la fiducia della popolazione, nonostante le pesanti perdite che subiscono ogni giorno. La loro dedizione contrasta efficacemente la campagna di terrore degli estremisti che si oppongono al processo di riconciliazione e stabilizzazione nazionale”. L’Afghanistan è un Paese diverso da quando, alla fine del 2001, cadde il regime talebano. Nel corso degli ultimi 12 anni oltre 7.000 insorti hanno deposto le armi e sono rientrati nella società attraverso un apposito programma di reinserimento. La crescita interna è la più rapida tra i Paesi dell’Asia del Sud nei settori dello standard di vita, della salute, dell’istruzione e della formazione. Quasi 8 milioni di bambini frequentano le scuole elementari (2,5 milioni sono le ragazze, pari al 37% circa).

Nel corso del 2009 circa 80.000 studenti (il 26% ragazze) hanno ottenuto il diploma di scuola media superiore, mentre nello stesso anno si sono laureati circa 9.800 giovani. Il 71% della popolazione possiede un cellulare; il 52% dispone di un televisore e l’8% ha accesso a Internet. Sono presenti 175 stazioni radio, 75 canali televisivi, agenzie di stampa e centinaia di pubblicazioni, inclusi 7 quotidiani. “L’impegno italiano – sottolinea il comandante Battisti – è anche testimoniato dai quasi 4 miliardi di euro d’investimenti, oltre al completamento di un ospedale e del carcere femminile di Herat, 81 scuole, 49 strutture sanitarie, un ospedale pediatrico e un centro giovanile. Inoltre, gli Italiani hanno restaurato 20 edifici pubblici e costruito 715 pozzi, 25 strade, 20 canali e ponti in Karta e Zirko Valley”. La strada della politica è comunque, sottolinea Battisti, “la chiave per una stabilità sostenibile, per la sicurezza e per la prosperità economica dell’Afghanistan e di tutta la Regione.

Le elezioni presidenziali del 2014 sono la più importante sfida di questi ultimi 13 anni della vita politica dell’Afghanistan e della comunità internazionale. I giovani, che rappresentano circa il 50% della popolazione, ricoprono un ruolo fondamentale e saranno il ‘mezzo’ per far si che l’Afghanistan non possa ritornare nel periodo degli ‘anni bui’ dei talebani”. Entro quest’anno la missione Isaf dovrebbe concludersi. E’ già iniziato il rientro in patria di circa 400 militari italiani, come parte del ridimensionamento del contingente italiano che proseguirà fino alla fine del 2014. Ma “’molto rimane da fare ed è per questo che la nuova Missione Resolute Support avrà una ‘posture’ differente. La Nato non si ritira dall’Afghanistan, è più appropriato parlare di cambio della natura della missione. In quest’ottica, si dovrebbe utilizzare la più idonea espressione di cambio (shifting) della missione.

Dunque – rimarca il generale Battisti – nessun ritiro, ma una graduale e concordata rimodulazione della missione e delle forme di supporto per meglio permettere la crescita delle varie componenti la società afgana, non solo nelle funzioni militari”. Sono 53 i morti italiani in tredici anni di missione afghana, migliaia i militari delle forze internazionali deceduti in questi anni nel corso dell’operazione. “Anche un solo caduto è già troppo. Ma dico anche che il sacrificio di tanti uomini e donne in uniforme, e non solo, è servito a far sì che la politica potesse prendere il posto della forza per dare un futuro migliore a questo Paese”.

 

 

Foto Isaf

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