La bomba di Kim Jong-Un fa paura anche a Pechino

Da Il Sole 24 Ore dell’8 gennaio

Ci vorranno forse settimane per chiarire la reale natura del test atomico nordcoreano effettuato mercoledì. Per comprendere se davvero il regime di Kim Jong Un è stato in grado di far esplodere un ordigno termonucleare miniaturizzato, come annunciato dalla tv di Stato, o se l’esperimento è stato limitato a un’arma a fissione come quelle già impiegate nei tre test precedenti, come sostengono molti esperti valutando le capacità tecnologiche nordcoreane e soprattutto la scarsa intensità della scossa tellurica provocata dall’esplosione.

Sensori e aerei spia in grado di “annusare” l’aria sono già stati mobilitati da Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud per raccogliere elementi utili a comprendere la reale natura del test effettuato in profondità nel poligono nucleare di Punggye-ri ad appena 100 chilometri dal confine cinese e 200 da quello russo. Dalla base di Kadena, nell’isola nipponica di Okinawa, sono decollati tre aerei statunitensi P-3 e RC-135 (nella foto sotto) con il compito di effettuare rilevamenti e raccogliere “prove supplementari”, come le ha definite Il portavoce della Casa Bianca, John Earnest.

Le stime ritengono che i nordcoreani dispongano tra i 12 e i 20 ordigni atomici a fissione nucleare ma il salto di qualità rappresentato dalla messa a punto di bombe H non mostrerebbe solo l’evoluzione tecnologica ma anche l’accresciuta potenza distruttiva nelle mani di Pyongyang, che con i nuovi ordigni si misurerebbe in megatoni (milioni di tonnellate equivalenti di tritolo) e non più in kilotoni (migliaia di tonnellate).

Da accertare anche le capacità di miniaturizzazione delle armi atomiche raggiunte dai tecnici nordcoreani la cui eventuale conferma sancirebbe la possibilità di imbarcare testate atomiche sulla vasta gamma di missili balistici che Pyongyang ha sviluppato negli ultimi anni che vanno dagli Hwaesong con 600 chilometri di raggio d’azione ai Nodong (1.200/2000 chilometri) e Taepodong in grado di raggiungere obiettivi posti a 2.500/6.000 chilometri fino ai nuovi vettori a tre stadi che potrebbero raggiungere tutto il Pacifico, l’Asia e il territorio statunitense.

Pyongyang aveva recentemente annunciato di possedere la bomba H e in maggio aveva reso noto il lancio di un missile balistico da un sottomarino evidenziando così la possibilità di occultare almeno una parte del suo arsenale strategico al pari delle flotte subacquee possedute da tutte le potenze nucleari.

Uno sviluppo che renderebbe ancora più credibile la deterrenza nucleare espressa da Pyongyang che finora ha messo al riparo il regime dagli attacchi subiti invece da altri “Stati canaglia”.

In termini di deterrenza la Corea del Nord dispone del resto di un asso nella manica che rende perfino superfluo il ricorso allo spauracchio atomico: in caso di aggressione razzi e cannoni armati con cariche chimiche schierati in gran numero lungo del 38° parallelo sarebbero in grado di devastare Seul, a poche decine di chilometri dal confine.

L’annuncio che con “lo storico successo della nostra bomba H, raggiungiamo i ranghi degli Stati nucleari avanzati” imbarazza soprattutto la Cina che vede nella spregiudicata provocazione nordcoreana una minaccia alle sue aspirazioni di potenza stabilizzatrice nel Pacifico Occidentale.

Nonostante continui a garantire la sopravvivenza economica della Corea del Nord, Pechino sembra aver perso il controllo di un vicino un tempo vassallo ma oggi sempre più scomodo. L’ostentato arsenale atomico nordcoreano contribuisce ad alimentare la corsa al riarmo e alla “bomba” in tutto il Pacifico al punto che a Seul e Tokyo si discute ormai apertamente della necessità di dotarsi di armi atomiche.

Già impegnata nel confronto marittimo con i vicini per il controllo degli arcipelaghi, la Cina teme che il test atomico di Pyongyang giustifichi il rafforzamento statunitense nella regione. Seul ieri ha reso noto di aver discusso con Washington la possibilità di dislocare sul suo territorio bombardieri B-52 e sottomarini lanciamissili balistici, mezzi con capacità nucleare solitamente basati nell’isola di Guam.

Il test atomico costituisce infine un successo che Kim Jong-Un potrebbe spendere anche sul fronte interno nell’imminente congresso del Partito dei Lavoratori. La forza del dittatore nordcoreano si misurerà dalla capacità di continuare a dosare la minaccia atomica per ottenere quegli aiuti economici internazionali indispensabili a garantire la sopravvivenza del regime e di 23 milioni di nordcoreani.

Foto KCNA e Youtube

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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